MAFIA FOREVER - "GOTTI SI' CHE AVREBBE SCOVATO OSAMA, ALTRO CHE BUSH"

Alessandra Farkas per il Corriere della Sera



Tutti i riflettori sono puntati sull'uomo in abito gessato e chioma brillantinata che ha finito per essere più baciato degli altri. «E' così che scoprimmo l'ascesa di John Gotti ai vertici della famiglia Gambino - spiega l'agente dell'Fbi Tom Dale, sottolineando come il bacio fra uomini, in America, sia un'usanza praticata solo da italiani e mafiosi -. Alla festa organizzata a Little Italy dopo l'assassinio di Paul Castellano nell'85 i picciotti facevano la fila per ossequiare il "don elegantone"».

All'occhio inesperto la processione nera di uomini grassi e ingioiellati accorsi al funerale dell'ultimo boss di Cosa Nostra insieme alle loro donne prematuramente invecchiate ed indurite sembra uscita pari pari dal «Padrino» di Francis Ford Coppola. Ma questo non è un film e gli invitati che arrivano in Mercedes e Bmw e cercano di nascondere il volto dietro enormi ombrelli non sono attori ma pericolosi emissari delle grandi famiglie mafiose di New York, i Bonanno, Colombo e Lucchese.

O almeno così pensano Fbi e Nypd, che hanno sottratto una manciata dei loro migliori agenti alla crociata anti-Al Qaeda inviandoli a spiare la Papavero Funeral Home di Maspeth, Queens, da un pulmino coi vetri affumicati da dove spunta uno zoom. «L'Fbi ha notato subito l'assenza dei Genovese - commenta Dom Casamento, costruttore - il clan fu l'unico a snobbare in massa il matrimonio di John A. Gotti, nell'aprile del '90».
Ma chi vendicherà l'ultimo affronto alla memoria del Don, il cui arresto ha segnato la crisi dei Gambino e l'ascesa dei Genovese come clan più potente della città? Di certo non il figlio Junior, detto «l'imbecille» che per orgoglio non ha voluto chiedere alle autorità del carcere il permesso per andare al funerale.

«I Gotti non chiedono favori al governo», mandano a dire i fratelli di Gotti, Peter e Gene, anch'essi in prigione. E così tocca alle donne di casa tenere viva la fiamma. Quando il feretro dorato scortato da 100 limousine listate a lutto viene finalmente calato nell'imponente mausoleo gotico a 5 piani della famiglia Gotti, in prima fila troneggiano due matrone tragiche e dignitose: la vedova Victoria e la figlia scrittrice Victoria che hanno supervisionato ogni minimo dettaglio dell'ultimo viaggio del Don.

Sono state loro a vestire i suoi poveri resti devastati da un cancro ormai terminale e ricomposti dopo l'autopsia nel suo abito scuro preferito: un Brioni da 2 mila dollari. «Papà era l'uomo più elegante di New York e non ci avrebbe mai perdonate se l'avessimo congedato senza rispettare lo stile e l'eleganza che l'hanno reso famoso», spiega Victoria Jr, che in un mondo meno maschilista, a detta dell'autorevole New Yorker , «avrebbe tutte le carte in regola per diventare la boss dei Gambino».

Grazie a lei e a sua madre il nome di John Gotti è già da tempo nell'elenco ufficiale del cimitero di Middle Village, dove riposa il Gotha di Cosa Nostra, da Lucky Luciano a Carlo Gambino e da Carmine Galante a Joe Colombo. Il suo indirizzo per l'eternità è St. John Cloister, terzo piano, corridoio C, cripta 451.
A tenergli compagnia sarà il figlio Frank, investito per sbaglio, mentre andava in bici, da un vicino di casa più tardi svanito nel nulla ma che secondo l'Fbi è stato spedito da Gotti in fondo all'oceano, dentro un cilindro di cemento.

Anche per questo delitto contrario agli insegnamenti cattolici - solo uno dei tanti - la diocesi di Brooklyn gli ha negato la messa funebre in chiesa. Ma le due Vittorie non se ne curano. E in segno di sfida organizzano una vera e propria kermesse di tre giorni nelle strade del Queens, per mostrare al mondo che l'intera città è con il loro uomo. Migliaia di amici, parenti e ammiratori rispondono all'appello.

Persino un «Gaetano Badalamenti» ha mandato le condoglianze, conferma un'impiegata della Papavero. La polizia non riesce a tenere a distanza i fan, molti in lacrime e con la bandiera italiana in mano che seguono in fila indiana 24 carri funebri carichi di enormi addobbi floreali kitsch: un sigaro gigante, una scala reale di poker, un bicchiere di martini con le olive (vere).

«Vergogna alla Chiesa che ha celebrato la messa per un prete pedofilo suicida ma non per il grande Gotti», protesta Rosa Barone, giunta dal Connecticut. «Se avessero incaricato lui di sgominare Al Qaeda, Osama oggi sarebbe sotto terra», la incalza Vincent Massaro, di Brooklyn. Ma dietro ai cartelli che inneggiano «John Gotti per sempre» spuntano gli slogan di protesta: «Vergogna a chi lo glorifica».

«Ma quale Robin Hood, era un gangster»
«Il New York Post lo chiama Robin Hood - gridava uno dei contestatori davanti alla Papavero Funeral Home nel Queens -. Perfino il New York Times se n'è innamorato perdutamente, dimenticando che era un gangster che ha rubato, ucciso».
E proprio l'atteggiamento di buona parte dei media americani dopo la morte di Gotti ha suscitato aspre polemiche: le accuse di aver «glorificato» la figura del gangster si sono moltiplicate. Ha osservato sarcastico Howard Kurtz sul Washington Post: «Un sociologo dell'anno 2102, osservando i commenti apparsi sulla stampa alla morte di Gotti, concluderà che si trattava di un grand'uomo: la sua scomparsa è stata trattata come quella di uno statista, non come quella di un condannato per cinque omicidi e per riciclaggio di denaro. Mandava mazzi di rose ai giornalisti che scrivevano di lui, certo: ma era un assassino spietato».


Dagospia.com 16 Giugno 2002