FINMECCANICA, UN’AZIENDA IN MANO A DUE NAZI-COATTI - IL MISTERO SUL POTERE DI LORENZO COLA, DA GUARGUA ALLA CIA, S’INFITTISCE LEGGENDO LE CARTE DEL PROCESSO - IL FASCIO MOKBEL: “A COLA GLI AVREI DATO UNA SEDIATA, SI SENTIVA TROPPO POTENTE” - VISTA LA SITUAZIONE, I FRANCESI DI THALES METTONO GLI OCCHI SUI GIOIELLI OTO MELARA E WESS, CHE FRUTTANO UN SACCO DI SOLDI. E ORSI GLI AVREBBE DETTO “SE NE PUÒ PARLARE” - L’AMICIZIA TOSCANA TRA GUARGUAGLIONE E L’EX MINISTRO MATTEOLI…

1- "COLA? L'AVREI PRESO A SEDIATE"...
Lirio Abbate ed Emanuele Fittipaldi per "l'Espresso"

"Cioè dottore io gli avrei dato una sediata, glielo giuro". Gennaro Mokbel non aveva grande simpatia per il suo socio in affari Lorenzo Cola. In un interrogatorio inedito l'imprenditore arrestato per le inchieste Fastweb e Digint racconta i suoi incontri con l'ex consulente di Finmeccanica. Al primo incontro Mokbel chiede a Cola di essere preciso nei dettagli dell'affare Digint. "(Cola mi disse) "E se ti arrabbi che fai? Devi stare calmino con me..." 'sto milanese. Io le giuro dottore che mi sono veramente tenuto".

Al secondo incontro Cola arriva parlando al cellulare: Mokbel, Marco Iannilli, il senatore Di Girolamo e gli altri della banda devono aspettare per venti minuti. "Io faccio a Marco, "guarda questo mi sta veramente a innervosire... qua finiamo male, Marco... io dopo 20 minuti che questo non ha mai attaccato il telefono mi alzo e me ne vado". Il terzo incontro è invece al ristorante di Mokbel, il Filadelfia.

"Cola era arrivato con una Jeep. Lui manda via Iannilli. Gli faccio: "Senti, Lorenzo, è proprio il tuo modo di fare? Io non so che c'hai in testa te che ti senti così potente, però ti dico una cosa: tu ti puoi sentire potente quanto ti pare, se questo affare non va in porto dopo ce la vediamo io e te, poi mi fai vedere quanto sei potente". E arriviamo a fare a chi era più coatto, come si dice a Roma. E lui sempre con questo sorrisetto, ma proprio così, ti sghignazzava in faccia, da prendere proprio... di mettergli un dito dentro un occhio gli avrei messo, però mi toccava abbozzare". Già: gli affari prima di tutto.


2- CECINA CAPUT MUNDI...
Carlo Giorni per "l'Espresso"


L'ultima volta che si sono visti in pubblico è al Bolgheri melody, il festival canoro nella tenuta del marchese Niccolò Incisa della Rocchetta, il patron del Sassicaia, e sponsorizzato da Finmeccanica. "Normali rapporti tra conterranei", quelli tra Pier Francesco Guarguaglini e Altero Matteoli, precisa lo storico Luciano Bezzini. Ma fatto sta che l'affaire Finmeccanica fa di Cecina una sorta di caput mundi.

Da lì, dalla città che Dante pone a confine della Maremma infestata di cinghiali provengono sia Guarguaglini che Matteoli, uniti anche dal tifo calcistico bianconero (il primo da ragazzo giocava nel campetto di Bolgheri e indossava la maglia del Donoratico mentre il secondo è stato di recente a un passo dall'acquisto del Cecina).

Anche se, per la precisione, i natali di Guarguaglini, sono avvenuti nel 1937, a una trentina di chilometri da Cecina, in quel di Castagneto Carducci, dove il papà di Pierfrancesco, Arcangelo, era medico condotto. A Cecina, il giovane Pierfrancesco frequenta il liceo scientifico e rimane estasiato dalle lezioni di Carlo Cassola, lo scrittore della "Ragazza di Bube". Matteoli, tre anni più giovane, è invece cecinese doc.

