NE SENTIREMO DELLE MOK-BEL - IL FASCIO IMPRENDITORE ROMANO GENNARO MOKBEL HA DECISO DI VUOTARE IL SACCO - LA PROCURA LO CONSIDERA IL PROTAGONISTA ASSOLUTO DELLE FRODI DA 2 MLD € DI TELECOM ITALIA SPARKLE E FASTWEB - È AI DOMICILIARI ED È MALATO E STANCO, MA SI DIFENDE CON VIGORE: “NON AVEVO PARTECIPAZIONI NELLE OPERAZIONI TELEFONICHE” - “VOLEVO PARLARE SOLO DAVANTI AI GIUDICI” - DI COSE DOVRÀ CHIARIRNE PARECCHIE...

Adelaide Pierucci per "Il Messaggero"

Ha rotto il silenzio Gennaro Mokbel. Ieri, l'imprenditore romano, vicino alla destra eversiva e considerato dalla procura di Roma «testa» delle frodi carosello da due miliardi di euro di Telecom Italia Sparkle e Fastweb, dopo essersi sempre avvalso della facoltà di non rispondere, ha deciso di parlare. E lo ha fatto per sei ore, in aula, a piazzale Clodio, davanti ai giudici della I sezione in pieno processo Telecom-Fastweb. Ma è stato solo il primo passo. La Corte ha programmato altre tre date per completare il suo esame.

Mokbel è ai domiciliari per motivi di salute e fortemente dimagrito. La barba e il volto segnato da quella che sembra un'evidente sofferenza. Ha però raccontato la sua verità senza mai contraddirsi, tirandosi fuori sia dall'operazione Phuncard che da quella ribattezzata Traffico Telefonico. «Non avevo partecipazioni nelle operazioni telefoniche - ha detto - Non avevo ruoli né per Phuncard né in altro. Ho presentato tra loro alcune persone come Augusto Murri e Augusto Arigoni, che conoscevo da anni. In particolare si è creato questo contatto con la Cmc di Carlo Focarelli, un'azienda molto importante nel settore delle telecomunicazioni.

Tanto che, quando nel novembre del 2006 sono usciti i primi articoli sull'inchiesta e quando poi è stato perquisito dalla finanza l'ufficio di mia moglie, li ho chiamati, volevo capire. Mi sentivo addosso una responsabilità morale», ha spiegato. Da qui l'idea, come ha raccontato, di organizzare un incontro in una villa di Vallauris, in Francia che si è tenuta a marzo 2007. «Chiamai Focarelli che se n'era andato dalla fidanzata in Spagna - ha detto Mokbel - e gli dissi: da cosa vai scappando?». E lui: «È un problema mio di tasse».

Murri, che era a Panama, non voleva rientrare: «Rientri? Mi spieghi». «Ora no, ora no, non rientro», rispose all'inizio. Cercai pure Arigoni, mi imbufalii. Non sapevo cosa avessero combinato. Allora sbottai: «Voglio incontrare tutti, mettete le carte a posto».
«Signor Presidente - ha specificato Mokbel rivolgendosi alla corte - intendevo dire chiarite».

Non sta bene Mokbel, va in giro con le pastiglie in tasca, ma ha il piglio da leader. «Non ho mai voluto parlare prima - spiega a conclusione dell'esame - perché volevo rivolgermi direttamente al tribunale, ai giudici che decideranno». Ha ancora molto da dire, da chiarire. A partire dall'affare Digint, l'inchiesta nata da una costola di Fastweb per la quale insieme a Marco Iannilli (il commercialista del consulente esterno di Finmeccanica Lorenzo Cola, a sua volta vicino all'allora ad Pier Francesco Guargualini), all'ex senatore del Pdl Nicola Paolo Di Girolamo (secondo la procura fatto eleggere da Mokbel con i voti della ‘ndrangheta) e al manager Marco Toseroni, avrebbe impiegato all'estero denaro di provenienza illecita.

I legali di Mokbel, Ambra Giovene e Cesare Placanica, sono sicuri che saprà fornire delucidazioni su tutto: «Nonostante le condizioni di salute ha deciso di collaborare». Sarà in aula il 14 giugno dove è possibile che possa raccontare altri particolari che, a suo avviso, possano scagionarlo.

 

Gennaro MokbelLORENZO COLAPIERFRANCESCO GUARGUAGLINI

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