AJA, CHE DOLORE PER PUTIN - RUSSIA CONDANNATA A PAGARE LA CIFRA-MONSTRE DI 50 MILIARDI AGLI OLIGARCHI EX PROPRIETARI DI YUKOS, GIGANTE PETROLIFERO - MOSCA NON INTENDE SGANCIARE, E RISCHIA IL SEQUESTRO DI BENI RUSSI NEL MONDO

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Giuseppe Sarcina per “Il Corriere della Sera

 

Il caso Yukos presenta il conto a Vladimir Putin. Doppio: una stangata economica e un colpo pesante alla già traballante reputazione internazionale.

 

La Corte permanente per l’arbitrato a L’Aia ha condannato la Federazione russa a versare agli ex azionisti della società petrolifera il più grande risarcimento danni della storia: 50 miliardi di dollari, più le spese legali (60 milioni di dollari). La sentenza del tribunale, emanata il 18 luglio scorso e resa pubblica ieri mattina, accusa tutto il sistema di potere che fa capo al presidente russo di aver fabbricato, a partire dal 2003, false accuse di frode fiscale a carico della Yukos, a quel tempo la più importante compagnia petrolifera del Paese, fino a farla fallire, «con il solo scopo di rimuovere Mikhail Khodorkovskij dall’arena politica».

 

ROSNEFT ROSNEFT

Mosca ha reagito subito. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha annunciato che la Federazione russa ricorrerà a ogni mezzo legale per ribaltare la decisione. Anche se, in realtà, sul piano giuridico non ci sono molti margini. I giudici dell’Aia si sono pronunciati dopo un processo durato 10 anni, promosso dagli ex azionisti di Yukos, tra cui la Gml ltd (sede fiscale nell’Isola di Man, base operativa a Londra), senza che dal Cremlino sia mai arrivato un cenno di interesse a partecipare. È molto più probabile, invece, che Putin ordinerà agli apparati amministrativi di prendere tempo. La battaglia legale, quindi, sembra destinata a continuare per altre strade.

 

Se Mosca si rifiutasse di pagare, come ha fatto finora in altri tre arbitrati persi, gli ex proprietari di Yukos potrebbero rivalersi sui cosiddetti beni commerciali russi dislocati negli oltre 100 Paesi che hanno sottoscritto la Convenzione di New York del 1958 sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze internazionali. Le società più esposte sarebbero le due compagnie petrolifere di Stato, Rosneft e Gazprom.

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La vicenda Yukos, allora, ritornerebbe al punto di partenza, dopo aver condensato lotte di potere, manovre di palazzo e cospirazioni giudiziarie.

 

Anno 1995. Bisogna partire da qui per cogliere lo spessore politico della sentenza di ieri. Il presidente Boris Eltsin avvia la privatizzazione dell’industria sovietica. Si procede con aste di vendita chiaramente pilotate a favore di un circolo ristretto di oligarchi vicini al presidente («la famiglia»). Tra loro c’è Mikhail Khodorkovskij, 51 anni, singolare anfibio di imprenditore-intellettuale. Tocca a lui la Yukos, la più grande compagnia petrolifera del Paese.

 

Gli anni di Eltsin sono l’età dell’oro in senso letterale per Khodorkovskij e Yukos, il valore delle azioni si raddoppia, il peso sulla politica energetica (se non politica «tout court») è decisivo. Tutto bene fino all’ascesa di Putin e di un altro clan politico-affaristico. Lo scontro è inevitabile ed è durissimo. Nel 2003 gli uffici fiscali e poi le procure russe contestano a Yukos una serie di frodi tributarie. Khodorkovskij viene arrestato il 25 ottobre 2003. Fino a ieri Putin ha sempre ostentato disprezzo o sufficienza nei confronti dell’ex oligarca, anche se nel dicembre 2013 si era deciso a concedergli la grazia.

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Certo, nei Paesi occidentali la liquidazione di Khodorkovskij è da sempre considerata a dir poco sospetta. Ma adesso ecco che la sentenza di un tribunale internazionale descrive nei dettagli i metodi da regime autoritario imposti dal presidente russo a tutti gli apparati dello Stato, dagli uffici amministrativi al potere giudiziario. Khodorkovskij vive in Svizzera e da lì ha commentato con soddisfazione le notizie in arrivo da Londra. Non ha partecipato alla causa, non ha più nulla a che fare con Yukos da quando ha venduto nel 2003 la sua quota di maggioranza al suo ex socio Leonid Nevzlin.

 

GAZPROMBANK GAZPROMBANK

E qui ritornano i giochi della finanza. Nevzlin, ora residente in Israele, controlla il 70% della holding Gml limited a cui faceva capo il 60% di Yukos, poi trasferito alla società Rosneft. Il restante 30% di Gml è diviso con quote paritarie tra altri quattro imprenditori russi, Platon Lebedev, Mikhail Brudno, Vladimir Dubov e Vasily Shakhnovsy. Sono loro gli espropriati da Putin, sono loro i potenziali destinatari dei 50 miliardi. Anche se ieri a Londra la scena è stata occupata dal direttore di Gml, Tim Osborne e dall’avvocato Emmanuel Gaillard, il capo dello studio Shearman & Sterling’s. I legali incasseranno almeno 60 milioni di dollari di parcelle. Ma il loro lavoro non è ancora finito. 

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