COOP ROSSE... SI’ MA A BILANCIO! – GLI INVESTIMENTI IN MPS, UNIPOL E CARIGE SI MANGIANO GLI UTILI DEI SUPERMERCATI E NEL 2008-2012 CAUSANO UNA PERDITA CUMULATA DI 100 MILIONI

Marcello Zacchè per ‘Il Giornale'

Un miliardo di svalutazioni in 5 an¬ni. È il bilancio delle Coop che, con gli investimenti in Mps, Unipol, Carige si sono mangiate gli utili dei loro super¬mercati, chiudendo il periodo 2008-2012 con un «rosso» cumulato di quasi 100 milioni. La gestione finanzia¬ria, arrivata a produrre margini 10 vol¬te superiori a quella dei supermercati, si sta rivelando un boomerang in tem¬pi di crisi. Per sostenere operazioni fi¬nanziarie e di potere, ultima la creazio¬ne del colosso assicurativo Unipol-Fonsai, le Coop «rosse» hanno trascu¬rato la gestione industriale e ora paga¬no pegno.

Il quadro emerge dai bilanci riclassi¬ficati degli operatori della grande di¬stribuzione messi a confronto dall'uffi¬cio studi R&S di Mediobanca. Il cam¬pione assoluto tra i «super» è l'Esselun¬ga, che nello stesso periodo ha portato a casa 1,1 miliardi di profitti. Ben di-stanziato il gruppo Pam, comunque in nero per 113 milioni. Seguono le Co¬op, in rosso per 98, e infine il disastro dei francesi, sbarcati in Italia a fine se¬colo scorso per sbaragliare la concor¬renza senza però riuscirci: Auchan ha limitato i danni a 103 milioni, mentre Carrefour ha bruciato ben 2,7 miliar¬di.

La progressione di Esselunga è im¬pressionante comunque la si veda. Per esempio, il fatturato medio dei 144 punti vendita è di 47 milioni. In prati¬ca, ogni supermercato è più grande di una media impresa italiana, che (sem¬pre secondo le stime di Mediobanca) mediamente fattura 42 milioni.

E con un Roe (il rendimento sul capitale in¬vestito) del 22%, più alto di un gruppo come Armani. Il modello-Caprotti vin¬ce grazie alla strategia dei megastore (3mila metri quadri in media, il dop¬pio di quelli Coop) e all'efficienza com¬plessiva: 333mila euro di fatturato per dipendente e 49 lavoratori ogni mille metri quadri contro, rispettivamente, i 221mila euro e i 33 dipendenti delle Coop. Queste ultime, come aggregato delle 11 cooperative di consumo italiane, hanno la maggior quo¬ta di mercato, con il 15,3%, grazie a un fat¬turato di 11,6 miliardi, quasi il doppio dei 6,7 miliardi dell'Esselun¬ga (mentre i due fran¬cesi insieme valgono 10 miliardi, quasi co¬me le Coop).

Ma a rendere le coo¬perative più fragili e meno efficienti è il mo¬dello¬banca, con annesse relazioni fi¬nanziarie e di potere. In altri termini, il modello delle Coop «rosse», fortissi¬me in Emilia, Tosca¬na e Marche, non è al solo servizio della grande distribuzio¬ne, bensì rappresen¬ta un polmone finan¬ziario utilizzato, al¬meno per la parte che si conosce, a soste¬gno di operazioni fi¬nanziarie. Il meccani¬smo Coop prevede, infatti, che i soci la possano utilizzare co¬me una banca, ver¬sando i propri risparmi a titolo di «pre¬stiti».

Siamo di fronte a un colosso da 10,4 miliardi di raccolta e 11,3 miliardi di partecipazioni in portafoglio. Tra queste la holding Finsoe di Unipol per 1,2 miliardi; Lima srl (scatola con un al¬tro 3% di Unipol) per 159 milioni; il 5,5% di Mps per 223, l'1,6% di Carige per 72 milioni. Forse sarebbe stato meglio per le Co¬op (e i loro soci) provare a competere con Esselunga e gli altri concentrand¬o¬si e investendo di più sullo sviluppo e il mercato della grande distribuzione che sul quello di banche e assicurazio¬ni.

 

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