1. IL MALUMORE DEI FRANCESI: DAL 2008 AD OGGI, NESSUNA RICHIESTA DI AIRFRANCE PER AVERE MODO DI CONTROLLARE LA GESTIONE ITALIANA DI ALITALIA È STATA ACCOLTA 3. PER AIRFRANCE L’UNICA SALVEZZA DI ALITALIA È DIVENTARE UNA COMPAGNIA LOW COST 4. L’APPUNTAMENTO DI OGGI SUL PIANO INDUSTRIALE DI DEL TORCHIO SARÀ DAVVERO DECISIVO 5. I TOP MANAGER DELLA COMPAGNIA FRANCESE NON DANNO ALCUNA IMPORTANZA ALLE ESTERNAZIONI DEL MINISTRO LUPI CHE ANCHE IERI HA MINACCIATO DI CERCARE IN ASIA UN PARTNER PER ALITALIA. L’INTERESSE DI AIRCHINA, ETIHAD E AEROFLOT NON ESISTE 6. SINISCALCO SCIVOLA, GROS PIETRO VOLA: DOPO BAZOLI, FUTURO PRESIDENTE DI INTESA? 7. A DARE SOLLIEVO AI DOLORI DI BILANCIO DI NTV È ARRIVATO IL “NATIONAL GEOGRAPHIC”

1 - L'APPUNTAMENTO DI OGGI SUL PIANO INDUSTRIALE DI DEL TORCHIO SARÀ DAVVERO DECISIVO
Ai piani alti dell'Alitalia aspettano con ansia mista ad una certa euforia le ore 18 quando il consiglio di amministrazione sarà chiamato a valutare il nuovo piano industriale di Gabriele Del Torchio, il manager ex-Ducati che si è fatto aiutare anche questa volta dai consulenti di Boston Consulting.

A quanto si dice l'amministratore delegato di Varese e i suoi più stretti collaboratori sono convinti di poter gestire la transizione con il piano che prevede 250 milioni di risparmi in modo da ridare un po' di fiducia ai passeggeri che devono prenotare i voli per fine anno. In questa situazione Del Torchio ha voluto spingere sul piano dell'immagine con una campagna pubblicitaria e con interventi mirati sui giornali per i quali si è avvalso della società di una nota società di comunicazione milanese che percepisce un compenso di circa 70mila euro al mese.

Il suggerimento gli è arrivato dal socio Mancuso che tra l'altro è riuscito a convincere anche Giuseppe Bono, l'amministratore di Fincantieri, ad avvalersi della stessa società per far crescere le sue quotazioni in vista della battaglia di primavera per la poltrona di Finmeccanica.

Una mano a Del Torchio la sta dando anche il governo, ma dall'incontro di ieri all'Eliseo di Enrichetto Letta con Hollande (particolarmente incazzato per i fischi ricevuti in mattinata durante un corteo sui Campi Elisi) non è trapelata nessuna indiscrezione utile a capire l'atteggiamento di AirFrance. Il presidente francese tornerà a Roma mercoledì prossimo e forse per quella data la matassa dei rapporti tra Alitalia e la Compagnia francese si sarà dipanata in maniera più comprensibile.

I top manager della compagnia francese non danno alcuna importanza alle esternazioni del ministro Lupi che anche ieri ha minacciato di cercare in Asia un partner per Alitalia facendo balenare lo spauracchio di un'alternativa priva di significato.

Forse il politico di "Comunione&Fatturazione" farebbe bene a chiudere la bocca perché anche i bambini che frequentano le scuole del piccolo comune di Fiumicino sanno che l'interesse di AirChina, Etihad e Aeroflot non esiste. Con buona pace di Lupi e dei giornali ,che si azzardano a parlare di un socio di Alitalia che sarebbe volato negli Emirati per spingere gli arabi ad una partnership, la strada della salvezza continua ad essere quella di un intervento di AirFrance che oggi pomeriggio alle 18 drizzerà le orecchie per sentire Del Torchio mentre con un'infinità di slides illustrera' il suo progetto.

I giornali di Parigi hanno già anticipato il malumore dei francesi che sarebbero intenzionati a non sottoscrivere l'aumento di capitale da 300 milioni dei quali finora ne sono stati raccattati soltanto 130 milioni grazie all'adesione di Intesa, Atlantia, Colaninno e di tre banche creditrici.

