L’UMORISMO DI PIETRO MODIANO, L’UOMO DEL DOSSIER-ZALESKI: “IL RUOLO DI BAZOLI? ZERO, NON È MAI STATO PRESENTE NÉ AL TAVOLO DELLE TRATTATIVE, NÉ DIETRO” (CERTO, STAVA SOPRA!)

Fabio Tamburini per il "Corriere della Sera"

«Il bilancio dell'operazione Tassara si farà soltanto alla fine, ma potrà essere un bel finale perché con l'accordo raggiunto lunedì scorso termina l'avventura nella finanza e la società torna alle origini d'impresa siderurgica, con prospettive che potranno rivelarsi positive. Lascia Piazza Affari e ritorna in Val Camonica, da cui era partita grazie ai successi nella forgiatura dei metalli».

Pietro Modiano, presidente di Tassara, la finanziaria capofila delle attività di Romain Zaleski, non nasconde la soddisfazione per l'accordo raggiunto sulla riforma della governance, che ha permesso di superare la crisi aperta nel luglio scorso da Unicredit.

Ma il brindisi è rinviato perché Modiano, nel ruolo di presidente della Sea, a cui fanno capo gli aeroporti di Malpensa e Linate, è impegnato in un'altra trattativa delicata per evitare la multa da 360 milioni che hanno incassato i predecessori per le attività handling, cioè nei servizi a terra. «Il rapporto con la Commissione europea è positivo», spiega, «e stiamo lavorando a una soluzione sulla base del diritto della Sea di continuare ad esercitarle sia pure attraverso un nuovo operatore e con nuovi contratti».

Resta il problema della multa. Dove troverete i soldi?
«Non saranno necessari perché, in caso di accordo, la sanzione verrà annullata».

Quanto perde Tassara?
«La differenza tra gli asset aziendali e il valore del debito più gli interessi è poco meno di 700 milioni, che salgono verso gli 800 milioni considerando oneri accessori di tipo fiscale e simili».

All'inizio della crisi, cinque anni fa, qual era la perdita?
«Circa 1 miliardo».

E' vero che nel 2009, grazie a un periodo di Borsa favorevole, sarebbe stato possibile vendere tutte le partecipazioni e chiudere la partita in sostanziale pareggio?
«Confermo, ma il consiglio di amministrazione non ne ha mai discusso. Il confronto, serrato, è stato sulla vendita di partecipazioni per 500 milioni, che non è passata perché al tempo occorreva una maggioranza di cinque consiglieri su sei. Non c'era perché erano convinti che il valore dei titoli in portafoglio sarebbe aumentato. Io cercai la mediazione ma l'intesa non venne trovata e l'attimo dei mercati azionari favorevoli scappò. E' chiaro che i venditori avevano ragione».

Con la nuova governance il caso non potrà ripetersi: più poteri alle banche creditrici e meno a Zaleski...
«Proprio così. In consiglio entreranno sei indipendenti su nove».

Chi nominerà gli indipendenti?
«L'assemblea della Tassara».

Quindi tanto indipendenti non saranno perché la Tassara significa Zaleski...
«No, no, lo saranno perché l'accordo prevede che li indichino le banche».

Chi ha partecipato alle trattative?
«Nell'ultima fase Unicredit e Intesa Sanpaolo, che sono esposte per 1 miliardo e mezzo di euro su un indebitamento complessivo verso il sistema bancario di 2 miliardi».

Giovanni Bazoli, il presidente del consiglio di sorveglianza d'Intesa, ha avuto un ruolo?
«Zero, non è mai stato presente né al tavolo delle trattative, né dietro. Aggiungo che nei cinque anni d'incarico, le poche volte che l'ho visto, non ho mai parlato con lui di Tassara o di Zaleski. L'ho ritenuta una scelta di stile e una giusta divisione dei compiti».

Zaleski è contento dell'accordo raggiunto?
«L'ho trovato umanamente sollevato».

Comprensibile visto che ha evitato il fallimento...
«Tassara non poteva fallire perché negli accordi negoziati in precedenza c'era comunque una clausola: la rinuncia dei crediti residui dopo la liquidazione degli asset. Ciò avrebbe evitato il fallimento dato che gli unici creditori sono le banche».

Come è stato possibile che Tassara venisse finanziata così generosamente?
«Il senno di poi non è lo strumento di giudizio migliore, soprattutto nella finanza. Io stesso nel 2005, quando ero direttore generale del San Paolo, proposi un credito per Tassara di 50 milioni senza chiedere garanzie. All'epoca la società aveva un patrimonio netto positivo per miliardi ed era in grado di determinare commissioni generose per le banche creditrici».

Ora manterrà il doppio incarico in Sea e Tassara?
«Il problema esiste e ho messo a disposizione il mandato in Tassara ma, per il momento, senza successo».