Influenzato da un avvocato di Cecina, Oreste Adami, si iscrive al Msi. Mentre Guarguaglini segue la carriera di manager, Matteoli fa il politico, da semplice consigliere comunale a Livorno fino a ministro in tutti i governi Berlusconi. Nonostante gli impegni in Finmeccanica, Guarguaglini torna ancora spesso a Cecina, dove abita il fratello Mauro, 78 anni, e a Castagneto, dove possiede due ville.


3- I FRANCESI DI THALES VOGLIONO I GIOIELLI DELL'INDUSTRIA BELLICA...
Marco Sodano per "la Stampa"

L' Italia mette in vendita i gioielli di famiglia? C'è chi si è già fatto sotto: magari anche sperando che, come accade quando una famiglia è in difficoltà, si possano fare buoni affari giocando al ribasso. Di privatizzare parti delle grandi compagnie pubbliche italiane s'è parlato più volte di recente. In molti in giro per il mondo avranno fatto un pensierino su Finmeccanica, il gruppo nel quale sono concentrati alcuni dei business italiani più ricchi, tutti in settori ad altissimo contenuto tecnologico: dalla difesa all'aerospazio ai trasporti ferroviari.

I francesi, poi, sono passati rapidamente all'azione. Nei giorni scorsi Luc Vigneron, numero uno di Thales (società francese che è già in affari con Finmeccanica) è stato in Italia. Ha messo gli occhi su due gioielli di caratura importante. Il primo è la Oto Melara di La Spezia, che produce sistemi di arma: è conosciuta in tutto il mondo soprattutto per i cannoni navali, e fornisce le Marine militari di cinquanta Paesi in giro per il globo. Per intenderci, ha clienti dagli Stati Uniti all'Australia. Impiega 1200 persone, nel 2010 ha prodotto ricavi per 414 milioni di euro, forte di un portafoglio ordini di 461 milioni.

Secondo gioiello, la Wass di Livorno. Un altro pezzo di storia dell'industria bellica italiana e mondiale, uno dei principali produttori italiani di siluri. Fu proprio il papà della Wass, l'ingegnere inglese Robert Whitehead a fondare l'azienda nel 1875 a Fiume, allora nel territorio dell'Impero austro-ungarico: si chiamava Torpedo fabrik von Robert Whitehead, ed era il primo impianto al mondo per la produzione di siluri.

Il via libera alla nuova arma era arrivato da una commissione della Marina Imperiale austriaca, e per quella l'azienda lavorò per tutta la Grande Guerra fino a che Fiume, nel 1924 non passò all'Italia. Il gruppo fu rilevato allora dall'ingegnere italiano Giuseppe Orlandi. Dopo la seconda guerra mondiale, persa Fiume in favore dalla Iugoslavia, il Silurificio Fiume (così lo aveva ribattezzato Orlandi) fu trasferito a Livorno, dove nel frattempo aveva aperto una filiale.

Oggi gli stabilimenti Wass (la W del nome continua a ricordare il fondatore Whitehead) sono anche a Napoli e a Genova, con distaccamenti negli arsenali di La Spezia e Taranto. La produzione è rimasta quella, per così dire, tradizionale: siluri, sistemi di lancio, contromisure antisiluro per navi e sommergibili e più sofisticati sistemi sonar (in omaggio al principio per cui nell'industria bellica chi produce un'arma produce anche i sistemi per contrastarne gli effetti). Lavora in oltre 15 Paesi: il 70% della produzione va all'estero e tra i committenti ci sono Francia, Danimarca, Polonia, Australia, Malesia, India e Stati Uniti.

Tornando ai giorni scorsi, Vigneron ha incontrato l'amministratore delegato (da ieri anche presidente) di Finmeccanica Giuseppe Orsi. Ha messo sul tavolo l'interesse di Thales per le due società italiane convinto, racconta chi ha seguito il dossier, di sentirsi rispondere picche almeno in uno dei due casi. Un via libera a discutere di uno dei due affari, per il francese, avrebbe già rappresentato un bel colpo.

E invece, a un Vigneron sbalordito, Orsi avrebbe risposto che perché no, se ne può parlare, in un caso come nell'altro. Anche perché pare che dentro la stessa Finmeccanica i settori in cui operano Wass e Oto Melara non siano più considerati vicinissimi al core business aziendale. Niente più che un via libera a discutere, si intende. Di cifre, offerte, modalità degli scambi non s'è ancora parlato. E chissà che la rivoluzoine ai vertici non metta altro tempo in mezzo. Poi siluri e cannoni potrebbero cambiare nazionalità.

 

 

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