olivetti ivrea passera de benedetti

''IL GIORNALE'' SI VENDICA PER LE PAROLE DI DE BENEDETTI SU BERLUSCONI, CAPITOLO TRE - QUEGLI IMBROGLI PER EVITARE IL CRAC DELL'OLIVETTI: NEGLI ANNI '90 MISE A BILANCIO 123 MILIARDI INESISTENTI E FU CONDANNATO. LA SENTENZA CHE IL 14 OTTOBRE 1999 DICHIARA DE BENEDETTI COLPEVOLE DI FALSO IN BILANCIO, INSIEME AL SUO EX BRACCIO DESTRO CORRADO PASSERA. ORA FINGE DI DIMENTICARE: ''È IRRILEVANTE''

 

Luca Fazzo per ''il Giornale''

 

 

Argent de poche, gli spiccioli che ti ballano in tasca e che nemmeno ti ricordi di avere. Questo, per Carlo De Benedetti, dovevano essere i 123 miliardi di lire che tra il 1994 e il 1996 la sua Olivetti mise a bilancio, e che invece non esistevano nemmeno sulla carta. C'erano invece fondi di magazzino, antiquariato tecnologico ormai invendibile, che nei bilanci di Ivrea venivano fatti figurare come se fossero già venduti. Un'operazione colossale di maquillage dei bilanci di una azienda già pericolante? No, una inezia, un dettaglio così irrilevante che l'Ingegnere se l'era dimenticato.

CARLO DE BENEDETTI E CORRADO PASSERA

 

E si era pure dimenticato di essere stato, per quei 123 miliardi, inquisito, processato e condannato. Ma quando nel 2015, nel processo per diffamazione che aveva intentato a Marco Tronchetti Provera gli chiesero se i bilanci Olivetti fossero mai stati messi in discussione, il padrone di Repubblica insorse con la veemenza dell'orgoglio ferito: «No, giammai!». E quando l'avvocato di Tronchetti gli tirò fuori la sentenza di condanna, sembrò cadere dalle nuvole.

 

DE BENEDETTI TRONCHETTI

«Era una cosa talmente irrilevante che me la sono dimenticata». Una bazzecola. Però, in questi giorni in cui l'Ingegnere si erge ad alfiere della moralità altrui, è interessante andarsi a rileggere quella vecchia e dimenticata sentenza del tribunale di Ivrea. E soprattutto è interessante collocarla in quegli anni difficili, in cui il salvataggio della gloriosa Olivetti da parte dell'ex manager della Fiat sembrava trasformarsi in un disastro, al punto che in Parlamento si parlava di nazionalizzazioni e di commissioni d'inchiesta. Il bilancio del primo semestre del 1996 evidenziava un passivo di 440 miliardi, una voragine.

 

Per salvarsi la faccia, De Benedetti fece uno dei suoi rari sbagli: chiamò in Olivetti un direttore generale proveniente dalla Rai, Renzo Francesconi, fama di mastino dei conti. Presenza lampo: a luglio 1996 Francesconi arriva a Ivrea, a settembre si dimette precipitosamente raccontando che i bilanci che si è trovato davanti sono uno più fasullo dell'altro. Il titolo crolla in Borsa. Si muove il governo, preoccupato che il crollo dell'Olivetti si ripercuota sul sistema bancario, che ha finanziato l'avventura di De Benedetti con quasi duemila miliardi di lire.

 

Per l'Ingegnere, che in quel momento ha ancora sul groppo la condanna per il crac del Banco Ambrosiano (l'assoluzione in Cassazione arriverà due anni dopo) rischia di essere la botta finale. Ecco, è in questa fase di lotta per la sopravvivenza che qualcuno a Ivrea decide di sistemare i bilanci alla bell'e meglio. Di tutte le accuse di Francesconi, è l'unica che porterà a una condanna: destinata a venire inghiottita qualche tempo dopo dalla riforma delle norme sul falso in bilancio.

