TUTTO D'ALEMA DAL VIVO ALLA FESTA DELL'UNITÀ: "CI VUOLE UN GOVERNO FORTE O SARANNO ALTRI A DECIDERE PER L'ITALIA - GUIDO ROSSI MI DIFENDE PERCHE' PENSA CHE IO CON UNIPOL NON C'ENTRI NULLA - LA RAI PRIVATA CON UN RETE PUBBLICA E' LA SOLUZIONE".
Da "Italia Oggi"
Massimo D'Alema a tutto campo alla Festa dell'Unità di Milano. Il vicepremier e ministro degli esteri si confessa a un pubblico difficile, tra l'entusiasta e il diffidente. E ricorda i tempi della bicamerale per le riforme istituzionali, che sembrava a un passo dal traguardo quando il grande rifiuto del centro-destra, di Silvio Berlusconi prima e di Gianfranco Fini poi, fece saltare il banco. Eppure, di quell'esperienza, il lìder Maximo non butterebbe nulla, se non la conclusione negativa. Perché le riforme istituzionali dice, non sono un optional, ma un obbligo. Se l'Italia, spiega, in un mondo globale non vuole che siano altri a decidere, non può andare avanti con governi deboli e traballanti. Serve, spiega, un premier in grado di decidere con il suo esecutivo, e i tempi sono maturi, perché l'Italia non corre più rischi di dittature come nel 1946.
PARLA D'ALEMA
Io vengo spesso accusato di avere fatto chissà quali traffici sottobanco con Silvio Berlusconi, che è un'accusa di natura antropologica. Io sono cinque anni che non parlo con Berlusconi. Ogni tanto leggo che ho fatto un accordo segreto con Berlusconi. Deve essere talmente segreto che non me ne sono accorto manco io.
Pubblico. Buuuh. La verità, la verità, la verità. la bicamerale, la bicamerale.. buuh...
D'Alema. La verità, sì. La bicamerale fu l'unico tentativo serio di risolvere questo problema.
Pubblico. Applausi
D'Alema. L'unico tentativo serio! Vedi, la cosa che colpisce è il pregiudizio e la difficoltà di una discussione politica, che non dico sia fondata sulla fiducia, ma almeno sulla conoscenza dei dati elementari. Tra le riforme proposte dalla bicamerale c'era.
Pubblico. Urla confuse. buuh...
D'Alema... D'altra parte, se fosse vero che le riforme proposte dalla bicamerale erano un orrendo cedimento a Berlusconi, perché lui le avrebbe bocciate? Questo non ha spiegazione.
Pubblico. Applausi
D'Alema. .E purtroppo questo è un problema serio. Cioè, una grande forza che vuole governare (io non mi riferisco a un partito, mi riferisco al mondo della sinistra), se si porta dentro questi grumi di primitivismo politico, è fatica. fatica governare il paese.
Pubblico. Bravo, bravo! Applausi
D'Alema. Perché pochissimi, pochissimi sarebbero in grado di dire quale era la piattaforma delle riforme della bicamerale, che comprendeva: una legge elettorale a doppio turno, l'elezione diretta del presidente della repubblica da parte dei cittadini, la riduzione del numero dei parlamentari, il principio costituzionale della incompatibilità fra l'essere titolare di una concessione pubblica e avere cariche pubbliche. una delle ragioni per cui Berlusconi non lo volle. Che Berlusconi non lo volesse, lo si poteva capire. Che da sinistra lo si sia contestato, è una forma dolorosa di autolesionismo (ride amaro).
Pubblico. Applausi
D'Alema. Grazie, grazie. (.) Ma il problema che noi abbiamo è l'estrema debolezza dei governi. Perché? Perché le decisioni non vengono prese ormai nemmeno più nel nostro paese, perché la politica è diventata enormemente più debole. Io me ne accorsi visivamente quando qualche anno fa ero segretario del maggiore partito di governo (allora c'era il governo Dini): io andai a New York e mi portarono in una delle due Twin towers a visitare la sala operativa di una grande società finanziaria americana. E c'erano tantissimi giovani, giovanissimi. Ognuno di loro stava a un terminale di computer, ognuno di loro comprava e vendeva azioni o titoli pubblici e a un certo punto mi indicarono tre ragazzi di colore, ma giovanissimi, e mi dissero «quello è il desk dei titoli pubblici italiani».