Il cuore del problema è comunque rappresentato dagli esuberi, un tormentone che si trascina dal 2008 quando i patrioti di Cai mandarono a casa 7mila dipendenti con un costo pazzesco per le casse degli italiani. Il tormentone si è riaffacciato nel 2010 quando ministro era il maremmano Matteoli che, di fronte alla levata di scudi dei sindacati per altri tagli, parlò di "normale riorganizzazione aziendale".

E un anno fa il tema degli esuberi si ripropose in maniera drammatica, ma ad ottobre l'azienda fece marcia indietro sull'ipotesi di lasciare a casa 690 dipendenti.
Adesso i francesi si aspettano che Del Torchio con l'aiuto del governo e con la costosa intelligenza dei cervelli di Boston Consulting (autori di piani bocciati e strapagati), si faccia luce sulla possibilità di alleggerire i 14mila dipendenti con almeno 2.000-2.500 esuberi.

Per loro, che hanno già realizzato nella loro compagnia una drastica cura dimagrante, questa è la prova della verità, e si aspettano di non essere delusi dopo tante promesse.
Il dossier delle doglianze parigine è molto fitto e nella sua infinita miseria Dagospia è riuscito a ricomporne i capitoli principali.

Tempo fa AirFrance aveva rifiutato l'idea di un nuovo amministratore delegato; e anche la loro proposta di un direttore generale che arrivasse da Virgin cadde nel vuoto. Poi da Parigi era partita la richiesta di rilevare l'area dei servizi informatici, ma l'amministratore Rocco Sabelli aveva opposto un netto rifiuto. In questo rifiuto il manager ,amico e socio di Colaninno, si era trovato completamente d'accordo con Gianluigi Di Francesco, l'ingegnere romano che dopo aver lavorato in Telecom e in Enel nel gennaio 2009 era entrato in Alitalia con il ruolo di direttore dei servizi informativi.

Nel capitolo delle delusioni di AirFrance bisogna aggiungere la richiesta di una politica aggressiva di fidelizzazione dei clienti sull'esempio di quanto la compagnia di Parigi ha sempre fatto, ma i legali italiani si sono appellati alla legge sulla privacy costringendo di fatto l'Alitalia a non fare una seria politica di marketing.

Come non bastasse i parigini hanno chiesto di ottimizzare i costi di manutenzione con quelli di AirFrance e di decidere sul futuro del traffico Roma-Milano e di Linate-Malpensa. Anche qui niente, come niente è stato fatto in ordine all'altra richiesta dei francesi di costruire insieme una vera strategia sul Sud America per contrastare la concorrenza di British Airways e Iberia. In pratica, negli ultimi cinque anni, cioè dal 2008 dei patrioti ad oggi, nessuna richiesta proveniente dai francesi per avere modo di controllare la gestione italiana è stata accolta.

I risultati delle famose sinergie sono sotto gli occhi di tutti e l'appuntamento di oggi sul piano industriale di Del Torchio sarà davvero decisivo.

Ormai è chiaro che per AirFrance l'unica salvezza per Alitalia è di assumere il profilo di una compagnia low cost efficiente sia sulle rotte domestiche che per l'Europa e il Medio Oriente. Un messaggio in questo senso era stato già mandato da Richard Branson, il patron di Virgin, che da almeno 15 anni sostiene l'integrazione tra il trasporto aereo e l'alta velocità. Adesso dicono che il capelluto miliardario inglese non ne voglia più sapere di Alitalia e che non gli interessi crescere acquisendo altre compagnie.

La partita comunque decisiva si gioca secondo i francesi sul modello di una nuova Alitalia che abbandoni per sempre il concetto di hub internazionale che a loro avviso è superato e inutile in un Paese come il nostro. Se poi dovesse esplodere, come appare inevitabile, il problema degli esuberi allora la loro partecipazione sarà condizionata dalla trattativa tra Enrichetto Letta e Hollande.

Ai tempi di Berlusconi i francesi avevano ottenuto qualche promessa da parte del governo di commesse sostanziose nell'energia nucleare. Non se ne fece nulla perche' a costi immensi prevalse il concetto di italianità.

Se l'uomo dalle palle d'acciaio che sta a Palazzo Chigi ha qualcosa da offrire ad AirFrance non lo capiremo questa sera ma nella prossima settimana, e se gli attributi e le contropartite saranno inconsistenti allora il piano di quel brav'uomo di Del Torchio si rivelerà del tutto inutile.

2 - SINISCALCO SCIVOLA, GROS PIETRO VOLA: DOPO BAZOLI, FUTURO PRESIDENTE DI INTESA?
Negli ambienti torinesi si chiacchiera sulla scivolata di Mimmo Siniscalco, l'economista ex-ministro classe 1954 che ieri ha dovuto lasciare la presidenza di Assogestioni per conflitto di interessi sul caso Telecom.

