DOPO IL COLA-A-PICCO, TOCCA A "ROMITI & SONS": HDP SOTTO ASSEDIO

"Che cosa sta succedendo al titolo Hdp?", si domanda il sito Affari Italiani (www.affaritaliani.it). "La domanda tiene banco fra gli investitori, alla luce della straordinaria performance odierna della holding di via Turati. Hdp, tonica fin dalla mattinata, balza oltre il 5% a fronte dell'andamento negativo della Borsa e del tonfo degli altri titoli editoriali (L'Espresso e Mediaset in testa)".

"E' possibile che si tratti della cessione di Valentino a Bulgari, ma non ci sono notizie ufficiali in mnerito. Sono più propenso a credere che si tratti di un tema speculativo". E' l'opinione di Giuseppe Bonini, analista di Banca Imi, secondo cui gli investitori stanno disinvestendo dai titoli del lusso. "Su Hdp ci sono possibili compratori in vista di una possibile rottura del patto di sindacato", conclude il sito diretto da Angelo Maria Perrino.
Dopo l'abbattimento dorato di Roberto Colaninno dalla Telecom, la cancellazione sadica della Seat-La7 di Lorenzo Pellicioli, tocca mettere in ordine l'Hdp e far fuori la Romiti family dall'Rcs (leggi Corriere della Sera). E' il momento sembra arrivato. Intanto perché la semestrale ha messo in luce un'altra cupa verità: vanno a ramengo non solo Fila e Valentino ma anche i conti dell'Rcs vedono rosso.

Secondo punto. C'è fretta di deromitizzare l'holding perché il 15 dicembre è vicino; ed è ultima data utile per la disdetta del patto di sindacato da parte di quegli azionisti (Fiat, Tronchetti, Intesa) che premono per un new deal Hdp. Per saperne di più, sul supplemento economico di Repubblica, Affari & Finanza, è uscito oggi un documentato articolo di Roberto Rho.
I TRE MESI BOLLENTI DI ROMITI & SONS
Roberto Rho per Affari & Finanza
Una cosa è certa: i consiglieri dell'Hdp non conoscono il significato della parola "noia". Ad ogni riunione del board c'è una sorpresa diversa, un'emozione inedita: qualche mese fa la voragine della Fila, poco dopo l'annuncio dell'inversione di tendenza, questa volta le perdite della Rizzoli, l'unica fra le aziende del gruppo che fin qui aveva assicurato un costante - e consistente - contributo di profitti. Che i conti della Rcs non fossero scintillanti, come del resto per la grande maggioranza delle aziende editoriali colpite dalla flessione del mercato pubblicitario e dall'aumento dei costi della carta, era un'indiscrezione che circolava da tempo. Ma nessuno fra i consiglieri dell'Hdp pensava di trovarsi di fronte a una semestrale tanto desolante: ricavi in aumento appena percettibile, risultato operativo consolidato negativo per circa 80 miliardi (era in lieve utile lo scorso anno), risultato netto in rosso per circa 120 miliardi (a fine giugno 2000 era attivo per circa 80 miliardi, grazie alle plusvalenze per la cessione della Burgo).

Va malissimo la moda, ed era cosa nota, con Fila che perde cento miliardi in sei mesi e Gft Net che ne perde 45. Va male anche la Rizzoli, che è passata da più 45 a meno 40 miliardi di risultato netto, lira più lira meno. Di conseguenza, peggiora sensibilmente il conto economico consolidato, e sullo stato patrimoniale pesa un indebitamento lievitato a quota 1.200 miliardi, contro gli 800 della fine dello scorso anno. Morale, il fuoco che covava sotto la cenere dopo il durissimo scontro fra gli azionisti del giugno scorso, si è improvvisamente riacceso. «Non prevediamo la riapertura di un tavolo di trattativa fra i grandi azionisti», ha detto Pier Giorgio Romiti, amministratore delegato della Gemina, che con il suo 9% abbondante di azioni Hdp è uno dei grandi soci del patto di sindacato. Ed effettivamente, dopo le ferie estive, non ci sono stati altri summit del patto di sindacato. Ma i segnali che arrivano da Torino e dagli altri soci del fronte opposto a MediobancaRomiti sono inequivocabili: la sterzata della gestione è stata decisa (dopo mesi, forse anni di insistenza, soprattutto da parte dell'amministratore delegato della Fiat Paolo Cantarella), ora è tempo di tradurla in fatti. E, vista la semestrale, bisogna fare presto: di questo passo, il 2001 rischia di chiudersi con oltre 200 miliardi di passivo. Troppi, davvero troppi, anche perché le perdite del 2001 si aggiungono a quelle effettive degli esercizi precedenti, archiviati con un utile in fondo al conto economico ma solo grazie alla dismissione progressiva dei "gioielli di famiglia": partecipazioni finanziarie, immobili, tutto quello che si poteva vendere per mettere una toppa ai bilanci.

