1. 2014: IL POTERE CHE VERRÀ PARTIRÀ DALL'ENI. SE SCARONI NON VERRÀ RICONFERMATO IN SELLA AL CANE A SEI ZAMPE PRENDERÀ LA POLTRONA DI PRESIDENTE DI GENERALI, CON SCORNO DI GRECO (MA I SOCI DEL LEONE LO VOGLIONO) E LA GIOIA DI GALATERI CHE TORNA DAL SUO ‘’COMPAGNO DI BANCO’’ ALIERTA A FARE IL PRESIDENTE DI TELECOM CON PATUANO RICONFERMATO AMMINISTRATORE DELEGATO (OBBLIGATORIO, DOPO IL ‘’REGALONE’’ DI TELECOM ARGENTINA; BERNABÈ SI ERA SEMPRE OPPOSTO) 2. SE INVECE SCARONI RESTA, MASSIMO TONONI, CARO A LETTA, VA AL POSTO DI BERNABÈ 3. ALLA FINE SARÀ LA CDP CON IL FONDO DI GAMBERALE A PRENDERSI L’ALITALIA. I SOLDI ARRIVERANNO DALLA VENDITA DEL 49% DI TERNA E SNAM: INCASSO PREVISTO 8,5 MILIARDI 4. CHI LO PRENDE IL QUEL POSTO È QUELLA BANDERUOLA DI SARMI. A 66 ANNI VA IN PENSIONE?

DAGOREPORT

Dopo la veglia funebre di sabato al partito del Cavaliere, alcuni grandi manager hanno girato la testa di fronte alle macerie del Pdl e si sono dedicati a capire che cosa potrebbe succedere nei prossimi mesi se il governo "alfanolettico" dovesse resistere alle burrasche parlamentari.

La contemplazione si è rivolta soprattutto sul proprio destino perché è facile immaginare che una volta superate le burrasche il vento della primavera potrà cambiare la geografia del potere economico e finanziario. La prima riflessione è partita da Trieste dove conoscono bene la forza dei venti che sono riusciti a penetrare anche nelle stanze delle Generali, la terza compagnia europea delle assicurazioni.

Ai piani alti del Leone qualcuno ha cominciato a ipotizzare che di fronte a uno scenario imprevedibile e poco familiare, ad aprile possa arrivare alla presidenza Paoletto Scaroni, il manager vicentino che dal giugno del 2005 è alla guida dell'Eni. Non è la prima volta che queste voci saltano fuori perché è noto il desiderio di Scaroni di fare un'esperienza diversa rispetto a quelle iniziate nel 1973, quando cominciò a lavorare presso il gruppo Saint-Gobain, lo hanno visto navigare sempre e soltanto nel mondo industriale.

Anche quando si è trasferito in Gran Bretagna per ricoprire il ruolo di amministratore delegato di Pilkington, il richiamo del Nord-Est lo ha sempre affascinato fino al punto di fare per due anni il presidente del Vicenza Calcio. C'è poi da dire che non ha mai avuto un feeling particolare con il tandem Letta-Alfano, ma al di là di questa relativa freddezza, gioca molto il desiderio di lasciare dopo otto anni la guida del colosso petrolifero.

A questo sentimento si aggiungono i segnali che pare siano arrivati da alcuni soci importanti di Generali che lo vedrebbero bene sulla poltrona occupata adesso dal conte sabauda Gabriele Galateri di Genola. Sembra però che l'eventuale arrivo di un tipo "esecutivo" come Scaroni non faccia impazzire di gioia l'attuale amministratore della compagnia Mario Greco, il manager che dopo l'esperienza in Zurich sta lavorando in profondità per dare un assetto efficiente e trasparente alla compagnia di Trieste.

È di oggi la notizia che per rafforzare la sua immagine ha ingaggiato Simone Bemporad, il 43enne ex-collaboratore di Romano Prodi che - come ricorda il "Corriere dell'Economia" - per alcuni anni ha presidiato gli interessi di Finmeccanica a Washington. A parte questa piccola novità , che colma un buco nella comunicazione delle Generali, Greco vorrebbe continuare il suo lavoro senza sentire sul collo il fiato di un personaggio pesante come Scaroni che nel panorama economico del nostro Paese rappresenta l'architrave più importante dell'economia pubblica e gira per il mondo con un'autorevolezza superiore a quella di un ministro.

Se la sua ambizione di saltare sulla presidenza di Generali avrà modo di concretizzarsi, ecco pronto alle sue spalle Giuseppe Recchi, l'ingegnere di General Electric che nell'aprile 2011 ha affiancato Scaroni dentro l'Eni.

Non sarebbe comunque questo l'unico effetto a catena provocato dall'eventuale sbarco alle Generali del 67enne vicentino Scaroni. Infatti, in caso di successo del ribaltone triestino, ci sarebbe il problema di collocare da qualche parte Galateri di Genola che si è insediato alle Generali dopo il blitz dell'aprile 2011 che ha esodato Cesarone Geronzi.

Passare da un incarico all'altro è una virtù che Galateri ha manifestato fin da quanto è entrato nella scuderia della Sacra Famiglia degli Agnelli con una carriera vertiginosa che ne ha fatto un autentico campione di poltrone. Qui è inutile dire per l'ennesima volta che all'origine della sua fortuna ha giocato una parte importante anche la moglie Evelina, che i torinesi considerano un'implacabile mangiatrice di poltrone.

Ciò che interessa è capire una volta per tutte che il discendente della nobile famiglia piemontese dei conti di Suniglia e di Genola si trova oggi in pole position per diventare presidente della Telecom "spagnola".

La dea bendata lo ha portato a frequentare un master alla Columbia University insieme a Cesar Alierta, il patron della compagnia iberica che lo considera il suo interlocutore privilegiato, e lo utilizza come una bussola per muoversi nei meandri che vanno da Mediobanca e Palazzo Chigi passando attraverso i partiti di destra e di sinistra. Nel 2007 Galateri ha convinto Alierta a entrare in Telco, la scatola che controlla Telecom, pagando le azioni di Telecom a 2,85 euro,e lo ha fatto non per un vezzo, ma perché conosceva bene la realtà di Telecom dove grazie ai buoni uffici di Mediobanca era diventato nello stesso anno presidente in sostituzione di Pasquale Pistorio.

Su questi precedenti e sulla fama di essere un uomo gentile e sopportabile, pare che ormai stia maturando a grandi falcate l'idea di Alierta di lasciare a lui e al fulvo Marco Patuano le redini di Telecom fino a quando non scatterà il possesso completo dell'azienda da parte di Telefonica.

Nella sua infinita miseria Dagospia aveva anticipato fin dal 25 settembre questa ipotesi dando per scontato che Franchino Bernabè avrebbe ripreso gli scarponi per le montagne del Trentino mentre Patuano si sarebbe schierato con gli spagnoli per prendere le redini dell'azienda. Oggi Alierta definisce "coraggioso" questo Patuano che nella notte di giovedì ha venduto Telecom Argentina per 859 milioni di dollari al messicano David Martinez.

E la definizione di "coraggioso" è davvero appropriata se si pensa che mentre Patuano accettava l'offerta di un miliardario sconosciuto in Italia, il mattino dopo si scatenavano la Procura, la Consob e la Guardia di Finanza per capire che cosa stava avvenendo dentro Telecom.

Oggi sono molti quelli che si chiedono per quale ragione l'alessandrino Patuano si sia liberato in maniera così precipitosa della controllata argentina, e c'è chi grida alla svendita e allo scandalo perché non si riesce a capire come, senza fare un'asta internazionale, la società sia finita nelle mani di un messicano che ha un appartamento da 54 milioni di dollari a Manhattan e ha comprato un quadro di Pollock da 140 milioni.

La domanda circola anche sui giornali di Buenos Aires dove si dice che il messicano sia un prestanome della presidenta Kirchner e stia facendo il gioco degli spagnoli di Telefonica che vogliono sgombrare dal loro orizzonte la concorrenza di Telecom in America Latina.