Io mi avvicinai e dissi: «D'Alema». E loro mi guardarono, perché per loro era un gioco, come giocare con il computer. Per loro l'Italia era un gioco. Avevano la Reuters e se usciva una dichiarazione dell'on. Tizio che diceva «noi non voteremo la Finanziaria», loro vendevano titoli. Io ero uno dei personaggi del loro gioco. È come uno che si vede comparire di fronte «Super Mario», ecco.
Pubblico. Risate
D'Alema. (ride) Io ero un personaggio del loro gioco. Non è uno scherzo. Se a quei tre ragazzi per mezz'ora saltava il ghiribizzo di vendere quei Bot, l'effetto era che il tasso di interesse che lo stato avrebbe pagato sarebbe cresciuto enormemente. Cioè, quei tre ragazzi potevano, in mezz'ora di gioco, toglierci tutti i soldi per fare le strade, le scuole, le ferrovie. Se invece loro compravano i Bot, ecco che l'Italia diventava più ricca. Cioè, lì ti accorgi che noi, con tutti i nostri partiti, i nostri parlamenti, i nostri governi. se non ci diamo una mossa. rischiamo di non contare più nulla.
Per questo ci vogliono dei governi forti. Per questo il problema non è quello del 1946, quando bisognava stare attenti che non tornasse la dittatura. Oggi se non abbiamo un governo forte, autorevole, stabile, noi rischiamo di essere un paese che perde il suo profilo, la sua sovranità. Questo è il problema, e bisogna avere la forza, il coraggio, di queste grandi riforme, e siccome le grandi riforme si fanno inesorabilmente coinvolgendo gli altri, ma non perché ci piacciano. gli altri non li abbiamo scelti noi, li ha scelti il popolo italiano.. E il tentativo di fare una grande riforma. è difficile.
Adesso addirittura non vuole più parlare Berlusconi. vabbé, starà zitto. Non vuole più parlare con noi. Ma non si può rinunciare all'obiettivo di riformare le istituzioni, renderle più forti, e allo sforzo di ricercare il dialogo con tutti per poterlo fare. Altrimenti neghiamo qualcosa che fa parte della nostra stessa identità. Noi siamo quelli che hanno a cuore il destino dell'Italia, non solo di una parte.
Pubblico. Applausi scroscianti.
Domanda. Berlusconi sostiene che non parla perché avete occupato la Rai. E a proposito di Rai, vorrei sapere se è d'accordo con l'idea di Veltroni di abolire il consiglio di amministrazione e nominare un amministratore unico. La Bindi ha definito questa proposta demagogica e tecnocratica...
D'Alema. A me sembra che sia un'idea che va nella direzione giusta, cioè quella di liberare la Rai da questa specie di parlamentino che non mi pare abbia dato grandi frutti dal punto di vista dell'azienda Rai. Mi pare di non facile realizzazione, nel senso che non è chiaro chi dovrebbe poi nominare questo amministratore, però è una proposta sulla quale potere lavorare. Personalmente, so di dire un'eresia, ma sono eretico e non ci posso fare nulla, a privatizzare in parte la Rai.
Pubblico. Proteste e urla.
D'Alema. Eh. lo so (ride beffardo), di fronte all'eresia l'ortodossia reagisce subito. non avevo dubbi (ride di gusto). Quando lo proposi, il primo che si oppose fu Berlusconi. E non a caso, perché Berlusconi ha un enorme vantaggio ad avere come competitore l'azienda pubblica. Perché praticamente è come fare un incontro di pugilato con uno che ha le mani legate. Lui la Rai la può pigliare a schiaffoni. La Rai ha il tetto della pubblicità, perché ha il canone. È come se ci fossero due negozianti in quartiere che vendono la mortadella, ma uno può vendere solo un etto al giorno. L'altro farebbe festa, naturalmente. Quindi per Berlusconi una grande azienda privata che faccia la concorrenza a Berlusconi è il pericolo maggiore. Infatti è sempre stato per difendere la Rai pubblica (ride.).
Detto questo, io sono perché ci sia una rete pubblica, come in Gran Bretagna, che potrebbe essere gestita da una fondazione, che potrebbe essere formata in parte da persone nominate dal presidente della repubblica, in parte dalle università, da rappresentanti del mondo culturale. Una rete pubblica e una grande azienda privata che faccia la concorrenza a Mediaset sul mercato. Io penso che ci guadagnerebbe il pluralismo in questo paese. Naturalmente so che è una proposta che incontra l'opposizione sia del partito Rai sia del partito Mediaset, e quindi di due grandissimi partiti che tutti insieme sono imbattibili. Però io spero che almeno qualcuno abbia la pulce nell'orecchio, perché questo farebbe fare un passo in avanti alla modernizzazione del nostro paese.
