I GIURATI AVEVANO CAPITO - E BENE - "BUONGIORNO, NOTTE"
IL GRANDE VECCHIO MONICELLI NEGO' IL LEONE A BELLOCCHIO

Fin dal mattino, con la fuga precipitosamente incazzosa di Marco Bellocchio dalla laguna, iniziarono a circolare quelle voci di notte fonda per "Buongiorno, notte" che poche ore dopo trovarono conferma da Tullio Kezich, incaricato da Chiambretti & De Hadeln, di rifilare un premietto generico di consolazione (qualcosa di imbarazzante come miglior contributo alla sceneggiatura) alla pellicola sul caso Moro.

Il ritornello più gettonato dai quotidiani - da l'Unità al Secolo d'Italia - suonava così: i cinque giurati stranieri non avevano capito una mazza cinematografica del film di Bellocchio - troppo distante politicamente e/o generazionalmente, troppo oscura e ingarbugliata la storia delle Brigate Rosse, la fermezza di qua la trattativa di là, democristi e comunisti. "Bellocchio non è mai entrato nella rosa per il Leone: impossibile convincere i giurati stranieri. Alcune tematiche sono risultate più coinvolgenti per noi che per loro", blablava il presidente della giuria Mario Monicelli, con il sodale Stefano Accorsi alle calcagna. Insomma: le abbiamo tentate tutte ma non potevamo fare altro che sottostare alla maggioranza, come democrazia vuole.

Non certo strappandosi i capelli. Quando Maria Pia Fusco (La Repubblica) domanda a Mario Monicelli: "Ma lei ha difeso veramente Bellocchio?" La risposta è: «Io sono un suo forte ammiratore, "I pugni in tasca" fu uno degli esordi più importanti, "L´ora di religione" è un capolavoro indiscutibile. Mi dà fastidio fare il critico, ma ci siamo trovati di fronte a un film - tutti concordi sulla bellezza del cinema - con un gruppetto di terroristi insicuri, confusi, impauriti, dominati da un sequestrato che è quasi il burattinaio, una specie di glorificazione - forse oggi giusta - e sembra che a farlo morire non siano quei ragazzi spaventati ma un establishment di destra e di sinistra. Stefano ed io sappiamo e abbiamo vissuto il film con tensione. Ma gli altri chiedevano "chi sono?", potevano essere comparse, non hanno capito, forse senza le implicazioni politiche sarebbe andata meglio».

Dunque, svicolando da certi giri di cinica ipocrisia, risulta evidente che al Grande Vecchio - socialista anti-craxiano, scuola Pertini, approdato oggi nelle file anti-berluscone dei girotondini e dei rifondaroli - il film non sia per niente piaciuto nei suoi contenuti politici. Ma l'88enne regista de "I soliti ignoti" ha continuato a ripetere il refrain dei giurati forestieri che non capivano il bierrismo senza limitismo.



Nessuno ha fatto notare al vecchietto terribile che la giuria non veniva da Marte: era composta dal regista francese Pierre Jolivet; da Michael Ballhaus direttore della fotografia tedesco e l'attrice iberica Assumpta Serna: tre signori che il terrorismo l'hanno avuto in casa, dalla Raf tedesca all'Eta spagnola all'Oas francese. (Gli altri due giurati stranieri erano la regista cinese Ann Hui; il produttore Usa Monty Montgomery).

Invece, la storia è andata in un altro modo: ben tre dei cinque giurati stranieri (di sicuro la spagnola e il tedesco) a un certo punto, nelle more dei Leoni, hanno chiesto a Monicelli: cosa diamo a Bellocchio? E il Grande Vecchio rispose: niente. Quel film non merita un amato niente. Poi, per carità di patria, è stato partorito quel premietto scamuffo alla sceneggiatura. Che ha fatto incazzare ancor di più Bellocchio.

Lo stesso direttore Moritz De Hadeln - che si è ben guardato di supportare "Buongiorno, notte" per evitare le polemiche che l'anno prima colpirono "Magdalene", manganellato dal mondo cattolico - si è lasciato sfuggire a quattr'occhi un sibillino: "Se qualche regista fosse stato più responsabile.". L'Orsacchiotto De Hadeln, per la verità, pressato dalla Rai, preoccupato per la sua poltrona, ha provato a derogare dallo statuto della Biennale rispolverando un salomonico ex-aequo di "Buongiorno, notte" con il film russo. Non c'è stato niente da fare.

Così la prima produzione Rai nell'era del Polo, celebrata e massacrata sia dalla destra che dalla sinistra, è stata fatta fuori dall'irriducibile Monicelli.


Dagospia.com 11 Setembre 2003