SCHIAFFO AD ARTE DAGLI USA: "LE VOSTRE OPERE RESTANO QUI" - UN CURATORE DEL MET DI NEW YORK: SE VE LE RIDESSIMO, NON SAPRESTE DOVE METTERLE. QUANDO L'ITALIA FU UNIFICATA, IL MUSEO C'ERA GIÀ - L'ORIGINE DELLO SFOGO? LA RESTITUZIONE DI UN VASO ETRUSCO.
Maurizio Molinari per "La Stampa"
«Quando l'Italia venne unificata nel 1870 il Metropolitan Museum di New York era stato fondato già da sei mesi. Questo aiuta a mettere le cose nella prospettiva giusta». Carlos Picòn, curatore del dipartimento di Arte greca e romana al Met, affida alle colonne del "New Yorker" uno sfogo fuori dai denti sul duello in atto con i governi di nazioni come Italia, Egitto, Turchia e Grecia impegnate a rivendicare la proprietà di innumerevoli manufatti presenti nei musei d'America.
Se è vero che il Metropolitan Museum ha siglato con l'Italia l'accordo sulla restituzione del vaso etrusco che raffigura la morte di Sarpedone, Picòn svela un approccio a questo tipo di contenziosi che va ben oltre la lettera firmata dal direttore del museo Philippe Montebello nel 2006 per vantarsi della «posizione di leadership» guadagnata su tale terreno grazie all'intesa con Roma.
Ecco la sua tesi sul complesso di rivendicazioni piovute sul Met come sul Getty Museum di Los Angeles e sul Museum of Fine Arts di Boston: «Nel XIX secolo il termine che si usava era caccia al tesoro, si andava in terre straniere, si prendeva cosa rischiava di andare distrutto e lo si portava in un luogo sicuro nell'Età dell'Illuminismo». Come dire, migliaia di manufatti sono arrivati sotto le teche dei maggiori musei del mondo in un'epoca assai diversa dall'attuale «nella quale se qualcuno scava nel proprio cortile e trova una moneta antica viene accusato di saccheggio».
Ma non è tutto. Picòn è in procinto di inaugurare questo mese la nuova galleria «Leon Levy e Shelby White» modellata sull'architettura imperiale romana - con tanto di pavimento in marmo verde-rosso simile a quello del Pantheon - e contesta a viso aperto l'offensiva di richieste in arrivo dalle nazioni mediterranee: «Gli archeologi di Paesi come Grecia e Turchia, o almeno quelli più responsabili, si chiedono dove riusciranno mai a mettere tutti gli oggetti d'arte in arrivo dagli Stati Uniti» per il semplice motivo che «non vi sono depositi nè musei» a sufficienza come stato dimostrato anche dalla sorte dei 13 oggetti d'arte che il Museum of Fine Arts di Boston ha restituito all'Italia perché «sono stati esposti al pubblico italiano per una settimana e poi sono spariti, nessuno sa dove sono finiti, forse stanno in qualche sotterraneo...».
Anche la consegna del vaso etrusco per Picòn si è trattato di un momento «molto triste perché si trovava nel nostro museo da 35 anni».
Sul fatto che gli italiani, i greci o chiunque altro possano avere voce in capitolo rispetto ai maggiori musei il titolare dell'arte greco-romana del Met ha molti dubbi: «Anche molti oggetti conservati nel Museo Nazionale di Roma hanno una provenienza ignota, non si può affrontare la Storia antica con termini moderni: come è stato formato il Museo di Berlino? Ed il Louvre? E cosa fece Napoleone in Italia? E come nacque il British Museum? Vogliamo restituire tutti gli oggetti del British Museum e fargli chiudere i battenti?».
Dietro lo sfogo vi sono i timori dei musei d'America sul rischio che l'intesa sul vaso etrusco possa portare a nuove richieste di restituzioni. E se il magazine liberal "New Yorker" si è fatto portavoce del Metropolitan Museum, il quotidiano conservatore "New York Sun" non è da meno, pubblicando un editoriale intitolato "Older than Italy" ("Più vecchio dell'Italia") per rendere omaggio proprio alla tesi di chi si oppone alle restituzioni.