Pubblico. Applausi
Domanda. Non possiamo non parlare del caso Unipol. Questa settimana la giunta per le autorizzazioni dovrà decidere in merito alla richiesta della Forleo. Lei ha definito questa richiesta nella memoria consegnata alla giunta «animata da pregiudizievole animosità e acrimonia». Può spiegare dove la Forleo, secondo lei, ha sbagliato ?
D'Alema. Io ho presentato una lunga e articolata memoria di carattere giuridico, che è leggibile sulla rete. D'altro canto, la memoria sviluppa in modo più ampio gli stessi argomenti che un giurista insigne come Vittorio Grevi ha sviluppato sul Corriere della Sera, e ne sono grato a chi mi ha aiutato a scriverla: Guido Calvi e Guido Rossi, due Guidi che se ne intendono. E fra l'altro mi fa piacere che Guido Rossi, che, come tutti sanno, è la persona da un cui esposto ha preso le mosse tutta l'indagine sulle scalate e sui furbetti, abbia accettato di difendermi. Perché mi pare che questo sia un segnale che lui, che se ne intende, ritiene che io non c'entri nulla, il che non è un cattivo segnale.
Pubblico. Applausi
D'Alema. Detto questo, io sono un cittadino con enorme fiducia nella giustizia. Sono stato indagato per nove anni come capo di un'associazione a delinquere formata dal nostro partito e dalle cooperative. Ho atteso con pazienza, con prudenza. Sono stato assolto. è stato condannato il magistrato. Questa è un'altra storia che viene diffusa in modo calunnioso su certi blog, accavallando le date. Noi siamo arrivati a un livello per cui la politica ha cessato perfino di inseguire la dignità della verità. Nel corso di un'indagine che c'è stata qualche anno fa a Bari, un imprenditore che era indagato ha sostenuto di avermi dato dei soldi. Che era verissimo. Infatti, quando io ero segretario regionale del Pci, questo imprenditore aveva sottoscritto 5 milioni per la Festa dell'Unità. Ed era del tutto lecito, perché noi facevamo le sottoscrizioni e le mettevamo nel bilancio della Festa. La magistratura ritenne di non dovere indagare perché l'eventuale reato era coperto da prescrizione. Ho letto da qualche parte che io sono stato «miracolato». No, io sono stato danneggiato. Perché, se la magistratura avesse indagato, avrebbe scoperto che il reato non sussisteva. Io trovo scritto in questo blog della verità, della protesta ecc., che ho avuto i soldi da uno in odore di mafia. Questa persona è stata indagata 12 anni dopo per fatti compiuti dieci anni dopo per concorso esterno in associazione mafiosa, e alla fine prosciolta. E questa è la grande accusa morale che mi viene rivolta!
Pubblico. Applausi
Domanda. E la Forleo?
D'Alema. Io ritengo che non spetti a me trovare una soluzione, spetta alla giunta. Io spero. Né io né Fassino né alcuno di noi vuole frapporre intralci all'opera di giustizia, perché siamo persuasi che le inchieste si devono concludere. Io spero che il parlamento trovi una soluzione che non accetti l'abnormità dell'atto. Perché quella è una sentenza di condanna nei confronti di una persona che non è neanche indagata. Ma. dove mai? Ma in quale paese? Io non sono neanche indagato. E un magistrato che non ha il potere di promuovere l'azione penale, perché non è un pm, mi condanna senza che io sia stato indagato. Questo francamente è al di là dell'accettabile. Io ritengo che l'abnormità dell'atto debba essere respinta e spero che si trovi una soluzione che consenta però di rendere utilizzabili le intercettazioni e non ostacolare il corso della giustizia. non abbiamo mai voluto ostacolare. anche perché ogni volta che la giustizia ha fatto il suo corso, siamo stati assolti. Quindi è anche un bel precedente.
Pubblico. Applausi
Domanda. Tra poco meno di un mese si andrà a votare per le primarie del Pd. Lei che previsioni fa su quel voto e sul clima che lo circonda?
D'Alema. Io penso che proprio questo clima che c'è nel paese, anche il malessere che c'è nel paese, sia una buona premessa. Perché l'Italia è un paese democratico, e quando la gente è insoddisfatta, vuole pronunciarsi, non vuole stare a casa. Per partecipare a una vicenda politica nuova. Io personalmente sono abbastanza ottimista sulla possibilità che a questo grande evento partecipino molti cittadini italiani. Forse non raggiungere, non credo, le dimensioni che ebbero le primarie per Prodi, che ebbero un grande carattere elettorale.
