1- LA SFIDA DA “O LA VA O LA SPACCA” DELL’IMBUFALITO (CON I PARTITI) “LIVOR MONTIS” È GRANDE E HA UN INEVITABILE SAPORE POLITICO: PERCHÉ LA NOMINA DELLA TRIMURTI BONDI-AMATO-GIAVAZZI RAPPRESENTA UN CLAMOROSO SCHIAFFO SULLA FACCIA DI AIRONE PASSERA 2- MA ATTENZIONE: LA TRIPLETTA DEI MINISTRI OMBRA POTREBBE ESSERE LA GOCCIA CHE FA AFFONDARE DEFINITIVAMENTE, PER LA GIOIA DI CARLETTO DE BENEDETTI E DI MONTEZEMOLO, CORRADINO CHE SOGNAVA DI ESSERE ACCOLTO TRA LE BRACCIA DI BERLUSCONI PER RACCOGLIERE L’EREDITÀ DEI VOTI MODERATI E ACCAMPARSI A PALAZZO CHIGI 3- ANCHE SE DIETRO LE QUINTE SI DICE CHE PASSERA ABBIA GIÀ PROMESSO A BERLUSCONI CHE IL NUOVO PRESIDENTE DELL’AGCOM SARÀ FUNZIONALE AGLI INTERESSI DI MEDIASET, UNA NUOVA CONFERMA CHE LA PASSIONE DEL CAVALIERE PER L’EX BANCHIERE È ORMAI TRAMONTATA,E' ARRIVATA LUNEDÌ SCORSO DAL ‘’GIORNALE’’ DI SALLUSTI CON L’ARTICOLO-EPITAFFIO DEDICATO ALL’ESPORTAZIONE DI CAPITALI DEI FRATELLI PASSERA NEL PARADISO FISCALE DI MADEIRA, IN PORTOGALLO

Nei palazzi della politica si chiedono che cosa abbia spinto Monti a infilare nella compagine del Governo tre ministri ombra come Bondi, Amato e Giavazzi.

La tripletta, degna di giocatori come Ronaldo e Messi, ha letteralmente sparigliato i giochi dribblando i partiti all'insegna della furbizia e dell'astuzia. Che il Professore di Varese fosse dotato di un robusto complesso di superiorità piuttosto che di intelligenza, era cosa nota, ma nessuno si aspettava che in un momento di consensi calanti avesse la forza di dare al suo governo quell'impronta tecnocratica che spiazza la politica tradizionale e vuole contenere l'onda dell'antipolitica.

Evidentemente il Professore di Varese si sente forte, anzi fortissimo dell'appoggio del Quirinale e di una BCE che sfiora il ridicolo intervenendo anche sulle province da accorpare. Probabilmente ha capito che dentro uno scenario europeo in movimento per la probabile rottura dell'asse franco-tedesco, c'è un'Italia dei partiti che non ha alcuna intenzione di misurarsi in una competizione elettorale. Ed è questa la ragione che lo ha indotto a introdurre il suo cavallo di Troia dentro il quadro politico e le istituzioni.

Dopo le supertasse e il veto ai doppi incarichi dentro il mondo della finanza, questa è sicuramente la mossa più significativa di SuperMario, un'esibizione muscolare che di colpo ha fatto apparire inadeguati alcuni ministri ed esponenti di quelle istituzioni che hanno il compito di controllare, tagliare, in una parola: governare.

Così risultano spiazzati personaggi come il simpatico presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, il Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio, le diverse Authority, e la Consip, dove sotto la guida del 58enne romano Raffaele Ferrara, lavora con un bel incarico anche Alessia Ferruccio, la compagna di Vittorio Grilli. Agli occhi dell'opinione pubblica questi grand commis appaiono adesso ingiustamente inadeguati e sotto tutela.

Adesso non resta che vedere quale sarà la reazione dei partiti all'arrivo del triumvirato tecnico che sembra una "ideona" fantastica per evitare che Monti paghi dazio qualora sorgessero problemi.

L'operazione di questo governo dei tecnici e delle banche va oltre il coraggio e sfiora la spudoratezza. Spudorato è il reclutamento di un personaggio come Francesco Giavazzi, che fino all'altro ieri bacchettava il collega della Bocconi provocandogli scatti di ira. Che cosa abbia indotto l'economista di Bergamo (laureato in ingegneria elettronica nel '72 e poi dottore in economia al Mit nel '78) ad accettare l'incarico per mettere ordine nei trasferimenti alle imprese, è davvero un mistero. Qui è inutile ricordare l'Ecclesiaste quando parlava di "vanitas vanitatum" (vanità delle vanità), anche se questo attributo ha piena cittadinanza nel mondo accademico dove l'umiltà e l'avidità si nascondono nelle pieghe della competenza.