Così, se una riunione del patto non c'è ancora stata, è facile immaginare che qualcosa accadrà, da qui al 15 dicembre, ultima data utile per la disdetta del patto di sindacato da parte di quegli azionisti (Fiat, Tronchetti, Intesa) che nel giugno scorso prima rifiutarono il rinnovo automatico degli accordi parasociali, poi ne sottoscrissero il rinnovo triennale ma a condizione di un radicale mutamento nella gestione e dell'apertura di una finestra d'uscita fissata per l'appunto a fine anno. Maurizio Romiti e i suoi consulenti stanno lavorando da qualche mese alla ricerca di compratori: per la Fila, che allo stato risulta invendibile, se non a prezzi di saldo; e soprattutto per Valentino, che ha un marchio appetibile (e infatti i candidati all'acquisto non mancano) ma i conti in disordine, come tutte le aziende del gruppo che si occupano di abbigliamento.
Prima dell'estate era stata intavolata una trattativa con buone prospettive di successo, con il fondo Opera controllato da Bulgari (al 50%) e da un folto gruppo di investitori finanziari. Ma il blitz, concepito per andare in porto entro Ferragosto, non è riuscito, a causa del groviglio di finanziamenti che intercorrono fra l'azienda Valentino e la controllante Hdp. Oggi, a un mese di distanza dai giorni in cui sembrava che il deal si potesse fare, bisogna in pratica ricominciare da zero, stante il fatto che l'amministratore delegato di Bulgari, Francesco Trapani, ha riconfermato l'interesse di Opera per Valentino. Altri potenziali acquirenti non mancano, ma la sensazione è che le trattative - che dalla crisi del lusso che seguirà l'attacco terroristico agli Stati Uniti non potranno che essere ulteriormente complicate - non si chiuderanno presto.

Cosa accadrà se, a dicembre, Hdp non sarà riuscita a vendere con soddisfazione il settore moda? Una bella preoccupazione per il Maurizio Romiti e per la sua famiglia, che ha non poche spine finanziarie da gestire anche in casa propria. C'è l'Impregilo da risanare (e la semestrale fa intravedere segnali incoraggianti), c'è una quota rilevante (il 44%) degli Aeroporti di Roma da vendere, c'è un indebitamento consolidato da aggredire con decisione: la Gemina, la finanziaria controllata dalla famiglia Romiti con Mediobanca e amici, aveva a fine giugno un'esposizione consolidata vicina ai 2mila miliardi, con un rapporto debt/equity di 1,8. Pesante, anche se non drammatico. Se Pier Giorgio Romiti, il fratello di Maurizio che si occupa della Gemina, riuscirà, entro fine anno, a piazzare quel 44% di AdR nelle mani di operatori industriali e investitori finanziari, la Leonardo, la holding che controlla gli scali romani, potrebbe incassare una somma intorno ai 2mila miliardi. Ottocento di questi 2mila andrebbero ad alleggerire - ma non a risolvere - lo squilibrio patrimoniale della Gemina. Che però, se consolidasse per intero le partecipazioni in Adr (società che controlla saldamente) e Impregilo (di cui con il 20% abbondante è il socio di riferimento, tanto è vero che ne designa la guida operativa) avrebbe un carico di debiti schiacciante.
Insomma per "Romiti & sons" non sarà un autunno facile. E non è un caso se l'ex presidente della Fiat, che fra rivoluzioni nel capitalismo italiano, flessioni delle Borse e grandi crisi internazionali in altri tempi non avrebbe mancato di far sentire la propria voce, da mesi, ormai, tiene un profilo insolitamente basso.

Dagospia.com 17 Settembre 2001