Ma io credo che sarà un evento che va molto al di là del numero delle persone che oggi sono iscritte ai partiti, e quindi rappresenterà un effettivo allargamento del campo delle persone che partecipano alla vita attiva del paese. Spero che questa campagna non semini troppe asprezze. In fondo, dal 15 ottobre saremo tutti insieme in questo partito. Non è che stiamo facendo le elezioni politiche e poi ci sarà il governo e l'opposizione. Quindi dobbiamo fare la campagna con lo spirito di chi poi deve stare insieme. che vuole dire poi uno spirito amichevole.
Pubblico. Applausi
Domanda. Che fine farà la sinistra dentro il Pd?
D'Alema. Ma io credo che noi siamo dentro un cammino di cambiamento da molti anni. E. questo problema io l'ho affrontato molti anni fa. Perché il vero trauma, per me, non dico per la mia generazione, fu la fine del Partito comunista italiano (applausi.). Dopo, onestamente, tutto è stato meno drammatico. Devo dire la verità. Quando Occhetto fece l'annuncio della Bolognina, io ero direttore de L'Unità. Il lunedì mattina ci fu una segreteria del partito. Una riunione molto tesa, drammatica. Occhetto lesse un testo che aveva scritto, tutto scritto. In segreteria eravamo sette persone. Eppure un testo scritto, con grande pathos. Noi prendemmo questa decisione. Io andai a trovare mio padre. Mio padre si era iscritto al partito comunista nel 1936, quando non andava tanto di moda, diciamo. e non si trovava per strada la sezione dove andare a fare la tessera. bisognava cercarla parecchio. (ride).
E io sentii che di quello che stavamo facendo, innanzitutto io ne rispondessi a lui. Mio padre non stava già benissimo. Fui colpito. Perché io avevo dei dubbi. Non sulla sostanza. Sul modo. Mi aveva colpito l'annuncio. Sono cose che per il mio carattere. Riconosco l'enorme merito di Achille, perché penso che io personalmente non sarei riuscito a fare uno strappo così. sono più continuista. Mio padre mi disse, e io rimasi colpito, «Ha ragione Occhetto. Ha fatto bene. Sbrigatevi. Se voi non vi sbrigate a cambiare, tutto quello che abbiamo fatto durante la nostra vita rischia di essere travolto» (applausi).
Io rimasi colpito, e questo cambiò totalmente proprio l'ottica. Io capii che cambiare era l'unico modo di salvare la sinistra come grande forza innovativa. Se noi avessimo conservato le forme esteriori, la sinistra si sarebbe spenta, si sarebbe rinsecchita. Come è avvenuto in altri paesi. Sono rimaste lì tutte le bandiere ecc. Però è diventato un fenomeno folcloristico, marginale.
Pubblico. Applausi scroscianti
D'Alema. Ora siamo volti su di noi. Ho passato tutto il pomeriggio a parlare di politica internazionale. Mi consentirete uno spot finale. Oggi a Torino c'era un convegno promosso da un'organizzazione cattolica di volontariato sulla politica estera e sulla pace, e c'era fra gli altri il console della Giordania, il quale a un certo punto ha detto «Certo, quello che è accaduto è un fatto enorme, un fatto storico.». E vedevo che tutti gli astanti non capivano di che cosa parlasse. Allora dovete sapere, vi informo: il ministro degli esteri italiano è stato invitato al vertice della Lega araba. Non era mai accaduto (applausi). Questa notizia, che in Italia si è affacciata per simpatia umana su L'Unità, e ha meritato qualche rapido trafiletto, è stata una delle notizie di apertura dei telegiornali di Al Jazeera. Cioè 500 milioni di persone sono state informate, è una buona notizia, vuol dire che non si lavora per nulla, sono state informate di questo fatto storico. Il dibattito politico italiano è dominato dai bollini blu, dalle cose. mentre fatti da cui dipende la pace, da cui dipende la guerra. sembra che proprio non gliene importi niente a nessuno. Tuttavia io sono comunque soddisfatto del mio lavoro.
Anche perché il giorno dopo questo evento storico, di cui sono stati informati tutti gli altri ma non gli italiani, mentre Shimon Peres veniva a Roma, il governo israeliano ha detto «noi non abbiamo mai avuto un governo amico come il governo Prodi». Per cui in due giorni l'Italia è stata indicata dagli arabi e dagli israeliani come migliore amico. Il che ritengo che, per un governo che si proponeva di tornare a essere il crocevia della pace, si tratta di un successo straordinario. La notizia non è stata data. Però è successa. Grazie.
