euro banche visco

DOVE SONO FINITI I SOLDI? IN BANCA! - NONOSTANTE LA CRISI ECONOMICA E GLI SCANDALI SOLO NELL’ULTIMO ANNO I DEPOSITI SONO AUMENTATI DI 83 MILIARDI - L’ITALIA NON RISCHIA PIÙ E I RISPARMI NON VANNO A FINANZIARE LA PRODUZIONE

EUROEURO

Andrea Greco per la Repubblica

 

Le paure bancarie di fine 2016 hanno accentuato la tendenza all’accumulo finanziario, già tipica del Dna italiano: 83 miliardi di euro l’anno scorso hanno ingrossato i conti correnti nelle banche nazionali. Malgrado il tasso offerto dagli istituti sia ai minimi storici: uno striminzito 0,09% sulle giacenze libere.

 

Eppure milioni di cittadini, imprese e le stesse banche seguitano a non immettere il denaro nel circuito produttivo. Non nelle aziende, che guidano la lista di chi non scuce i soldi quando si tratta di autofinanziarsi. Non (troppo) nei fondi comuni, e il minimo possibile in quelli azionari. Non nei consumi, come dimostra il fatto che in Italia è tornata la deflazione, il calo dei prezzi che non si vedeva dal 1959.

 

Così il volano dell’economia diventa palude, dove si passa la giornata e si declina in modo lento e progressivo. Dalla fine del 2007 l’ammontare dei depositi bancari — composto da conti correnti, conti vincolati e pronti contro termine — è aumentato da 1.000 a 1.367 miliardi di euro, sui quali le banche pagano un tasso medio dello 0,40% (i dati vengono dal bollettino di gennaio dell’Abi, che li raccoglie dagli istituti e li elabora con le serie storiche di Banca d’Italia, Assogestioni Ivass e altri).

 

BANCHEBANCHE

Anche depurati dal crollo delle obbligazioni bancarie, che nel periodo sono calate da 512 a 309 miliardi (-209) la maggior liquidità è di 164 miliardi. Della caduta dei bond, pari al 20% nel 2016, si è molto scritto, avendone diverse banche abusato fino a minare la fiducia degli investitori (come dimostrano le vicende dei 788 milioni di euro di bond subordinati delle quattro banche ponte, o dei 5 miliardi di titoli a rischio targati Mps).

 

Ma i cittadini, che a parole giocano al “dalli al bancario”, continuano ad affidare quel poco che rimane dei redditi agli sportelli, senza parere. Di questi mille miliardi che attingono dai conti correnti per svolgere la funzione di trasformatrici di scadenze, le banche ne fanno più o meno quel che segue. Circa 175 miliardi, pari al 7% (dove più dove meno) degli attivi bancari totali è tenuto in cassa per ragioni di stabilità, pronta alle emergenze, sia perché lo raccomandano i regolatori con controlli anche quotidiani, sia perché la percezione del rischio bancario è su livelli altissimi.

 

Altri 400 miliardi gli istituti li investono in titoli di Stato, spesso lucrando la differenza di rendimento. Il resto va nel mare magno di fidi a breve e scoperti di conto, il sospirato credito a medio e (meno) lungo termine. «Le banche, un po’ come i cittadini, sono in una condizione di prudenza forse eccessiva — dice Giovanni Bossi, ad di Banca Ifis — per loro si tratta di un’inefficienza, ma per i clienti è un fattore di tranquillità. Comunque è talmente difficile avere impieghi a reddito che se spingessimo troppo prestiti e altri impieghi, potrebbero salire i rischi e scendere i tassi». Qui emerge il primo difetto della “prudenza tutti insieme”: gli economisti la chiamano prociclicità, ne abbiamo visto i danni quando l’austerity acuiva i cicli recessivi.

