ALITALIA APPESA A UN FILO - ENTRO DOMANI SI DECIDE MA GLI ARABI, CHE GIA' MERCOLEDI' SI ERANO CHIAMATI FUORI DALLA PARTITA NON SI FIDANO TROPPO DEL PAROLAIO RENZI - IL CASO È POLITICAMENTE CALDISSIMO: LA LEGA È SUL PIEDE DI GUERRA PER MALPENSA E I TEDESCHI TEMONO PER LUFTHANSA

1. ALITALIA IN BILICO, SI DECIDE IN 2 GIORNI
Ettore Livini per ‘La Repubblica'

«Apettiamo la proposta di Etihad, poi giudicheremo». Matteo Renzi scende in campo via Twitter nella partita tra Alitalia e gli emiri. E la proposta è attesa entro domani.
Ma proprio la posizione del premier - secondo quanto avrebbe confidato l'ad dell'aerolinea italiana Gabriele Del Torchio a soci e sindacati - sarebbe uno dei nodi fondamentali da sciogliere per arrivare alle nozze. La mezza marcia indietro degli emiri, dicono fonti attendibili, sarebbe infatti da collegare anche all'apparente distacco con cui il nuovo esecutivo segue la vicenda.

«I vertici di Abu Dhabi sono stati invitati a investire in Alitalia da Enrico Letta da cui avevano avuto solide garanzie - avrebbe spiegato il numero uno della compagnia nel cda di martedì - . E sono ancora in attesa di sapere se quegli impegni saranno mantenuti dal suo erede». L'irrigidimento dell'aerolinea del Golfo, non a caso, è arrivato poche ore dopo il faccia a faccia del 10 aprile a Palazzo Chigi tra l'ad di Etihad James Hogan e Renzi.

Abu Dhabi, forte delle rassicurazioni ricevute in passato e dopo la due diligence sui conti di Alitalia, ha presentato al governo richieste precise: ammortizzatori sociali per
assorbire 2-3mila taglia agli organici (c'è chi parla di trasferimento dei lavoratori in esubero alle Poste), garanzie sui collegamenti tra aeroporti e alta velocità, liberalizzazione di Linate e un piano per arginare l'arrembaggio delle low-cost. Il ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, uno dei reduci del governo Letta, ha già provato a muovere le pedine. Preannunciando alla Sea la deregulation del Forlanini (il decreto a un passo dalla firma) e facendo studiare agli uffici tecnici una norma che obblighi gli scali pubblici a mettere a gara le rotte sussidiate.

Deterrente potentissimo contro Ryanair e Easyjet. Questi passi però sono stati ritenuti troppo timidi dal promesso sposo del Golfo che a questo punto pretenderebbe un impegno più deciso. Richiesta non facilmente ricevibile specie alla vigilia di un appuntamento delicato come le elezioni europee.

Il caso Alitalia è politicamente caldissimo: la Lega è sul piede di guerra per il potenziale depotenziamento di Malpensa e qualsiasi intervento dal sapore assistenzialista rischia di essere cavalcato dalle opposizioni (non però da Forza Italia visto che l'ex-Cavaliere l'ha regalata ai patrioti facendo pagare il conto - 3 miliardi - ai contribuenti italiani) in occasione del voto alle europee. In attesa che il premier ed Etihad sciolgano riserve e dubbi, gli altri protagonisti di questa delicatissima partita a scacchi tendono a esorcizzare la tensione spargendo ottimismo a piene mani.

«Se tutti faranno la loro parte, compresi i sindacati, l'accordo è a portata di mano», ha detto il segretario della Uil Luigi Angeletti dopo l'incontro tra Del Torchio e i leader sindacali (presenti pure Camusso e Bonanni). Ammettendo però che i nodi da sciogliere sono ancora molti: la ristrutturazione dei debiti con le banche (sono in tutto più di 400 milioni) in primis ma pure l'intesa con gli stessi sindacati per il taglio al costo del lavoro. Etihad, come in una partita a poker, resta alla finestra.

Il tempo gioca a suo favore, bruciando la poca liquidità rimasta nelle casse della società tricolore - la spia della riserva potrebbe riaccendersi a giugno - e di alternative alle nozze con l'aerolinea del Golfo non ce ne sono. Air France non ha soldi da spendere e gioca il ruolo di convitato di pietra visto che Parigi ha già un asse di ferro con gli emiri nell'alleanza Skyteam. Hogan può fare a meno di Alitalia. Alitalia, a questo punto, faticherebbe a fare a meno di Etihad. A meno, ipotesi che nessuno vuol prendere in considerazione, di alzare bandiera bianca e portare i libri in tribunale.