Dagospia 19 Settembre 2007
Massimo D'Alema a tutto campo alla Festa dell'Unità di Milano. Il vicepremier e ministro degli esteri si confessa a un pubblico difficile, tra l'entusiasta e il diffidente. E ricorda i tempi della bicamerale per le riforme istituzionali, che sembrava a un passo dal traguardo quando il grande rifiuto del centro-destra, di Silvio Berlusconi prima e di Gianfranco Fini poi, fece saltare il banco. Eppure, di quell'esperienza, il lìder Maximo non butterebbe nulla, se non la conclusione negativa. Perché le riforme istituzionali dice, non sono un optional, ma un obbligo. Se l'Italia, spiega, in un mondo globale non vuole che siano altri a decidere, non può andare avanti con governi deboli e traballanti. Serve, spiega, un premier in grado di decidere con il suo esecutivo, e i tempi sono maturi, perché l'Italia non corre più rischi di dittature come nel 1946.
PARLA D'ALEMA
Io vengo spesso accusato di avere fatto chissà quali traffici sottobanco con Silvio Berlusconi, che è un'accusa di natura antropologica. Io sono cinque anni che non parlo con Berlusconi. Ogni tanto leggo che ho fatto un accordo segreto con Berlusconi. Deve essere talmente segreto che non me ne sono accorto manco io.
Pubblico. Buuuh. La verità, la verità, la verità. la bicamerale, la bicamerale.. buuh...
D'Alema. La verità, sì. La bicamerale fu l'unico tentativo serio di risolvere questo problema.
Pubblico. Applausi
D'Alema. L'unico tentativo serio! Vedi, la cosa che colpisce è il pregiudizio e la difficoltà di una discussione politica, che non dico sia fondata sulla fiducia, ma almeno sulla conoscenza dei dati elementari. Tra le riforme proposte dalla bicamerale c'era.
Pubblico. Urla confuse. buuh...
D'Alema... D'altra parte, se fosse vero che le riforme proposte dalla bicamerale erano un orrendo cedimento a Berlusconi, perché lui le avrebbe bocciate? Questo non ha spiegazione.
Pubblico. Applausi
D'Alema. .E purtroppo questo è un problema serio. Cioè, una grande forza che vuole governare (io non mi riferisco a un partito, mi riferisco al mondo della sinistra), se si porta dentro questi grumi di primitivismo politico, è fatica. fatica governare il paese.
Pubblico. Bravo, bravo! Applausi
D'Alema. Perché pochissimi, pochissimi sarebbero in grado di dire quale era la piattaforma delle riforme della bicamerale, che comprendeva: una legge elettorale a doppio turno, l'elezione diretta del presidente della repubblica da parte dei cittadini, la riduzione del numero dei parlamentari, il principio costituzionale della incompatibilità fra l'essere titolare di una concessione pubblica e avere cariche pubbliche. una delle ragioni per cui Berlusconi non lo volle. Che Berlusconi non lo volesse, lo si poteva capire. Che da sinistra lo si sia contestato, è una forma dolorosa di autolesionismo (ride amaro).
Pubblico. Applausi
D'Alema. Grazie, grazie. (.) Ma il problema che noi abbiamo è l'estrema debolezza dei governi. Perché? Perché le decisioni non vengono prese ormai nemmeno più nel nostro paese, perché la politica è diventata enormemente più debole. Io me ne accorsi visivamente quando qualche anno fa ero segretario del maggiore partito di governo (allora c'era il governo Dini): io andai a New York e mi portarono in una delle due Twin towers a visitare la sala operativa di una grande società finanziaria americana. E c'erano tantissimi giovani, giovanissimi. Ognuno di loro stava a un terminale di computer, ognuno di loro comprava e vendeva azioni o titoli pubblici e a un certo punto mi indicarono tre ragazzi di colore, ma giovanissimi, e mi dissero «quello è il desk dei titoli pubblici italiani».
Io mi avvicinai e dissi: «D'Alema». E loro mi guardarono, perché per loro era un gioco, come giocare con il computer. Per loro l'Italia era un gioco. Avevano la Reuters e se usciva una dichiarazione dell'on. Tizio che diceva «noi non voteremo la Finanziaria», loro vendevano titoli. Io ero uno dei personaggi del loro gioco. È come uno che si vede comparire di fronte «Super Mario», ecco.