 

BANCHEBANCHE

Consideriamo invece cosa si potrebbe fare anche solo con quei 164 miliardi messi nel materasso bancario: se investiti in un fondo azionario globale negli ultimi cinque anni avrebbero reso fino al 75%, di più se asiatico, poco meno se europeo. Ancor meno se a Piazza Affari (+25%), ma sempre un multiplo dello 0,40% annuo composto del c/c. Se investiti invece nel capitale di un’azienda, con attesa di rendimenti attorno al 6% annuo, anche depurati dal tasso di default medio (2%) avrebbero reso il decuplo dei depositi bancari. Solfa simile comprando bond di grandi aziende italiane o multinazionali.

 

Ma niente attira i connazionali come il calduccio stantio del “conto”. Secondo i dati territoriali di Bankitalia, gli aumenti maggiori si registrano proprio nelle regioni più operose, che dovrebbero dare l’esempio: Trentino Alto Adige (+8% l’ultimo anno), Lombardia (+6%), Veneto (+5,6%), Piemonte (+4,8%), Friuli Venezia Giulia (+4,3%), Emilia Romagna (+4%).

IGNAZIO VISCOIGNAZIO VISCO

 

Anche passando dai flussi alle consistenze, la paura resta il principale consulente finanziario degli italiani. La “torta” della ricchezza finanziaria delle famiglie, aggiornata a giugno 2016 (quindi ora è peggio) è talmente liquida che si sorbirebbe in un bicchiere. Su 4.005 miliardi di euro il 32,3% sono banconote, monete, depositi, +3,7% su base annua. Poi vengono polizze vita, fondi pensione e Tfr, un quinto del totale e in crescita del 6,4%.

 

Uno zero virgola sotto c’è la previdenza complementare stanno azioni e partecipazioni: falciate del 17% in un anno (e per giunta la gran parte sono azioni degli stessi imprenditori). Un altro quinto se lo dividono in parti quasi uguali fondi comuni (+1,3%) e obbligazioni (-12%, anche per il crollo delle bancarie).

 

Perché si continua a investire così poco e male in Italia? «Gli italiani hanno disamore per il capitale di rischio e l’imprenditorialità, e amano tutto ciò che assimilano a certezza finanziaria come titoli di Stato, bond bancari, libretti di risparmio postale, depositi — dice Alberto Foà, presidente di Acomea Sgr — questo atteggiamento, frutto di decenni di egemonia culturale dei partiti di matrice cattolica e comunista, li ha portati nel tempo ad allocare molto male una ricchezza finanziaria molto elevata

 

Si aggiunga che governo e autorità non hanno contribuito a mutare le cose, così si sono perse micidiali occasioni di guadagno». Foà ricorda la riforma del governo Monti che ha disallineato l’aliquota su azioni e bond, pari al 26% rispetto al 12,5% dei titoli di Stato, anche stranieri: «Ogni norma ha valore pedagogico». Anche di recente il governo ha perso un’occasione: nel defiscalizzare l’investimento per fondi pensione e casse previdenziali (fino al 5% degli attivi) nel capitale di aziende non quotate, non ha voluto azzerare le tasse se gli stessi puntano sul debito delle stesse aziende.

VISCO DRAGHIVISCO DRAGHI

 

«Forse il governo temeva di assimilare il debito privato al debito pubblico, creando un buco fiscale — dice Giovanni Landi, vice presidente di Anthilia Sgr —. Ma bastava definire il perimetro, anziché dare un segnale negativo a chi vorrebbe aiutare le imprese italiane ad affrancarsi dalla schiavitù bancaria ». Ma qui entriamo nel tecnico: e non va bene. Perché «il livello di cultura finanziaria degli italiani è tra i più bassi riscontrati nelle economie avanzate», hanno autorevolmente sancito Bankitalia, Consob, Covip, Ivass in un recente censimento. Da cui esce che solo un italiano su tre conosce il significato di inflazione, tassi d’interesse, capitalizzazione composta, diversificazione del rischio.

EUROEURO

 

Ultimi Dagoreport

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO