“AI”? AHI AHI: STA PER SCOPPIARE LA BOLLA DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE? – LE SOCIETÀ SIMBOLO DELLA RIVOLUZIONE DELL’IA HANNO CEDUTO POCO PIÙ DI 1.000 MILIARDI DI DOLLARI DI CAPITALIZZAZIONE NELL’ULTIMA SETTIMANA - PALANTIR HA PERSO OLTRE IL 13%, NVIDIA QUASI IL 9%, ORACLE IL 7,80%. SOLO AMAZON HA CHIUSO CON UN LIEVE PROGRESSO – L'EUFORIA CHE AVEVA SOSPINTO I TITOLI TECH A LIVELLI RECORD SEMBRA ESSERSI INCRINATA: A FRONTE DI INVESTIMENTI ENORMI, I RITORNI DELL’IA SONO ANCORA INCERTI E GLI INVESTITORI INIZIANO A…
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Estratto dell’articolo di Fabrizio Goria per “la Stampa”
La corsa dell'intelligenza artificiale in Borsa sta perdendo smalto. In una settimana che ha scosso Wall Street, le società simbolo della rivoluzione AI hanno ceduto poco più di 1.000 miliardi di dollari di capitalizzazione. […] Nvidia, Meta, Palantir e Oracle sono tra i nomi più colpiti, trascinando il Nasdaq nella seconda peggiore performance dell'anno, solo dopo le fibrillazioni post "Liberation Day" di inizio aprile. È la prima vera incrinatura nella narrativa che vedeva l'intelligenza artificiale come il motore inarrestabile della nuova economia americana.
Il calo, iniziato con le trimestrali dei giganti tecnologici, ha messo in evidenza un equilibrio sempre più fragile tra spese colossali e ritorni ancora incerti. Alphabet, Amazon, Meta e Google hanno registrato investimenti per 112 miliardi di dollari nel solo terzo trimestre, mentre l'intero settore prevede di destinare circa 400 miliardi quest'anno allo sviluppo di infrastrutture AI.
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Una corsa alimentata da debiti crescenti e dalla paura di restare indietro, più che da solidi fondamentali. «Le spese in conto capitale legate all'AI sono enormi, spesso finanziate a debito, e ricordano la frenesia di investimenti discutibili della bolla del 2000», osserva Florian Ielpo, responsabile macro di Lombard Odier Investment Managers.
L'euforia che aveva sospinto i titoli tech a livelli record sembra essersi incrinata anche per fattori macroeconomici. Quello che è certo è che la reazione degli investitori è stata immediata. I trader retail, spesso pronti a comprare sui ribassi, questa volta sono rimasti fermi. Palantir ha perso oltre il 13% in una settimana, Nvidia quasi il 9%, Oracle il 7,80%. Solo Amazon ha chiuso con un lieve progresso. L'indice Nasdaq ha lasciato sul terreno il 3,96%, mentre l'S&P 500 ha perso l'2,23%.
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«Le valutazioni sono tirate - nota Jack Ablin, chief investment strategist di Cresset Capital -. Il minimo segnale negativo viene amplificato, e le buone notizie non bastano più a spostare l'ago della bilancia».
Dietro il nervosismo si intravede una domanda che attraversa l'intero mercato: quanto tempo servirà perché l'AI diventi davvero profittevole? Le grandi piattaforme promettono che la spesa di oggi garantirà rendimenti futuri, ma gli investitori iniziano a dubitare. A far vacillare ulteriormente la fiducia, anche il segnale lanciato da Michael Burry — l'investitore divenuto celebre con The Big Short — che ha scommesso su un calo dei titoli Nvidia e Palantir.
Allo stesso tempo, i vertici di Goldman Sachs e Morgan Stanley hanno avvertito che una correzione del 10-20% nei prossimi 12 mesi è non solo possibile, ma probabile. […]
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Il caso Nvidia resta emblematico. Il gruppo, per un breve momento diventato la società più preziosa al mondo con una capitalizzazione di 5.000 miliardi di dollari, ha perso oltre 350 miliardi in pochi giorni. Le parole del ceo Jensen Huang - «la Cina vincerà la corsa all'AI» - hanno contribuito ad alimentare incertezza, costringendolo poi a precisare che Pechino è «solo pochi nanosecondi dietro l'America». Le difficoltà di esportazione dei nuovi chip Blackwell verso la Cina e l'avanzata di modelli low cost come il Kimi K2 di Moonshot AI o il DeepSeek R1 hanno aumentato la percezione di vulnerabilità.
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Sul fronte opposto, OpenAI - la startup simbolo dell'intera corsa - ha alimentato nuovi dubbi con le parole della sua direttrice finanziaria Sarah Friar, che ha ipotizzato il ricorso a una garanzia federale per sostenere l'espansione. La società, valutata 500 miliardi di dollari, ha firmato impegni per 1.400 miliardi in infrastrutture AI attraverso un intricato sistema di accordi con Nvidia, AMD, Broadcom e i big del cloud Microsoft, Amazon e Google. Una rete di interessi incrociati che lega sempre più strettamente le sorti dell'AI all'intero comparto tecnologico americano.
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Molti analisti ricordano che l'attuale scenario differisce da quello della bolla dot-com: oggi i protagonisti generano flussi di cassa robusti e possiedono posizioni dominanti. Ma la somiglianza psicologica è evidente. L'ansia di non perdere il treno dell'AI ha spinto il settore a livelli di spesa e di aspettative difficili da sostenere. «I giganti di oggi non sono le startup in perdita del 1999 - sottolineano gli analisti di JPMorgan - ma anche loro rischiano di pagare il prezzo dell'eccesso di fiducia». […]
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