Pubblico. Risate
D'Alema. (ride) Io ero un personaggio del loro gioco. Non è uno scherzo. Se a quei tre ragazzi per mezz'ora saltava il ghiribizzo di vendere quei Bot, l'effetto era che il tasso di interesse che lo stato avrebbe pagato sarebbe cresciuto enormemente. Cioè, quei tre ragazzi potevano, in mezz'ora di gioco, toglierci tutti i soldi per fare le strade, le scuole, le ferrovie. Se invece loro compravano i Bot, ecco che l'Italia diventava più ricca. Cioè, lì ti accorgi che noi, con tutti i nostri partiti, i nostri parlamenti, i nostri governi. se non ci diamo una mossa. rischiamo di non contare più nulla.
Per questo ci vogliono dei governi forti. Per questo il problema non è quello del 1946, quando bisognava stare attenti che non tornasse la dittatura. Oggi se non abbiamo un governo forte, autorevole, stabile, noi rischiamo di essere un paese che perde il suo profilo, la sua sovranità. Questo è il problema, e bisogna avere la forza, il coraggio, di queste grandi riforme, e siccome le grandi riforme si fanno inesorabilmente coinvolgendo gli altri, ma non perché ci piacciano. gli altri non li abbiamo scelti noi, li ha scelti il popolo italiano.. E il tentativo di fare una grande riforma. è difficile.
Adesso addirittura non vuole più parlare Berlusconi. vabbé, starà zitto. Non vuole più parlare con noi. Ma non si può rinunciare all'obiettivo di riformare le istituzioni, renderle più forti, e allo sforzo di ricercare il dialogo con tutti per poterlo fare. Altrimenti neghiamo qualcosa che fa parte della nostra stessa identità. Noi siamo quelli che hanno a cuore il destino dell'Italia, non solo di una parte.
Pubblico. Applausi scroscianti.
Domanda. Berlusconi sostiene che non parla perché avete occupato la Rai. E a proposito di Rai, vorrei sapere se è d'accordo con l'idea di Veltroni di abolire il consiglio di amministrazione e nominare un amministratore unico. La Bindi ha definito questa proposta demagogica e tecnocratica...
D'Alema. A me sembra che sia un'idea che va nella direzione giusta, cioè quella di liberare la Rai da questa specie di parlamentino che non mi pare abbia dato grandi frutti dal punto di vista dell'azienda Rai. Mi pare di non facile realizzazione, nel senso che non è chiaro chi dovrebbe poi nominare questo amministratore, però è una proposta sulla quale potere lavorare. Personalmente, so di dire un'eresia, ma sono eretico e non ci posso fare nulla, a privatizzare in parte la Rai.
Pubblico. Proteste e urla.
D'Alema. Eh. lo so (ride beffardo), di fronte all'eresia l'ortodossia reagisce subito. non avevo dubbi (ride di gusto). Quando lo proposi, il primo che si oppose fu Berlusconi. E non a caso, perché Berlusconi ha un enorme vantaggio ad avere come competitore l'azienda pubblica. Perché praticamente è come fare un incontro di pugilato con uno che ha le mani legate. Lui la Rai la può pigliare a schiaffoni. La Rai ha il tetto della pubblicità, perché ha il canone. È come se ci fossero due negozianti in quartiere che vendono la mortadella, ma uno può vendere solo un etto al giorno. L'altro farebbe festa, naturalmente. Quindi per Berlusconi una grande azienda privata che faccia la concorrenza a Berlusconi è il pericolo maggiore. Infatti è sempre stato per difendere la Rai pubblica (ride.).
Detto questo, io sono perché ci sia una rete pubblica, come in Gran Bretagna, che potrebbe essere gestita da una fondazione, che potrebbe essere formata in parte da persone nominate dal presidente della repubblica, in parte dalle università, da rappresentanti del mondo culturale. Una rete pubblica e una grande azienda privata che faccia la concorrenza a Mediaset sul mercato. Io penso che ci guadagnerebbe il pluralismo in questo paese. Naturalmente so che è una proposta che incontra l'opposizione sia del partito Rai sia del partito Mediaset, e quindi di due grandissimi partiti che tutti insieme sono imbattibili. Però io spero che almeno qualcuno abbia la pulce nell'orecchio, perché questo farebbe fare un passo in avanti alla modernizzazione del nostro paese.
