1. LA DISFATTA DEL BAHREIN, CON MONTEZEMOLO CHE ABBANDONA LA PISTA PRIMA DELLA FINE DELLA GARA, SEGNA IL PUNTO PIÙ BASSO DELLA STORIA RECENTE DI MARANELLO 2. UMILIATO ANCHE DALL’EX JEAN TODT: “QUESTA NON È LA REPUBBLICA DELLA BANANE, NON SI PUÒ CHIEDERE DI CAMBIARE LE REGOLE PERCHÉ C’È QUALCUNO CHE STA PERDENDO” 3. L’ANNO SCORSO HA PROVATO A FARE MODIFICHE A METÀ STAGIONE PER INSEGUIRE VETTEL E L’AERODINAMICA DELLA REDBULL. MA PER LO STESSO ALONSO ERANO STATE INUTILI 4. QUEST’ANNO, COL RITORNO ALLA “FORMULA1 DEI MOTORI”, DOVEVA ESSERE UN’ALTRA STORIA. INVECE DOMENICA SCORSA HA ACCUMULATO 30 SECONDI DI RITARDO IN 6 GIRI, CON DUE PILOTI CAMPIONI (DI CUI UNO “ANZIANO”) CHE LOTTAVANO PER IL NONO POSTO 5. LA TESTA DI DOMENICALI, CHE DA QUANDO È AL COMANDO (2008) NON HA VINTO QUASI NULLA, RISCHIA DI SALTARE PRESTO. MA I PROBLEMI SONO TROPPI, E LICENZIARE NON BASTA 6. BASTA IL CASO DI ALDO COSTA: LUCHINO E DOMENICALI LO HANNO SEGATO NEL 2011. E LUI DUE GIORNI FA ERA NEL PADDOCK MERCEDES A FESTEGGIARE UNA VITTORIA STRAORDINARIA

1 - I 5 ERRORI DI MONTEZEMOLO
Tommaso Lorenzini per "Libero quotidiano"

Il vero problema della Ferrari è che non c'è un solo problema. E questo rende molto più complicata la ricerca di soluzioni capaci di portare la Ferrari F14T a quella competitività mai avuta. La power unit non scarica tutta la potenza, la frenata elettronica con recupero di energia non è così efficace (e Raikkonen continua a capirci poco), il flussometro FIA per la benzina non pare adeguato al motore sviluppato a Maranello, anche se questo è un grattacapo comune ad altre squadre.

Tante le situazioni da analizzare e risolvere, altrettante le responsabilità che piovono dall'alto. Ovvio che Luca Cordero di Montezemolo non sia direttamente coinvolto nelle operazioni in pista e nel box, certo è che la sua gestione non è immune da errori. Il primo risale alla stagione scorsa,quando fino all'ultimo ha imposto di tentare la rimonta sulla Red Bull: ma recuperare il gap da Vettel era impossibile già da fine luglio, lo ha svelato Alonso a dicembre rivelando che le modifiche estive non erano servite. La Ferrari lo sapeva, doveva mollare e concentrandosi già sul 2014: è quello che ha fatto la Mercedes, se ne vedono i risultati.

C'è poi la barzelletta delle regole da riscrivere contro la «Formula Noia». Il Gp del Bahrain è stato fra i più movimentati e la risposta di Jean Todt, ex sodale di Montezemolo, tranchant: «Questa non è la repubblica della banane, non si può venire qui alla FIA a chiedere di cambiare le regole perché c'è qualcuno che sta perdendo».

E a proposito: dove era la Ferrari quando i team sottoscrivevano il nuovo regolamento? A questo si aggiunge la mossa "alla Schettino" di andarsene dal circuito del Bahrain a gara in corso: politicamente, una figuraccia. Capitolo piloti: perché il presidente ha avallato il ritorno di Raikkonen, 34 anni? Gli altri team hanno ringiovanito (Ricciardo, 24 anni, Red Bull; Magnussen, 21, McLaren; Bottas,24,Williams; Perez, 24, Force India) pensando in prospettiva; la Ferrari ha scelto il finlandese (capace di fare ombra ad Alonso) in quale ottica? Forse nel 2015 è previsto l'arrivo di Vettel e l'addio ad Alonso?

Ultima, ma non ultima, la riconferma di Stefano Domenicali come team principal. Riduttivo imputare a lui le colpe di motoristi, telaisti e degli altri ingegneri. Ma a lui fanno capo, un capo ha ottenuto come vittoria il solo titolo Costruttori all'esordio nel 2008 e due beffardi secondi posti di Massa (2008) e Alonso (2010). Poi solo delusioni.

Domenicali non è mai stato seriamente in discussione ma sono saltate teste come quella di Luca Baldisserri (ingegnere di pista di Schumi) e Aldo Costa (oggi responsabile del telaio Mercedes). A evitare il fisco totale ci proverà Alonso (al peggior avvio di stagione in Ferrari), rimasto a Sakhir per la sessione di test. Poche le cose da provare, si cercherà di ottimizzare il materiale a disposizione, sperando che fra due settimane il circuito di Shanghai aiuti a celare le debolezze, in attesa di novità vere per Barcellona.


2 - DISASTRO FERRARI, ORA NESSUNO È AL SICURO
Arianna Ravelli per il "Corriere della Sera"

Per vedere una squadra che irride gli avversari così come ha fatto la Mercedes, producendosi in casa lotta e spettacolo, bisogna tornare alla McLaren dell'88, quella di Senna e Prost (per capire a cosa andiamo incontro, quel team vinse 15 gare su 16). Per vedere una Ferrari così maltrattata in pista bisogna probabilmente tornare indietro a certi Gp dell'annus horribilis 2005, tipo Monza, e che ormai sembravano materiale di aneddotica da paddock. Quella in Bahrein è stata una disfatta, attesa, ma pur sempre una disfatta: 1''5, quasi 2'' al giro è un distacco che la Rossa semplicemente non può incassare.

