LA DEMOCRAZIA SECONDO FACEBOOK - GLI UTENTI DEL SOCIAL NETWORK CHIAMATI ALLE URNE - IL VOTO, CHE COINVOLGEREBBE UN MLD DI PERSONE MA CHE HA UN QUORUM SOLO DEL 30%, HA DEL PARADOSSALE: SI DECIDE SE VOTARE IN FUTURO SUI CAMBIAMENTI RIGUARDANTI LA POLITICA DELLA PRIVACY - SE CI SI VUOLE DOCUMENTARE IN PROPOSITO, BASTA LEGGERSI UN FARDELLO DA QUASI 20 MILA PAROLE - SE DOVESSE VINCERE L’ASTENSIONISMO, DECIDERÀ MR. ZUCKERBERG…
Giuseppe Marino per "il Giornale"
Non si può votare scheda bianca e nemmeno infi¬larci dentro una fetta di mortadella e scriverci «e ora mangiatevi pure questa», co¬me nella nota leggenda metro¬politana tanto antica da far sospettare che l'antipolitica sia nata prima della politica. Face¬book chiama al voto il suo ster¬minato popolo, ma dà solo tre possibilità : sì, no o astensione. Sul piatto c'è una modifica del¬la governance di Facebook: vo¬lete voi approvare o bocciare la proposta di restringere il diritto di voto sui futuri cambiamenti delle regole?
A farla semplice, è come se domani venissimo chiamati alle urne per votare un referendum che cambierà la Costituzione in modo che, se vincono i sì, per i futuri cambiamenti il voto sia sostituito da sondaggi d'opinione e messag¬gi d'avviso. Votare per rinuncia¬re a votare, insomma. Se ce lo proponesse lo Stato, parlerem¬mo di un tentativo di golpe bian¬co. Ma il web non doveva esse¬re la madre di tutte le nuove for¬me di democrazia?
In realtà il meccanismo inter¬pella i fondamenti stessi del meccanismo elettorale in mo¬do ancor più profondo. Sulla carta, il referendum di Face¬book è un'operazione demo¬cratica di portata pari soltanto alle elezioni in India, la più po¬polosa democrazia del piane¬ta. Vengono chiamati a espri¬mersi un miliardo di iscritti, pur senza pubblicizzare la cosa in modo particolarmente visibi¬le all'utente medio. All'ameri¬cana: si vota, ma lo Stato non bussa a casa dell'elettore per ri¬cordarglielo (in America sono soprattutto i partiti a impegnar¬si per aumentare la partecipa¬zione, superando lo scoglio del¬la registrazione nelle liste elet¬torali, che è rimessa alla volon¬tà dell'individuo).
Il quorum previsto, 300 milioni di votanti, sulla carta è basso: il 30% è mol¬to meno del 50 previsto dai no¬stri referendum abrogativi. E ci sono pure gli «osservatori inter¬nazionali» a garantire la traspa¬renza della consultazione: vigi¬lerà un ente indipendente. Dunque è il sogno del grillismo realizzato? Al contrario: il voto di Facebook rivela in modo pla¬stico come sul web sia ancor più facile svuotare il gesto elet¬torale del suo valore democrati¬co.
Innanzitutto, se il quorum non sarà raggiunto, il referen¬dum non sarà vincolante, dun¬que il «presidente» Zuckerberg deciderà di testa sua. E la deci¬sione di restringere il diritto di voto è maturata proprio perché in una precedente consultazio¬ne si erano espressi appena in 300mila, cioè lo 0,03% degli aventi diritto. Come se alle Poli¬tiche italiane si presentassero alle urne solo gli abitanti di un condominio (ipotesi che, se lo scenario politico continua co¬sì, non è da considerarsi del tut¬to irrealistica).
Gli snodi cruciali del cy¬ber¬voto non sono poi così dissimili da quelli reali: in¬nanzitutto bisognerebbe avere un'idea chiara della proposta poli¬tica. E passi che Facebook non organizzi tri¬bune politiche e non vari una legge sulla par condicio, ma fa di peggio: per capire su cosa vo¬tare, bisogna leggere due docu¬menti che, sommati, ammonta¬no a poco meno di 20.000 paro¬le: la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo ne conta 1.876, la Ma¬gna Charta 4.900, la Costi¬tuzione italia¬na 8.176.
I do¬cumenti che ci spiegano la politica della privacy e la go¬vernance di Facebook so¬no più prolissi di questi tre capisaldi della vita democratica messi insieme. A questo punto è facile prevede¬re che, poiché non si può spedi¬re la mortadella via mail, preval-ga l'astensione. Eppure ci sono in ballo anche aspetti che han¬no provocato una certa mobili¬tazione nel mondo web, come la possibilità per Facebook di condividere le nostre informa¬zioni personali con altre appli¬cazioni, come Instagram, una rete sociale che permette di condividere fotografie: contro questa possibilità si sono già schierati vari enti per la tutela dei diritti degli internauti.
L'altra possibilità è che una pressante mobilitazione spin¬ga una più larga fetta di utenti di Facebook a votare in massa, ma alla cieca, cioè senza docu¬mentarsi davvero. Si dirà che anche nella realtà politica non virtuale sono in pochi a vo¬tare con cognizione di causa. Vero. Ma almeno piantiamola di sproloquiare di internet co¬me strumento della vera democrazia.
Dopo aver votato si pos¬sono controllare i risultati par¬ziali. Io mi sono espresso per il sì al¬le nuove regole: che Facebook usurpi i miei dati e decida come vuole senza che lo spettro di una finta democrazia si aggiri nel mio computer. Comunque sono in minoranza: i no per ora vincono 160.000 a 19.000. Ma il quorum è lontano quanto la de¬mocrazia dalla Corea del Nord.





