COME FARANNO I PM A PORTARE IN ITALIA PAOLO LIGRESTI CHE STA NEL TICINO CON IN TASCA UN “FRESCO” PASSAPORTO ROSSOCROCIATO

1 - DAGOREPORT
Paolo Ligresti in Ticino è di casa. Non solo perché da anni ci abita con la famiglia. Ma perché, qui, ha amministrato, a vario titolo, una decina di società. A cominciare dalla Banca Gesfid, di cui era vicepresidente, ceduta tre anni fa alla Pkb Privatbank. Attualmente il suo nome nel registro di commercio risulta legato alla Saint George Capital management, società d'investimenti con sede principale in Lussemburgo, e in via di chiusura, e alla Eleven Stars Consulting, impresa operativa in campo immobiliare.

È stata invece liquidata due anni fa la Atahotel Suisse Sa, di cui Ligresti junior era presidente, e la Sainternational Lugano Branch, dove figurava come amministratore insieme alla sorella Giulia, che ha una casa in affitto, come risulta dagli atti dell'inchiesta, a Celerina.

Il figlio di Salvatore Ligresti, poi, è stato consigliere della Fonsai International Sa e della Sailux Sa. Grande tifoso di calcio e appassionato di golf, fa parte del consiglio d'amministrazione del Milan, ed è titolare della Star Management, azienda che gestisce i diritti d'immagine di campioni dello sport, come Javier Zanetti, Antonio Di Natale. Spesso si recava a Milano, tanto che è stato intercettato in tre utenze diverse, due italiane e una svizzera. Per lui c'era un'auto della polizia in attesa a Chiasso. Pronta a prenderlo in
consegna. Ma non s'è presentato.

Dal Ministero pubblico, contattato da Il Caffè, fanno sapere che contro di lui attualmente non c'è qui alcun provvedimento: dall'Italia non è arrivata per ora alcuna comunicazione. Arriverà? A Torino, in Procura, fanno sapere che chiederanno di interrogare Ligresti per rogatoria. Una volta giunta a Berna la richiesta, si vedrà. Va ricordato che a complicare la procedura c'è il fatto Ligresti junior ha la doppia cittadinanza, con in tasca un "fresco" passaporto rossocrociato.

2 - IL RIFUGIO DORATO DELLA FINANZA D'ASSALTO
Mauro Spignesi per www.caffe.ch

Dalla sua bella casa a Collina d'oro, dove mercoledì ha saputo dell'arresto delle sorelle e del padre, dall'altra parte del lago si vede l'Italia. Un lembo, appena, di Ponte Tresa. Ma Paolo Gioacchino Ligresti, figlio dell'imprenditore Salvatore, la frontiera non ha nessuna intenzione di oltrepassarla. Su di lui pende un mandato di cattura, mentre i familiari sono stati arrestati. Tutti accusati in Italia di falso in bilancio aggravato e manipolazione del mercato, nell'ambito dell'inchiesta Fonsai, società in cui sarebbe stato occultato un buco di oltre 500 milioni di euro. Ma quello di Ligresti, è solo l'ultimo naufragio di un gruppo imprenditoriale che finisce nelle secche ticinesi, nel cantone diventato negli anni il rifugio dorato della finanza d'assalto.

Prima di lui, per restare sempre nel rapporto tra padri e figli, c'era stato il caso di Calisto e Stefano Tanzi, con i riflessi luganesi del caso Parmalat e le indagini della Procura federale che avevano bloccato, arrivando sino a Vaduz, un patrimonio di circa 28 milioni di dollari. Ma la sponda ticinese per gli imprenditori spregiudicati ha sempre funzionato.

Come dimostra l'inchiesta Sogevalor, società di gestione patrimoniale che aveva fatto un crack da 131 milioni di franchi (69 ancora oggi non si sa che fine abbiano fatto) beffando cento clienti, mentre l'ex titolare Pierpaolo Matteuzzi, aveva lasciato in fretta e furia la sua casa di Sala Capriasca facendo perdere le tracce.

E nella storia dei crack, un buco tira l'altro. Come quello più recente nelle casse dell'impresa dell'ingegner Michele Molina, la Ed. Im. Suisse di Davesco, fallita sotto il peso di 10 milioni di franchi di debiti, lasciando a casa oltre 100 dipendenti. Molina, già presidente del consiglio d'amministrazione di Tilo, era rimasto invischiato in Italia per un altro affare, un presunto giro di tangenti, ma la sua posizione è stata poi archiviata.
Porta invece a una fiduciaria in Ticino e a broker italiani, la ragnatela di società dell'ultima puntata della storia della Richard Ginori, leader delle porcellane, controllata negli anni Settanta dal banchiere Michele Sindona poi condannato all'ergastolo e morto avvelenato con un caffè al cianuro in carcere, mentre i giudici scoprivano un superconto blindato a Lugano.

La storia della finanza d'assalto in Ticino non s'è mai fermata, registrando parecchie inchieste clamorose. Famosa quella sulla Bipielle Bank Suisse, una voragine milionaria che portò in carcere diversi personaggi. C'è poi chi in Ticino viene a viverci per gestire da lontano i propri affari. È il caso - almeno stando alle accuse arrivate dall'Italia - di Giuseppe Prevosti, patron del celebre marchio Preca Brummel, incastrato da una tangente da 500 mila euro. Prevosti, estradato, compare nella lista degli imprenditori dell'inchiesta OffshoreLeaks - lanciata da "The International Consortium of Investigative Journalists" di Washington - come titolare di diverse società nei paradisi fiscali.

L'ultimo giro della giostra giudiziaria, con accuse che vanno a vengono tra Italia e Ticino, riguarda i fondi del ministero dell'Interno di Roma. L'inchiesta ha portato all'arresto del prefetto Francesco La Motta e del broker Rocco Zullino, con uffici in un palazzo del lungolago di Lugano, da dove però non si vede l'Italia. Già, perché Zullino, mentre la morsa dei giudici si stringeva lentamente, contrariamente a Paolo Ligresti ha fatto l'errore di andare a Milano. E lì è rimasto. In carcere.

 

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