Dagospia 03 Aprile 2007
«Quando l'Italia venne unificata nel 1870 il Metropolitan Museum di New York era stato fondato già da sei mesi. Questo aiuta a mettere le cose nella prospettiva giusta». Carlos Picòn, curatore del dipartimento di Arte greca e romana al Met, affida alle colonne del "New Yorker" uno sfogo fuori dai denti sul duello in atto con i governi di nazioni come Italia, Egitto, Turchia e Grecia impegnate a rivendicare la proprietà di innumerevoli manufatti presenti nei musei d'America.
Se è vero che il Metropolitan Museum ha siglato con l'Italia l'accordo sulla restituzione del vaso etrusco che raffigura la morte di Sarpedone, Picòn svela un approccio a questo tipo di contenziosi che va ben oltre la lettera firmata dal direttore del museo Philippe Montebello nel 2006 per vantarsi della «posizione di leadership» guadagnata su tale terreno grazie all'intesa con Roma.
Ecco la sua tesi sul complesso di rivendicazioni piovute sul Met come sul Getty Museum di Los Angeles e sul Museum of Fine Arts di Boston: «Nel XIX secolo il termine che si usava era caccia al tesoro, si andava in terre straniere, si prendeva cosa rischiava di andare distrutto e lo si portava in un luogo sicuro nell'Età dell'Illuminismo». Come dire, migliaia di manufatti sono arrivati sotto le teche dei maggiori musei del mondo in un'epoca assai diversa dall'attuale «nella quale se qualcuno scava nel proprio cortile e trova una moneta antica viene accusato di saccheggio».
Ma non è tutto. Picòn è in procinto di inaugurare questo mese la nuova galleria «Leon Levy e Shelby White» modellata sull'architettura imperiale romana - con tanto di pavimento in marmo verde-rosso simile a quello del Pantheon - e contesta a viso aperto l'offensiva di richieste in arrivo dalle nazioni mediterranee: «Gli archeologi di Paesi come Grecia e Turchia, o almeno quelli più responsabili, si chiedono dove riusciranno mai a mettere tutti gli oggetti d'arte in arrivo dagli Stati Uniti» per il semplice motivo che «non vi sono depositi nè musei» a sufficienza come stato dimostrato anche dalla sorte dei 13 oggetti d'arte che il Museum of Fine Arts di Boston ha restituito all'Italia perché «sono stati esposti al pubblico italiano per una settimana e poi sono spariti, nessuno sa dove sono finiti, forse stanno in qualche sotterraneo...».
Anche la consegna del vaso etrusco per Picòn si è trattato di un momento «molto triste perché si trovava nel nostro museo da 35 anni».
Sul fatto che gli italiani, i greci o chiunque altro possano avere voce in capitolo rispetto ai maggiori musei il titolare dell'arte greco-romana del Met ha molti dubbi: «Anche molti oggetti conservati nel Museo Nazionale di Roma hanno una provenienza ignota, non si può affrontare la Storia antica con termini moderni: come è stato formato il Museo di Berlino? Ed il Louvre? E cosa fece Napoleone in Italia? E come nacque il British Museum? Vogliamo restituire tutti gli oggetti del British Museum e fargli chiudere i battenti?».
Dietro lo sfogo vi sono i timori dei musei d'America sul rischio che l'intesa sul vaso etrusco possa portare a nuove richieste di restituzioni. E se il magazine liberal "New Yorker" si è fatto portavoce del Metropolitan Museum, il quotidiano conservatore "New York Sun" non è da meno, pubblicando un editoriale intitolato "Older than Italy" ("Più vecchio dell'Italia") per rendere omaggio proprio alla tesi di chi si oppone alle restituzioni.
Dagospia 03 Aprile 2007