Resta il fatto che il bocconiano Giavazzi, genero di Francesco Cingano e quindi uomo delle banche e non delle imprese, sembra aver dimenticato di colpo la raffica degli articoli, scritti a quattro mani con l'altro compositore Alberto Alesina, in cui martellava SuperMario sugli attributi. Di quella letteratura, ospitata con voluttà dal cinico Flebuccio De Bortoli sul "Corriere della Sera", basta ricordare l'editoriale del 3 gennaio sulla ricchezza e l'equità, poi quello del 2 febbraio dove incalzava il premier sulla nomina del direttore generale del Tesoro (carica scoperta dopo la promozione del pallido Grilli a viceministro). E che dire dell'affondo più recente del 20 aprile dove la spending review e i tagli lineari di Giulietto Tremonti ballavano come i burattini nel teatrino di Villa Borghese?

In quel momento a Palazzo Chigi il premier decise di mettere da parte il "Livor Montis" che nelle occasioni precedenti lo aveva portato a irridere sulle zanzare accademiche dei colleghi professori. Adesso per un gioco misterioso ecco spuntare (attraverso i buoni uffici di De Bortoli) Giavazzi dentro la trimurti dei ministri ombra con il compito di consigliere per le imprese, proprio lui che conosce le aziende soltanto e soprattutto per gli incarichi ricoperti nei consigli di amministrazione.

L'altro personaggio risorto è Giuliano Amato, il Machiavelli in miniatura, astuto come una volpe, e sempre "en rèserve" della Repubblica.

Su questo professore torinese che nel 2008 aveva annunciato la sua uscita definitiva dalla politica, vale la pena di spendere una parola in più e rivelare che secondo i piani concepiti dal Quirinale dopo le dimissioni "spintanee" di Berlusconi, proprio Giuliano Amato avrebbe dovuto salire a Palazzo Chigi. Questa era la volontà di Napolitano che ancora oggi lo considera il suo erede naturale, il futuro Presidente che nel 2013 metterà d'accordo i tre quarti del Parlamento contro le candidature di Romano Prodi e quelle improbabili di D'Alema e Casini.

Che cosa sia successo nelle stanze del Colle per far cambiare idea in favore di Monti rimane un mistero che solo gli storici potranno risolvere. Forse, e non si è lontani dalla verità, nelle ore che hanno preceduto la metà di novembre quando è nato il Governo di SuperMario, c'è stato un pressing sull'asse Francoforte-Londra-Washington così robusto e imperativo da far cambiare idea all'uomo più amato dagli italiani.

Ma rieccolo spuntare il dottor Sottile che sembrava appagato dalla presidenza della Treccani e dall'incarico di advisor in Deutsche Bank, ed ecco riemergere anche in lui il vizietto della modestia accademica che si tradisce con la supponenza quando, all'indomani del reclutamento di Monti, dichiara: "non solo forbici, i partiti tornino a scuola".

La trimurti, per certi aspetti spudorata, si completa con la nomina di Enrico Bondi, l'anziano ex-commissario di aziende in crisi, al quale Monti ha messo in mano le forbici per recuperare 4,2 miliardi. In questo caso abbiamo a che fare con un tecnico puro che oltre ad aver smesso di fumare 80 sigarette al giorno si porta addosso la natura del toscanaccio efficiente e riservato.

Anche lui ha lanciato il suo grido di guerra dicendo che non risparmierà nessuno, ma gli uscieri di Palazzo Chigi e dei vari ministeri sono convinti che di fronte al muro delle caste sarà pronto a buttare la spugna in qualsiasi momento senza nemmeno incassare quei 150mila euro che il Governo gli ha dovuto dargli per obbligo di legge. D'altra parte è una cifra di cui il 77enne manager aretino può fare a meno dopo i 32 milioni di euro incassati per le sue benemerenze nel salvataggio di Parmalat.