2. ETIHAD SI ERA RITIRATA
Federico Fubini per ‘La Repubblica'

Etihad pagherebbe anche più del previsto per Alitalia, ma a una condizione tutt'altro che semplice per un'azienda la cui storia riflette quella del suo Paese. Abu Dhabi vuole una pagina bianca. Accetta di ripartire solo da lì. Si fa carico dei rischi futuri della gestione della ex compagnia di bandiera di un Paese sul fondo della grande recessione, ma non vuole il bagaglio del passato. Non vuole i debiti, gli strascichi legali lasciati dal pasticciato salvataggio dei "capitani coraggiosi" con la Air One di Carlo Toto, le dispute fiscali, e nemmeno quelle che definisce le questioni "regolatorie" ancora aperte.

Per il governo italiano il problema è dunque facile da formulare, difficilissimo da risolvere. Deve favorire un accordo senza passare da ciò che di norma si fa per favorire la rinascita di un'azienda grazie a un nuovo azionista. Di solito si fa fallire la vecchia impresa, si volta pagina e si riparte. Ma per Alitalia sarebbe la seconda in cinque anni, troppo per la politica, i sindacati e le "élite" che vollero il salvataggio del 2008.

Che la partita sarebbe stata in salita, è diventato definitivamente chiaro mercoledì della settimana scorsa. Quel giorno è atterrata sul tavolo di Gabriele Del Torchio, amministratore delegato del vettore italiano, una lettera da Abu Dhabi il cui senso era chiaro: Etihad, la compagnia del più ricco degli Emirati arabi, stava rompendo le trattative: "Buona fortuna a lei e alla sua impresa", era il senso e quasi anche la formula testuale.

Il problema non sono i soldi, perché il gruppo arabo guidato dall'australiano James Hogan è disposto ad offrire fino a 560 milioni, il 12% in più di quanto discusso fino ieri. Non sono nemmeno i tagli al personale, perché il piano condiviso da Etihad prevede meno esuberi di quanto molti temessero: circa duemila, fra i quali i 750 già oggi in cassa integrazione a zero ore; al contrario il gruppo arabo apprezza la professionalità dei piloti italiani e ne vuole assumere di più, anche perché oggi relativamente meno costosi di altri. Né il problema è il destino di Linate o quello di Malpensa, perché c'è spazio per entrambi.

Dal piccolo city airport di Milano, Etihad vorrebbe sviluppare con i meno voluminosi Airbus A320 le rotte verso le città minori dell'Unione europea e le capitali nel raggio delle tre-quattro ore di volo: Mosca, San Pietroburgo, il Cairo, Istanbul. Ma Malpensa non se soffrirebbe. Lo hub lombardo assicurerebbe i collegamenti verso Abu Dhabi con grossi Boeing 777 o Airbus A340, e da lì partirebbero anche voli Alitalia per Shanghai o nuove rotte verso gli Usa.

Il problema è tutto il resto, cioè il passato di Alitalia. Questo è ciò che Etihad rifiuta in termini netti. Con una lettera di risposta comune di Alitalia, del governo, dei sindacati e delle banche creditrici, il fronte italiano è riuscito a tenere la trattativa aperta. Ma di fatto ciò che Etihad chiede è una malleveria a tappeto, difficile da far convivere con i divieti europei sugli aiuti di Stato.

Abu Dhabi vuole una garanzia o indennità rivolta agli azionisti, tale da certificare che il nuovo socio di controllo non dovrà pagare per una serie di problemi che il gruppo si porta nella stiva dal 2008. C'è la lite nei tribunali con Carlo Toto per una multa inflitta ad Alitalia su certi aerei tricolori registrati in Irlanda. C'è un altro contenzioso con WindJet. Ci sono soprattutto i debiti verso le banche creditrici che, secondo Etihad, dovranno accettare di ristrutturarli e convertirli in azioni. E c'è, infine, un mercato domestico sempre più dominato da compagnie low cost come EasyJet o RyanAir.

Gli arabi vorrebbero che fossero messe ai margini, ma per le regole del mercato europeo è impensabile. Per parte propria, il governo sta però procedendo a mettere sempre più a gara gli slot dei piccoli aeroporti sussidiati dagli enti locali: RyanAir o EasyJet non potranno più farne man bassa, anche se alla fine a pagare rischiano di essere i consumatori. La risposta da Abu Dhabi ora è attesa per domani. Per chi pensava che per un'azienda con la storia di Alitalia esistessero ancora opzioni facili, è ora di cambiare film.

 

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