SIAMO UOMINI O "GENERALI"? - E SE PROFUMO AVESSE SBAGLIATO PROFUMERIA?

Paolo Madron per Il Giornale


Un uomo solo al comando. Alessandro Profumo pedala spedito alla conquista di Generali. Ma a differenza del Campionissmo che faceva il vuoto dietro di sè, dopo essere scattato il banchiere si è subito voltato indietro ad aspettare il gruppo. Paura per aver osato un azzardo così grande o consapevolezza che Trieste non è un traguardo da imprese solitarie? Quale che sia la risposta, non cambia la sostanza. Il gesto basta da solo a ipotecare una carriera. Nel suo caso, una brillantissima carriera, che lo ha portato ancora giovane a guidare la più solida e redditizia delle banche italiane. Perché a tutti, cominciando da lui, è chiara una cosa: se non riesce nell'impresa, se qualcosa va storto, o peggio tutto si impantana in una estenuante guerra di trincea, il marchio della sconfitta sarà indelebile. Insomma, volendo emulare Fausto Coppi, Profumo rischia di finire alla Bitossi di un drammatico mondiale, tradito in dirittura dai suoi muscoli di legno.

Il banchiere, dunque, si gioca tutto. Compresi, tra quelli che ha speso e quelli che dovrà spendere, un sacco di soldi della banca. Che il mercato non gradisse era ovvio. Ma sulla botta presa ieri in borsa sarebbe sicuramente disposto a ricredersi purchè, invece di un' incognita, gli si profilasse a portata di mano l'obiettivo. Non è così, o per lo meno non ancora. Lungi dall'aver assestato il colpo della vittoria, nella migliore delle ipotesi l'amministratore delegato di Unicredit ha pareggiato il conto delle forze in campo: 20 a 20. Da un lato Vincenzo Maranghi e i suoi alleati francesi (ma anche qualche socio privato del suo istituto cui non è mai piaciuto fossero le banche a farla da padrone). Dall'altro il manipolo di coloro che si sono levati a difesa dell'italianità di Trieste. Fondazioni in testa, anche se l'impresa non risponde proprie a quella prudente gestione patrimoniale da capofamiglia cui le richiama testualmente la legge.



Adesso è gara vera. Vince non chi raggranella più consensi, chi porta le famiglie venete storiche azioniste della compagnia o la cassa pensioni dei notai dalla sua parte, ma chi ci mette più soldi. Merce rara, di questi tempi, specie quando il sistema finanziario deve farsi carico di salvataggi onerosi.
Ma Profumo, forte dei suoi inappuntabili bilanci, sembra non curarsene. E' la seconda volta che il banchiere si addossa l'onere di tirare la volata. Anzi, la terza. La prima fu proprio alla vigilia dell'ultima assemblea di Generali, quando l'ennesimo ribaltone al vertice della compagnia riportò alla guida Antoine Bernheim. La seconda quando sembrava si potesse sostituire Francesco Cingano alla presidenza di Mediobanca. "Vai avanti tu..", dissero allora alcuni soci dell'istituto, Capitalia per prima. Il risultato non fu certo probante.

Ma allora la sconfitta si annacquò nel tormentone di sempre, quello del Maranghi perennemente braccato e che ogni volta, vuoi per bravura sua o imperizia di chi gli dava la caccia, riusciva a farla franca. Stavolta però Profumo, e con lui Carlo Salvatori che lo spalleggia con convinzione in questa avventura no-limits, ha alzato la posta al massimo livello. Generali è sempre stato un moloch inviolabile, l'emblema di un gruppo che non poteva finire sotto l'egida di nessuno pena lo stravolgimento di troppi equilibri. Mediobanca, certo, vi faceva da padrona. Ma al tempo stesso anche da diaframma di inconfessabili appetiti. La compagnia triestina, come il Corriere o la Montedison, doveva prosperare in una terra di nessuno cui piazzetta Cuccia faceva da custode. Un ruolo che quando i suoi azionisti andavano d'amore e d'accordo gli veniva universalmente riconosciuto, ma che è venuto meno nel momento in cui essi hanno cominciato ad andare ciascuno per la propria strada.

Scalare Generali, anche in tempi di borsa depressa, resta un'impresa titanica. Profumo ha chiamato a raccolta le banche, ma la risposta è tutta da vedere. Capitalia non si può muovere. Il Sanpaolo nicchia. E Intesa, che tutti arruolano nelle file degli attaccanti, perché dovrebbe imbarcarsi in un'impresa che, se riesce, ha tutta l'aria di ingigantire ruolo e figura dei rivali di piazza Cordusio?
Un'ultima prosaica annotazione. Se il blitz di Profumo mira a regolare una volta per tutte i conti con Maranghi, non sarebbe stato meno rischioso (nonché costoso) chiudere la partita lanciando direttamente l'opa su Mediobanca?


Dagospia.com 4 Marzo 2003