La sfida è grande e ha un inevitabile sapore politico perché questa nomina rappresenta un clamoroso schiaffo sulla faccia di Corradino Passera, il Superministro che si trova cinturato e scomunicato dalla spudoratezza di Mario Monti. Oggi l'ex-banchiere sarà a Vicenza per il premio "Città Impresa 2012" e farà sicuramente buon viso all'iniziativa del premier, ma non c'è dubbio che con l'iniezione di Bondi il suo spazio si è drasticamente ridotto.

Quando il 16 novembre ha giurato al Quirinale i trombettieri delle banche e dei giornali l'hanno subito incoronato a Superministro, quasi il numero 2 del Governo con quel pacchetto di deleghe allo sviluppo economico e alle infrastrutture che lo caricavano di compiti straordinari. E lui ci ha creduto tanto è vero che per molte domeniche ha martellato gli italiani esibendosi in televisione con le sue camicine scadenti e con proclami grandiosi.

L'ultimo è stato quello di domenica scorsa quando al Salone del Mobile di Milano ha annunciato trionfalisticamente 100 miliardi di interventi a favore delle aziende, e una revisione della spesa in grado di ridurre i costi inutili. La cifra era pazzesca ma proporzionale alle ambizioni esponenziali dell'ex-banchiere comasco.

Adesso SuperMario con l'entrata in campo del "sarto" Bondi, ha sfilato a Passera il giochino dalle mani, svuotando d'un sol colpo quel ruolo da gigante dell'economia proteso nella ricerca di una "ideona" per salvare l'Italia.

Corradino conosce bene la durezza di Bondi che ha le occhiaie profonde per le notti passate sui conti di Parmalat dove nel marzo 2011 Banca Intesa tentò di costruire una cordata di patrioti italiani in grado di ripetere il copione dell'Alitalia. L'operazione doveva coinvolgere i tre fondi stranieri (già presenti con il 15% dentro l'ex-impero di Tanzi) e chiedeva a personaggi come Luchino di Montezemolo, la Marcegaglia e Fintecna, un impegno di 800 milioni.

Alla fine non se ne fece nulla, e non solo perché i patrioti italiani come al solito non avevano il becco di un quattrino, ma anche per l'atteggiamento passivo di Bondi che pur disponendo di una liquidità intorno a 1,5 miliardi, preferì rispondere che i soldi erano della Parmalat ma anche dei risparmiatori ai quali non si poteva far correre una nuova avventura.

E oggi agli occhi di Passera cinturato e scomunicato, il manager aretino che a Parma è riuscito a far tornare i conti ma non è mai stato capace di fare un'acquisizione, appare come l'uomo che ha consentito ai francesi di Lactalis di conquistare l'impero del latte e non certo come il salvatore della Patria.

Questo ruolo Corradino lo rivendica per sé e se l'è giocato anche nei giorni scorsi su Finmeccanica dove ha preso le difese dell'italianità e dell'integrità del Gruppo guidato dal moribondo Giuseppe Orsi.

Ed è questa l'ultima carta che gli resta tra le mani dopo la spudorata tripletta messa in campo da quel Monti che ha dimostrato più di una volta di non sopportare la sua invadenza.

Ma attenzione: la tripletta dei ministri ombra potrebbe essere la goccia che fa affondare definitivamente, per la gioia di Carletto de Benedetti, Corradino che sognava di essere accolto tra le braccia di Berlusconi per raccogliere l'eredità dei voti moderati e accamparsi a Palazzo Chigi.
Con il Cavaliere peccaminoso c'è stato nei giorni scorsi un forte contrasto a proposito del beauty contest, una scelta che ha fatto rizzare i pochi capelli a Silvio e al fedele Confalonieri. Ma questa ferita non sembra che si possa recuperare rapidamente, anche se dietro le quinte si dice che Corradino, superministro intrappolato, abbia già promesso a Berlusconi che il nuovo presidente dell'AgCom sarà funzionale agli interessi di Mediaset.

A conferma che la passione del Cavaliere per l'ex banchiere è ormai tramontata, bastava leggere lunedì scorso, sul giornale di famiglia diretto da Sallusti, l'articolo-epitaffio dedicato a Corradino dalla penna intinta nel vetriolo di Perna (http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/passera-uccellato-nel-2009-corradino-ha-riportato-in-italia-dieci-milioni-dopo-la-vendita-38426.htm), dove veniva di nuovo dissotterrata l'esportazione di capitali dei fratelli Passera nel paradiso fiscale di Madeira.

 

 

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