bernard arnault tiffany

LA PANDEMIA FA SALTARE I MATRIMONI, PURE QUELLI FINANZIARI: FUSIONI DA 150 MILIARDI BLOCCATE DAL CORONAVIRUS - DA LVMH E TIFFANY A XEROX E HEWLETT PACKARD, FINO ALL'OPERAZIONE SALTATA PER JOHN ELKANN, CHE GIÀ SI PREGUSTAVA I 9 MILIARDI (3 DI PLUSVALENZA) PER LA SOCIETÀ DI RIASSICURAZIONE PARTNER-RE - L'UNICA CHE POTREBBE ANDARE IN PORTO È MEDIASET-VIVENDI: LITIGANO DA ANNI MA IL VIRUS E CERTE SCOPPOLE GIUDIZIARIE POTREBBERO FAR SCOPPIARE LA PACE

Ettore Livini per “la Repubblica - Affari & Finanza”

 

xerox

Questo matrimonio non s'ha da fare. La pandemia ha messo sottosopra il mondo della finanza. E decine di nozze annunciate urbi et orbi alle borse mondiali nell'era pre-coronavirus - per un valore di quasi 150 miliardi - sono saltate a un passo dall'altare. La teatrale rottura tra i gioielli di Tiffany's e il lusso di Lvmh, finito come tanti altri grandi amori agli stracci, è solo la punta dell'iceberg.

 

A inizio 2020 - mentre tutti i listini mondiali flirtvano con i propri massimi - il mondo si è capovolto: il Covid ha messo ko il valore di molti titoli in Borsa lasciando avvolto nella nebbia lo scenario economico dei prossimi mesi. Risultato: decine di fusioni e acquisizioni sono saltate a un soffio dalla firma finale (qualche volta anche dopo).

TIFFANY 5TH AVENUE NEW YORK

 

Affondate dal panico di compratori spiazzati dal timing infelice delle operazioni e dal "no" secco di molti venditori che hanno respinto al mittente le richieste di sconti last-minute "per cause di forza maggiore". L'elenco delle incompiute pandemiche spazia dall'hi-tech al mondo della finanza, dal settore ospedaliero fino a quello aerospaziale: Xerox, dopo un lunghissimo corteggiamento culminato con un'Opa ostile da 34 miliardi di dollari, ha rinunciato a metà marzo alla scalata di Hewlett Packard. "Siamo amareggiati - ha spiegato in un comunicato il compratore mancato - ma la crisi sanitaria ha creato una situazione che ci obbliga a rivedere le nostre priorità".

colazione da tiffany

 

Sul binario morto è finita pure la cessione per 9 miliardi di dollari della società di riassicurazione Partner Re da Exor - società che controlla anche il gruppo Gedi, editore di La Repubblica - a Covéa. I francesi, dopo lo scoppio del coronavirus, hanno provato a chiedere una riduzione del prezzo d'acquisto. Ma da Torino hanno risposto picche perché "la cessione a un valore inferiore a quello indicato nell'accordo" non rifletteva il valore dell'azienda. Il grande gelo sul trasporto aereo mondiale ha silurato invece il matrimonio da 7 miliardi programmato da tempo tra Hexcel e Woodward, due dei fornitori della Boeing.

 

I flop "storici"

Le cause di forza maggiore (e non solo) sono da tempo una delle cause principali dei flop delle grandi operazioni finanziarie o delle loro revisioni al ribasso. Marco Tronchetti Provera, per dire, ottenne uno sconto da 750 milioni di euro sull'acquisto dell'Olivetti - allora capofila di Telecom Italia - dalla finanziaria Bell "per eccesso di onerosità", dopo che l'attacco alle torri gemelle di New York aveva affondato a Piazza Affari i titoli di Ivrea.

 

Le nozze del secolo nella farmaceutica (valore 160 miliardi) tra Pfizer, la società farmaceutica produttrice del Viagra, e Allergan, la "mamma" del Botox sono state fatte saltare direttamente nel 2016 da Barack Obama. Le due aziende avevano annunciato la fusione con le fanfare, sottolineando le straordinarie sinergie. Peccato che il vero motivo del matrimonio fosse l'interesse (la possibilità di spostare la sede legale in Irlanda, dove Pfizer avrebbe pagato molto meno tasse). La prova? Quarantotto ore dopo l'annuncio dell'allora presidente degli Stati Uniti di una norma per impedire questi traslochi "fiscali", l'accordo tra Pfizer e Allergan saltò.

JOHN ELKANN E GIUSEPPE CONTE CON LA MASCHERINA

 

A sabotare intese che parevano a prova di ferro, del resto, possono essere mille motivi. La logica, un classico tedesco, ha mandato in fumo lo scorso anno l'interminabile telenovela delle nozze tra Deutsche Bank e Commerzbank. Le due promesse spose (che in fondo continuano a farsi la corte anche oggi) hanno provato a sedersi a un tavolo per stabilire i contorni della cerimonia e ratificarli in un accordo pre-matrimoniale.

 

JOHN ELKANN CON LA MASCHERINA

Unico problema: una volta fatti i conti delle ricadute della fusione, il numero degli esuberi era indigeribile per il governo tedesco. E la torta nuziale è stata rimessa in freezer. La politica ha messo il suo zampino anche nel fallimento della fusione tra Fca (altra controllata Exor) e Renault. I paletti posti da Parigi hanno convinto il Lingotto a tirarsi indietro - salvo poi avviare le pratiche per il matrimonio con Peugeot - perché era "divenuto chiaro che non vi sono in Francia le condizioni politiche perché una simile fusione proceda con successo".

 

Le separazioni mediatiche

Anche i media italiani sono stati protagonisti negli ultimi anni di due idilli finiti malissimo. Rcs e Blackstone sono ai ferri corti per la questione dell'immobile di via Solferino, storica sede del Corriere della Sera, ceduto al fondo Usa nel 2013 per 120 milioni. Il gruppo di Urbano Cairo contesta la validità dell'operazione in quanto viziata - sostiene - dallo stato di necessità in cui si trovava Rcs. E la questione è ora sul tavolo dei giudici. La madre di tutte le separazioni sul fronte tricolore - per valori in ballo, cast dei protagonisti e vivacità del copione - è quella tra Mediaset e Vivendi. Le tv di Cologno avevano ceduto nell'aprile 2016 la pay-tv Premium (una palla al piede per i conti del gruppo) al finanziere Vincent Bolloré.

BOLLORE BERLUSCONI

 

Quattro mesi più tardi - con Silvio Berlusconi in ospedale - i transalpini hanno stracciato il contratto dando il via pochi mesi dopo a un tentativo di scalata del Biscione, arginato dall'Autorità delle Comunicazioni quando ormai Vivendi era arrivata al 30% del capitale. Da allora le due parti si sono parlate solo via avvocati con richieste di danni incrociate da diversi miliardi e accuse crudissime ("Ci hanno detto che Premium era una Ferrari, invece era una Punto", ha detto il presidente di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine). Ora il vento, complice il mezzo flop del progetto di un network europeo con sede in Olanda del Biscione, sembra essere girato. I protagonisti, con cautela, hanno ripreso a parlarsi. E non è detto che almeno questo burrascoso divorzio finisca per chiudersi con un sorprendente lieto fine.

 

Ultimi Dagoreport

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....