All'università di Torino e in ciò che resta del piccolo mondo della finanza sabauda, Mimmo se lo ricordano bene fin dal 1978 quando Franco Reviglio, l'altro professore torinese, lo chiamò al ministero delle Finanze. Nella Capitale l'uomo che poi è diventato ministro e amministratore delegato della banca d'affari Morgan Stanley,era solito camminare sottobraccio con Giulietto Tremonti e Alberto Meomartini, il manager che dalla presidenza di Assolombarda è passato a quella di Saipem.

Era un trio di cervelli di primissimo ordine, ma presto si capì che mentre Tremonti era il genietto più ambizioso Siniscalco era sicuramente il più abile a muoversi nelle stanze del potere. Da qui il vezzo di affibbiargli un'infinità di soprannomi che il giornalista Gian Antonio Stella ha ricordato tempo fa definendo l'economista torinese "Siniscaltro, Siniscalcolo, Sinisfalso".

Per rispetto della cronaca va detto che ai "magnifici tre" (Siniscalco, Tremonti, Meomartini) si è aggiunto Gian Maria Gros -Pietro, l'altro economista di Torino che volando sempre basso nel mondo accademico ha alzato le ali riuscendo a planare sulla poltrona di presidente dell'Iri, dell'Eni e di un'infinità di consigli di amministrazione.

L'ultimo approdo per questo docente di cui non si ricorda un libro importante e nemmeno un'idea strepitosa, è la presidenza del consiglio di gestione di IntesaSanPaolo. E proprio ieri il serafico Gian Maria ,che gli amici sfottevano per le cravatte di seta rosa e blu, ha esternato alla grande in un'intervista al "Corriere della Sera" in cui si spinge a dire addio alla banca di sistema, cioè a quel modello che Abramo-Bazoli e Corradino Passera hanno calato dentro l'istituto milanese con effetti devastanti.

La coincidenza tra le dimissioni dell'amico Mimmo Siniscalco e il nuovo verbo purificatore di Gian Maria Gros Pietro sarà pure casuale, ma e' divertente. "Mimmo l'inglese" , intrecciato nei meandri della finanza esce da Assogestioni con il profilo ammaccato, mentre per il modesto Gros Pietro si parla addirittura che possa raccogliere l'eredità di Abramo-Bazoli come futuro presidente di BancaIntesa.

3 - A DARE SOLLIEVO AI MANAGER DI NTV È ARRIVATO IL "NATIONAL GEOGRAPHIC"
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che negli uffici di Ntv, la società di Luchino di Montezemolo e dei suoi compagni di merenda, gli occhi sono puntati da oggi sul processo che inizia a Viareggio per la strage nella quale è indiziato anche Mauro Moretti, il boss delle Ferrovie.

A dare sollievo ai manager di Ntv ,che si trovano con un bilancio dolente, è arrivato il "National Geographic", la prestigiosa testata che ti fa vedere il mondo con immagini di altissima qualità. Sul canale televisivo omonimo è andato in onda nel programma "Megastrutture" che illustra le opere più sbalorditive, un ampio servizio sul treno "Italo" segnalato come una delle cinque opere più mirabili in Europa.
Il godimento è stato massimo perché nel corso della trasmissione le Ferrovie italiane e Trenitalia non hanno avuto nemmeno una citazione".

 

GABRIELE DEL TORCHIOGABRIELE DEL TORCHIODE JUNIACSalvatore Mancuso SALVATORE MANCUSO enrico letta e francois hollande obama hollande letta b b f efe fa c ROCCO SABELLI ROCCO SABELLI AUGUSTO MINZOLINI fassino siniscalco GIAN MARIA GROSS PIETRO - copyright pizziROBERTO NAPOLITANO GIAN MARIA GROSS PIETRO FRANCESCO GAETANO CALTAGIRONE - copyright PizziDeBenedetti Bazoli Geronzi Corrado Passera PAGNOZZI PASSERA PETRUCCI MORELLI FOTO INFOPHOTO LUCA CORDERO DI MONTEZEMOLO Luca Cordero di Montezemolo con la moglie Ludovica CENTOVENTICINQUE ANNI DI NATIONAL GEOGRAPHIC IMMAGINI DEI LETTORI DI NATIONAL GEOGRAPHIC MAURO MORETTI CON UN CANE

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