Pubblico. Applausi
Domanda. Non possiamo non parlare del caso Unipol. Questa settimana la giunta per le autorizzazioni dovrà decidere in merito alla richiesta della Forleo. Lei ha definito questa richiesta nella memoria consegnata alla giunta «animata da pregiudizievole animosità e acrimonia». Può spiegare dove la Forleo, secondo lei, ha sbagliato ?
D'Alema. Io ho presentato una lunga e articolata memoria di carattere giuridico, che è leggibile sulla rete. D'altro canto, la memoria sviluppa in modo più ampio gli stessi argomenti che un giurista insigne come Vittorio Grevi ha sviluppato sul Corriere della Sera, e ne sono grato a chi mi ha aiutato a scriverla: Guido Calvi e Guido Rossi, due Guidi che se ne intendono. E fra l'altro mi fa piacere che Guido Rossi, che, come tutti sanno, è la persona da un cui esposto ha preso le mosse tutta l'indagine sulle scalate e sui furbetti, abbia accettato di difendermi. Perché mi pare che questo sia un segnale che lui, che se ne intende, ritiene che io non c'entri nulla, il che non è un cattivo segnale.
Pubblico. Applausi
D'Alema. Detto questo, io sono un cittadino con enorme fiducia nella giustizia. Sono stato indagato per nove anni come capo di un'associazione a delinquere formata dal nostro partito e dalle cooperative. Ho atteso con pazienza, con prudenza. Sono stato assolto. è stato condannato il magistrato. Questa è un'altra storia che viene diffusa in modo calunnioso su certi blog, accavallando le date. Noi siamo arrivati a un livello per cui la politica ha cessato perfino di inseguire la dignità della verità. Nel corso di un'indagine che c'è stata qualche anno fa a Bari, un imprenditore che era indagato ha sostenuto di avermi dato dei soldi. Che era verissimo. Infatti, quando io ero segretario regionale del Pci, questo imprenditore aveva sottoscritto 5 milioni per la Festa dell'Unità. Ed era del tutto lecito, perché noi facevamo le sottoscrizioni e le mettevamo nel bilancio della Festa. La magistratura ritenne di non dovere indagare perché l'eventuale reato era coperto da prescrizione. Ho letto da qualche parte che io sono stato «miracolato». No, io sono stato danneggiato. Perché, se la magistratura avesse indagato, avrebbe scoperto che il reato non sussisteva. Io trovo scritto in questo blog della verità, della protesta ecc., che ho avuto i soldi da uno in odore di mafia. Questa persona è stata indagata 12 anni dopo per fatti compiuti dieci anni dopo per concorso esterno in associazione mafiosa, e alla fine prosciolta. E questa è la grande accusa morale che mi viene rivolta!
Pubblico. Applausi
Domanda. E la Forleo?
D'Alema. Io ritengo che non spetti a me trovare una soluzione, spetta alla giunta. Io spero. Né io né Fassino né alcuno di noi vuole frapporre intralci all'opera di giustizia, perché siamo persuasi che le inchieste si devono concludere. Io spero che il parlamento trovi una soluzione che non accetti l'abnormità dell'atto. Perché quella è una sentenza di condanna nei confronti di una persona che non è neanche indagata. Ma. dove mai? Ma in quale paese? Io non sono neanche indagato. E un magistrato che non ha il potere di promuovere l'azione penale, perché non è un pm, mi condanna senza che io sia stato indagato. Questo francamente è al di là dell'accettabile. Io ritengo che l'abnormità dell'atto debba essere respinta e spero che si trovi una soluzione che consenta però di rendere utilizzabili le intercettazioni e non ostacolare il corso della giustizia. non abbiamo mai voluto ostacolare. anche perché ogni volta che la giustizia ha fatto il suo corso, siamo stati assolti. Quindi è anche un bel precedente.
Pubblico. Applausi
Domanda. Tra poco meno di un mese si andrà a votare per le primarie del Pd. Lei che previsioni fa su quel voto e sul clima che lo circonda?
D'Alema. Io penso che proprio questo clima che c'è nel paese, anche il malessere che c'è nel paese, sia una buona premessa. Perché l'Italia è un paese democratico, e quando la gente è insoddisfatta, vuole pronunciarsi, non vuole stare a casa. Per partecipare a una vicenda politica nuova. Io personalmente sono abbastanza ottimista sulla possibilità che a questo grande evento partecipino molti cittadini italiani. Forse non raggiungere, non credo, le dimensioni che ebbero le primarie per Prodi, che ebbero un grande carattere elettorale.