Da parte sua il conte Galateri non fa una piega e con il suo profilo di persona sopportabile si scalda i muscoli a bordo campo perché sa che prima o poi potrà tornare al vertice di Telecom per gestire insieme a Patuano la scalata dell'amico Alierta che è destinata inevitabilmente a fare uno spezzatino succulento della vacca grassa Tim Brasil.

Se poi per qualche ragione ,al momento inafferrabile, Scaroni dovesse restare all'Eni e Galateri alle Generali, allora potrebbe prendere corpo il desiderio di Enrichetto Letta che vorrebbe portare accanto allo "spagnolo" Patuano il suo amico Massimo Tononi.

In questo scenario chi rischia di pagare il prezzo più alto è Massimo Sarmi, il manager dalle orecchie generose che insieme a Scaroni sente il problema di riposizionarsi politicamente e professionalmente. La pessima letteratura dei retroscena non ignora i balletti che Sarmi ha fatto negli ultimi anni come perfetto uomo di anticamera e manager di talento che negli ultimi 11 anni si è dimostrato ossequiente e riverente nei confronti del potere politico.

Così è stato quando Gianfranco Fini nel 2002 lo ha portato alle Poste dopo l'uscita dello statista mancato Corradino Passera. E così è avvenuto durante i governi Berlusconi, ma anche quando Prodi nel 2008 era a Palazzo Chigi come ben ricorda Enrichetto Letta che se lo trovava sempre appollaiato nel suo ufficio di sottosegretario.

Dopo la veglia funebre di sabato scorso nel palazzo dell'Eur Sarmi sta cercando di capire quale può essere il suo destino. Con prontezza si è buttato nella vicenda Alitalia offrendo 75 milioni di euro nella ricapitalizzazione della Compagnia. Dicono che al Tesoro e a Bruxelles ci siano molte perplessità sul suo intervento perché tutta l'attenzione è rivolta non tanto al pugno di noccioline di Sarmi e degli altri soci pronti a sottoscrivere il prestito, ma alla Cassa Depositi e Prestiti che attraverso il braccio di F2i con Gamberale sarebbe pronta a intervenire con salmerie più robuste. E altri quattrini per un importo, stimato in circa 8,5 miliardi (una cifra sufficiente anche per colmare il buco dell'Imu) potrebbero arrivare dalla vendita accelerata di quote di Eni, Terna e Snam.

Sarmi sa bene che un'altra soluzione "patriottica" del caso Alitalia farebbe apparire quasi miserabile il suo contributo al salvataggio della Compagnia e comprometterebbe la possibilità di andare a Telecom, la poltrona più omogenea al suo curriculum professionale.

Nel palazzaccio delle Poste che affaccia sul laghetto dell'Eur dicono comunque che il manager dalle orecchie generose è pronto a salire sul carro di Alfano e di Lupi, che lo guarda con attenzione da quando le Poste hanno buttato sul tavolo il sacchetto di noccioline per l'Alitalia.

Qualcuno poi ricorda che questo fenomeno di ossequio al potere ha avuto tempo fa la brillante idea di assumere Alessandro Alfano, fratello del ministro, a Postecom con 200mila euro di stipendio.

Chissà se le piroette basteranno a Sarmi per evitare di andare in pensione quando ad agosto compirà 66 anni? Anche questa è una domanda che circola dopo la veglia funebre del PDL che costringe un'infinità di manager e di banchieri a riposizionarsi e a contemplare il proprio destino.

 

SCARONI E SERVILLOSCARONI E SERVILLOFRANCO BERNABE CESAR ALIERTA GABRIELE GALATERI DI GENOLA Padellaro e Travaglio Simone BemporadPATUANO Marco Patuano Telecom ItaliaMASSIMO SARMI MASSIMO SARMI alierta di telefonica a roma ALIERTA LETTA E ALFANO FESTEGGIANO IN SENATO ENRICO LETTA E ALFANO NEL GIORNO DELLA FIDUCIA AL GOVERNO FOTO LAPRESSE

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