A Maranello nessuno può dirsi al sicuro. Il presidente Montezemolo che se ne va deluso prima della fine è foriero di tempesta. Stefano Domenicali ieri era già in ufficio molto amareggiato e ancora più arrabbiato: nel mirino gli ingegneri motoristi, ma non solo. Il team principal della Ferrari pensa di aver fornito alla squadra negli ultimi anni tutto ciò che serve per vincere: strumenti, strutture, una diversa organizzazione, persino due piloti campioni del mondo che non meritano certo di lottare per la nona posizione. Eppure, i risultati non si sono visti.

Perché? E, soprattutto, ora che succede? L'era Red Bull è stata caratterizzata dal dominio dell'aerodinamica ed è noto quanto la Ferrari fosse indietro per cultura (non a caso ai vertici della direzione tecnica sono stati messi ingegneri inglesi) e strutture (i problemi della galleria del vento, ora risolti). Così si aspettava il ritorno della Formula 1 dei motori come l'alba di una nuova era. Ma adesso a contare è una tecnologia di motori ibridi in cui la Mercedes, grazie alla sua produzione in serie, è più avanti di tutti.

Qualche numero: a Maranello lavorano 200 motoristi, a Brixworth 650, per tacere della potenza di fuoco disponibile a Stoccarda. Ma è una spiegazione, non una giustificazione. La Ferrari, come ripetono per primi i rossi, ha tutti gli strumenti per fare almeno bella figura. E poi oltre il motore c'è di più: la Mercedes è anche la miglior macchina quanto a telaio e aerodinamica e la Ferrari, in questo, è dietro anche alla Red Bull. Insomma, in tanti non hanno lavorato al meglio.

Secondo le ultime voci il segreto delle frecce d'argento starebbe nella differente distribuzione degli elementi della power unit. Una distribuzione attorno alla quale è stata disegnata la macchina fin dall'inizio: ecco perché Force India, McLaren e Williams (che hanno ricevuto più tardi le informazioni sugli ingombri) prendono 1'' al giro.

A Maranello sostengono di sapere dove mettere mano: a partire dal prossimo Gp di Cina è previsto un piano di sviluppo costante. È vero che un progetto così nuovo ha grandi margini di crescita, ma per esempio il motore è congelato. E l'impressione è che la Mercedes sia già scappata. Servirebbe un radicale cambio di marcia. Con le stesse persone? Fino al ritorno in Europa, con il Gp di Barcellona, non succederà nulla.

Ma il d.t. Pat Fry, il responsabile dei motori Luca Marmorini e lo stesso Domenicali sanno di essere in discussione. La Ferrari negli ultimi anni non ha esitato a usare metodi «calcistici», con la rimozione di Chris Dyer, considerato colpevole di Abu Dhabi 2010, e del d.t. Aldo Costa, licenziato dopo che, a Barcellona 2011, le Ferrari erano state doppiate. Ma proprio l'esempio di Costa, domenica sul podio con i piloti Mercedes, mostra che far cadere le teste non sempre è la soluzione giusta.


3 - LA MERCEDES VOLA ANCHE GRAZIE A COSTA
Arianna Ravelli per il "Corriere della Sera"

Essendo una brava persona, l'ingegner Aldo Costa (foto) non avrà gioito di più perché è salito sul podio stretto dall'abbraccio di Hamilton e Rosberg, proprio mentre il suo ex team sprofondava nelle difficoltà. A Maranello, in fondo, ha lasciato diversi amici. Però un certo sapore di rivalsa il surrogato di champagne alla rosa deve averlo avuto. Una sensazione del tutto legittima: Costa era arrivato in Ferrari nel '95 e per molti anni è stato l'apprezzatissimo responsabile dell'area telaio, per poi essere promosso a direttore tecnico nel 2008 (quando la Ferrari vinse il Mondiale costruttori): ma è in questo ruolo di coordinatore che a Maranello sono cominciate le critiche. Mancanza di aggressività e di fantasia, le accuse principali.

Diciamo che non era certo un tipo spregiudicato come Ross Brawn (in grado di giocare sul filo e anche un po' oltre dei regolamenti), di cui sarebbe dovuto diventare l'erede. Sostituirlo nel corso del 2011, dopo il flop di Barcellona (non il massimo dell'eleganza), è stata una delle scelte più difficili di Stefano Domenicali, anche sul piano personale.

Costa si è trasferito in Inghilterra con la moglie e ha ricominciato. Ha sempre avuto pochissima voglia di parlare della sua ex squadra, ma ha anche sempre considerato la sua rimozione una mossa dettata dall'emotività, dicendosi felice di lavorare per un team anglosassone (nello spirito), più paziente, freddo e razionale.

Evidentemente era l'ambiente che gli serviva. Alla Mercedes che ha assunto quattro ex direttori tecnici (Paddy Lowe, Geoff Willis, Bob Bell e appunto Costa) l'ingegnere nato a Parma è tornato a occuparsi del telaio, la sua specialità. Come si vede dalla pista, con ottimi risultati. Perché le frecce d'argento sono sì le macchine che hanno il motore più potente ed efficiente, ma anche quelle con il telaio e l'aerodinamica migliori (lo si vede, per esempio, da come non degradano le gomme). E qui il merito è tutto di Costa.

 

 

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