Ma io credo che sarà un evento che va molto al di là del numero delle persone che oggi sono iscritte ai partiti, e quindi rappresenterà un effettivo allargamento del campo delle persone che partecipano alla vita attiva del paese. Spero che questa campagna non semini troppe asprezze. In fondo, dal 15 ottobre saremo tutti insieme in questo partito. Non è che stiamo facendo le elezioni politiche e poi ci sarà il governo e l'opposizione. Quindi dobbiamo fare la campagna con lo spirito di chi poi deve stare insieme. che vuole dire poi uno spirito amichevole.
Pubblico. Applausi
Domanda. Che fine farà la sinistra dentro il Pd?
D'Alema. Ma io credo che noi siamo dentro un cammino di cambiamento da molti anni. E. questo problema io l'ho affrontato molti anni fa. Perché il vero trauma, per me, non dico per la mia generazione, fu la fine del Partito comunista italiano (applausi.). Dopo, onestamente, tutto è stato meno drammatico. Devo dire la verità. Quando Occhetto fece l'annuncio della Bolognina, io ero direttore de L'Unità. Il lunedì mattina ci fu una segreteria del partito. Una riunione molto tesa, drammatica. Occhetto lesse un testo che aveva scritto, tutto scritto. In segreteria eravamo sette persone. Eppure un testo scritto, con grande pathos. Noi prendemmo questa decisione. Io andai a trovare mio padre. Mio padre si era iscritto al partito comunista nel 1936, quando non andava tanto di moda, diciamo. e non si trovava per strada la sezione dove andare a fare la tessera. bisognava cercarla parecchio. (ride).
E io sentii che di quello che stavamo facendo, innanzitutto io ne rispondessi a lui. Mio padre non stava già benissimo. Fui colpito. Perché io avevo dei dubbi. Non sulla sostanza. Sul modo. Mi aveva colpito l'annuncio. Sono cose che per il mio carattere. Riconosco l'enorme merito di Achille, perché penso che io personalmente non sarei riuscito a fare uno strappo così. sono più continuista. Mio padre mi disse, e io rimasi colpito, «Ha ragione Occhetto. Ha fatto bene. Sbrigatevi. Se voi non vi sbrigate a cambiare, tutto quello che abbiamo fatto durante la nostra vita rischia di essere travolto» (applausi).
Io rimasi colpito, e questo cambiò totalmente proprio l'ottica. Io capii che cambiare era l'unico modo di salvare la sinistra come grande forza innovativa. Se noi avessimo conservato le forme esteriori, la sinistra si sarebbe spenta, si sarebbe rinsecchita. Come è avvenuto in altri paesi. Sono rimaste lì tutte le bandiere ecc. Però è diventato un fenomeno folcloristico, marginale.
Pubblico. Applausi scroscianti
D'Alema. Ora siamo volti su di noi. Ho passato tutto il pomeriggio a parlare di politica internazionale. Mi consentirete uno spot finale. Oggi a Torino c'era un convegno promosso da un'organizzazione cattolica di volontariato sulla politica estera e sulla pace, e c'era fra gli altri il console della Giordania, il quale a un certo punto ha detto «Certo, quello che è accaduto è un fatto enorme, un fatto storico.». E vedevo che tutti gli astanti non capivano di che cosa parlasse. Allora dovete sapere, vi informo: il ministro degli esteri italiano è stato invitato al vertice della Lega araba. Non era mai accaduto (applausi). Questa notizia, che in Italia si è affacciata per simpatia umana su L'Unità, e ha meritato qualche rapido trafiletto, è stata una delle notizie di apertura dei telegiornali di Al Jazeera. Cioè 500 milioni di persone sono state informate, è una buona notizia, vuol dire che non si lavora per nulla, sono state informate di questo fatto storico. Il dibattito politico italiano è dominato dai bollini blu, dalle cose. mentre fatti da cui dipende la pace, da cui dipende la guerra. sembra che proprio non gliene importi niente a nessuno. Tuttavia io sono comunque soddisfatto del mio lavoro.
Anche perché il giorno dopo questo evento storico, di cui sono stati informati tutti gli altri ma non gli italiani, mentre Shimon Peres veniva a Roma, il governo israeliano ha detto «noi non abbiamo mai avuto un governo amico come il governo Prodi». Per cui in due giorni l'Italia è stata indicata dagli arabi e dagli israeliani come migliore amico. Il che ritengo che, per un governo che si proponeva di tornare a essere il crocevia della pace, si tratta di un successo straordinario. La notizia non è stata data. Però è successa. Grazie.
Dagospia 19 Settembre 2007