benetton ferragamo del vecchio

LE PANTERE GRIGIE TORNANO IN AZIENDA – I VECCHI FONDATORI DELLE DINASTIE INDUSTRIALI SCALZANO I PARGOLI INADEGUATI E RIPRENDONO LA GUIDA, CON NUOVA ENERGIE, DELLE IMPRESE CHE HANNO LANCIATO – I CASI DI DEL VECCHIO, FERRAGAMO E BENETTON

 

Daniela Polizzi per L’Economia- Corriere della Sera

 

E adesso è la volta di Giuseppe De' Longhi, classe 1934, l' imprenditore artefice del successo della multinazionale dei piccoli elettrodomestici, tra macchine per il caffè, robot da cucina e aspirapolvere, arrivata a 2 miliardi di ricavi. Torna in azienda, dove sta per arrivare anche Massimiliano Benedetti, 47 anni, ingegnere, una carriera in Ynap dove è stato responsabile del marketing . La sua nomina nel board sarà all' assemblea convocata il 19 aprile a Treviso. Obiettivo, integrare le competenze in consiglio nel digitale e nell' e-commerce.

 

leonardo del vecchio

Come dire, il futuro delle aziende può tornare a intrecciarsi con chi quell' impresa l' ha fondata. Anche solo per una fase. In fila ci sono Luciano Benetton, che a 82 anni ha ripreso il timone della United Colors, Ferruccio Ferragamo (72 anni) che ha assunto ad interim le deleghe operative in attesa di trovare un nuovo Ceo, Patrizio Bertelli (71) sempre più impegnato nella gestione quotidiana di Prada. Tutti casi diversi ma che segnano un nuovo ritmo di coinvolgimento dell' imprenditore.

 

L' apripista è stato Leonardo Del Vecchio (82) che nel 2014 ha ripreso le redini della strategia del gruppo, anche per portarlo verso l' aggregazione con la francese Essilor. Obiettivo, creare un campione mondiale degli occhiali e delle lenti il cui esordio è atteso entro il primo semestre di quest' anno.

 

Quando il gioco si fa duro, i fondatori delle aziende rientrano in partita moltiplicando l' impegno nell' azienda, che forse non hanno mai lasciato veramente. Lo fanno senza necessariamente rivestire incarichi operativi. Danno la rotta. Niente a che vedere con situazioni di crisi. Sono tutte aziende che si sono guadagnate il podio, contribuiscono a fare correre l' economia nazionale e portano il made in Italy nel mondo. Sono eccellenze, investono e crescono.

 

luciano benetton imago mundi

Ma è chiaro che devono affrontare cambiamenti profondi. Non solo innescati da Amazon e dalle vendite online che stanno imprimendo una rivoluzione nel mondo del retail, dove peraltro la maggior parte di queste aziende lavora. «Le tecnologie e i social network impongono nuovi modelli e nuovi approcci di marketing, di concezione di prodotto e servizio che implicano trasformazioni profonde nella vendita e nella distribuzione. Il ritorno degli imprenditori che hanno creato le aziende è determinato e reso necessario, anche se solo per una fase, dal bisogno di una migliore convergenza tra strategia della proprietà e azione manageriale», spiega Roberto Crapelli, presidente della società di consulenza Roland Berger in Italia.

 

ferruccio ferragamo

Ferragamo ha preso la carica di ceo al board dell' 8 marzo, dopo l' uscita di Eraldo Poletto (un passato in Furla e Brooks Brothers), rimasto alla guida della griffe fiorentina solo un anno e mezzo. Ma sarà solo per una fase, spiegano nella maison, il tempo necessario per individuare un top manager. Insomma, il gruppo conferma la scelta fatta nel 2006 di affidarsi a una guida operativa esterna alla famiglia.

 

Sono già stati attivati head hunter e relazioni personali della dinastia della moda. Il profilo? Un' esperienza nel lusso globale e dimestichezza nel mondo delle aziende quotate. Ferragamo non vuole cedere l' azienda. Anzi, rilancia. Sarà l' esponente della famiglia fondatrice ad accelerare quel piano impostato nel febbraio dell' anno scorso e focalizzato su marchio, innovazione del prodotto, retail e legame con il cliente.

 

Obiettivo, recuperare anche i margini in un settore complesso nel quale l' ecommerce guadagna posizioni ma non compensa la minore redditività dei negozi «fisici». «Evidentemente l' offerta di manager non è adeguata, dice Crapelli -. Comunque, il ritorno al timone di un imprenditore è sempre un atto di coraggio».

 

miuccia prada e Patrizio Bertelli

Poi c' è Benetton group. E qui il tema è diverso rispetto a quello di altri. Ma il coraggio di Luciano Benetton e della sorella Giuliana forse ancora è più forte. L' azienda che ha inventato il retail nella moda ha macinato profitti fino al 2008. Poi ha smesso di innovare e quei concorrenti a marchio Zara e H&M, nati imitando gli United Colors, hanno superato l' apripista italiano. Aveva provato a passare il timone al figlio Alessandro che alla fine aveva concluso che era meglio trovare un alleato. E forse l' aveva trovato negli Stati Uniti. Non ha funzionato. La soluzione del management esterno nemmeno.

 

E così Benetton ora si fa carico del rilancio. Lo fa ricostituendo il «dream team» con lo storico fotografo Oliviero Toscani e tanti manager della vecchia squadra. Ricomincia dalle cose che avevano fatto la fortuna del gruppo: rifà i negozi e lavora per ricostituire la rete di agenti che all' estero (gli storici «partner») avevano guidato lo sviluppo.

 

alessandro benetton jpeg

Il modello? Un numero più limitato di store immensi e una rete di negozi più piccoli, più accoglienti, che fanno da sponda all' ecommerce grazie alla relazione con il cliente. Il punto di partenza è che Benetton non è Zara: è meno standard, molto più artigianale. La sintesi è che non si corre dietro agli altri. In una seconda fase Benetton prenderà altre figure professionali e avrà bisogno di un profilo che al suo fianco interpreti il momento nuovo.

 

Patrizio Bertelli la sua azienda non l' ha mai lasciata. Ma il cambiamento dei mercati ha moltiplicato il suo impegno e quello di Miuccia Prada, entrambi chief executive, affiancati da manager abituati alle nuove sfide. Il digitale per primo. E la risposta del gruppo Prada è arrivata. «Il 2018 sarà l' anno della ripresa. Ci sono i primi importanti risultati che derivano dalle iniziative strategiche avviate su molti fronti», ha detto con ottimismo l' imprenditore nella conference call di marzo. La griffe quotata a Hong Kong corre. Non solo sulle passerelle o nei negozi.

 

Tra i punti chiave della strategia c' è l' incremento della produttività della rete retail, ma anche l' integrazione tra offline e online, con l' obiettivo da una parte di migliorare l' esperienza del consumatore che entra nei negozi fisici e, dall' altro, di portare l' ecommerce dal 4-5% attuale al 15% nel 2020. Un punto centrale, quest' ultimo, per il gruppo che in Cina, a dicembre, ha tenuto a battesimo il primo portale del lusso, coniando un modello che ora è esteso a livello globale. La spinta dei ricavi è arrivata già la scorsa estate con le nuove collezioni nei negozi, molti rinnovati.

 

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