CARLO DE BENEDETTI AI TEMPI DELLA OLIVETTI

 

De Benedetti anche stavolta sembra protetto da quello che gli americani chiamano l'effetto Teflon: le accuse gli scivolano addosso, non gli restano attaccate. Ma i fatti, anche in questo caso, restano nero su bianco, incontrovertibili, tanto che a Ivrea nel 1999 lo stesso De Benedetti rinuncia a difendersi in aula e chiede di patteggiare la pena. Lo fa personalmente, con una procura autografa inviata al suo avvocato Gilberlo Lozzi, e mettendosi d'accordo con la Procura per una condanna a tre mesi di carcere, convertita (come consente la legge) in una multa da 51 milioni di lire. E questi sì che sono spiccioli, per uno degli uomini più ricchi d'Italia.

 

Ma i fatti, come nel caso dell'Ambrosiano, sono meno ondivaghi delle sentenze. Ed eccoli, cristallizzati nella sentenza che il 14 ottobre 1999 dichiara De Benedetti colpevole di falso in bilancio, insieme al suo ex braccio destro Corrado Passera. Nell'imminenza della chiusura dei bilanci, venivano indicate come crediti le vendite di macchinari che non potevano essere consegnati, per il semplice motivo che non esistevano. Al loro posto, veniva simulata l'uscita di giacenze di magazzino.

 

 «Il fenomeno era complesso e sofisticato, prevedeva anche una modifica del sistema informatico per l'evasione degli ordinativi», in un «disegno fraudolento diretto a fornire un quadro fuorviante circa l le condizioni economiche della società». Un imbroglio, per usare una parola oggi cara a Carlo De Benedetti.

 

 

Ultimi Dagoreport

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…

emmanuel macron

DAGOREPORT – MACRON, DOMANI CHE DECIDERAI: SCIOGLI IL PARLAMENTO O RASSEGNI LE DIMISSIONI DALL'ELISEO? - A DUE ANNI DALLA SCADENZA DEL SUO MANDATO PRESIDENZIALE, IL GALLETTO  È SOLO DI FRONTE A UN BIVIO: SE SCIOGLIE IL PARLAMENTO, RISCHIA DI RITROVARSI LA STESSA INGOVERNABILE MAGGIORANZA ALL’ASSEMBLEA NAZIONALE – PER FORMARE IL GOVERNO, LECORNU SI È SPACCATO LE CORNA ANDANDO DIETRO AI GOLLISTI, E ORA FARÀ UN ULTIMO, DISPERATO, TENTATIVO A SINISTRA CON I SOCIALISTI DI OLIVIER FAURE (MA MACRON DOVRA' METTERE IN SOFFITTA LA RISANATRICE RIFORMA DELLE PENSIONI, DETESTATA DAL 60% DEI FRANCESI) – L’ALTERNATIVA E' SECCA: DIMETTERSI. COSÌ MACRON DISINNESCHEREBBE MARINE LE PEN, INELEGGIBILE DOPO LA CONDANNA - MA È UN SACRIFICIO ARDUO: SE DA TECNOCRATE EGOLATRICO, CHE SI SENTIVA NAPOLEONE E ORA È DI FRONTE A UNA WATERLOO, SAREBBE PORTATO A DIMETTERSI, TALE SCELTA SAREBBE UNA CATASTROFE PER L'EUROPA DISUNITA ALLE PRESE CON LA GUERRA RUSSO-UCRAINA E UN TRUMP CHE SE NE FOTTE DEL VECCHIO CONTINENTE (LA FRANCIA E' L'UNICA POTENZA NUCLEARE EUROPEA E UN POSTO NEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU), COL PERICOLO CONCRETO DI RITROVARSI ALL'ELISEO BARDELLA, IL GALLETTO COCCODE' DI LE PEN, CHE NEL 2014 AMMISE A "LE MONDE" DI AVER RICEVUTO UN FINANZIAMENTO DI 9 MILIONI DA UNA BANCA RUSSA CONTROLLATA DA PUTIN...