 

Silvio berlu berlusconi corna LETTA enricol letta letta alfano sitoweb x MERKEL NAPOLITANO FOTO LAPRESSE MERKEL NAPOLITANO MICHELA VITTORIA BRAMBILLA BEATRICE LORENZIN NUNZIA DE GIROLAMO FOTO LAPRESSE ENRICO CUCCHIANI INAUGURAZIONE MITO ALLA SCALA FOTO FRANCO CORTELLINO Laura Boldrini e Eugenio Scalfari

Ultimi Dagoreport

jackie kennedy e gianni agnelli a ravello nel 1962

JOHN KENNEDY E’ STATO IL PIÙ INFEDELE PUTTANIERE DEL XX SECOLO MA SUA MOGLIE JACQUELINE S’ATTACCAVA COME UN’IDROVORA A OGNI AUGELLO A PORTATA DI MANO (DAI DUE COGNATI ROBERT E TED PASSANDO PER SINATRA, BEATTY, MARLON BRANDO E VIA CHIAVANDO) - L’8 AGOSTO 1962, TRE GIORNI DOPO LA MORTE DI MARYLIN MONROE, JACKIE (INCAZZATA PER LE INDISCREZIONI SULLA LIAISON TRA IL MARITO E L’ATTRICE) RAGGIUNSE RAVELLO, SULLA COSTIERA AMALFITANA: FU ACCOLTA COME UNA REGINA DALL’ALLUPATISSIMO GIANNI AGNELLI – PER JACKIE, RAVELLO FECE RIMA CON PISELLO E LA VACANZA DIVENNE UN’ALCOVA ROVENTE (“LA VACANZA PIÙ BELLA DELLA SUA VITA”, RIPETEVA) AL PUNTO DA TRATTENERSI PIU’ DEL PREVISTO FINCHÉ NON PIOMBARONO 007 AMERICANI A PRELEVARLA COME UN ALMASRI QUALUNQUE PER RIPORTARLA A WASHINGTON DAL MARITO CORNUTO E INCAZZATO - LA VORACE JACKIE IMPARÒ A FARE BENE I POMPINI GRAZIE ALL'ATTORE WILLIAM HOLDEN: “ALL'INIZIO ERA RILUTTANTE, MA UNA VOLTA PRESO IL RITMO, NON SI FERMAVA PIÙ” –PER RIPICCA CI FU ANCHE UNA LIASON MARELLA AGNELLI-JOHN KENNEDY (CONFIDENZA DI INFORMATISSIMA SOCIALITE) - VIDEO

edmondo cirielli maria rosaria campitiello paolo di maio

“INUTILE FRUSTARE UN CIUCCIO MORTO, CAMBIA SPACCIATORE” – A PARLARE NON È UN HATER ANONIMO MA UN VICEMINISTRO DELLA REPUBBLICA: EDMONDO CIRIELLI, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D'ITALIA E NUMERO DUE DI TAJANI AGLI ESTERI, CHE SBROCCA SU FACEBOOK E INSULTA IL SINDACO DI NOCERA INFERIORE, PAOLO DI MAIO – A FAR ANDARE FUORI GIRI CIRIELLI È STATO UN POST DEL PRIMO CITTADINO SU ALCUNI INCARICHI DELLA COMPAGNA AL MINISTERO DELLA SALUTE, MARIA ROSARIA CAMPITIELLO – LA VIOLENTISSIMA REPRIMENDA DI CIRIELLI: “NELLA VITA PRIVATA NON HAI MAI FATTO NIENTE DI BUONO" - COME MAI CIRIELLI SE L’È PRESA COSÌ TANTO? FORSE SENTE LA SUA CANDIDATURA A GOVERNATORE DELLA CAMPANIA CHE SI ALLONTANA? O TEME UNA SCONFITTA BRUCIANTE, ASSAI PROBABILE SE IL CENTROSINISTRA RITROVA L’UNITÀ?

igor taruffi elly schlein

DAGOREPORT - QUALCUNO DICA A ELLY SCHLEIN CHE STA AFFONDANDO IL PD! - NON SOLO TOSCANA E UMBRIA, DALLA CAMPANIA ALLA SICILIA FINO ALLA PUGLIA, SI MOLTIPLICANO I PROBLEMI SUI “TERRITORI” - A FINIRE NEL MIRINO LO “SPICCIAFACCENDE” DI ELLY, IGOR TARUFFI, RESPONSABILE ORGANIZZAZIONE DEL NAZARENO. DOVE C’È LUI, C’È CASINO, VISTA LA SUA PROPENSIONE A SALVAGUARDARE I CACICCHI FEDELI ALLA MIGLIORE ALLEATA DEL GOVERNO MELONI - IN SUO SOCCORSO È ARRIVATO ANCHE IL BERSANIANO NICO STUMPO CHE NON RIESCE AD EVITARE I PASTICCI CHE "LO STRATEGA IN VERSIONE PIZZICAGNOLO" TARUFFI COMBINA A CAUSA DELLA SCARSA CONOSCENZA DELLE REGOLE E DELLE DIVERSE REALTA’ LOCALI. E PER LA PRIMA VOLTA…

giorgia meloni ursula von der leyen donald trump dazi matteo salvini

DAGOREPORT – LA LETTERINA DELL’AL CAFONE DELLA CASA BIANCA È UNA PISTOLA PUNTATA ALLA TEMPIA DEI LEADER EUROPEI, CUI È RIMASTA UNA SOLA VIA DI USCITA, QUELLA COSIDDETTA “OMEOPATICA”: RISPONDERE AL MALE CON IL MALE. LINEA DURA, DURISSIMA, ALTRIMENTI, ALLE LEGNATE DI TRUMP, DOMANI, ALL’APERTURA DELLE BORSE, SI AGGIUNGERANNO I CALCI IN CULO DEI MERCATI. LA CINA HA DIMOSTRATO CHE, QUANDO RISPONDI CON LA FORZA, TRUMP FA MARCIA INDIETRO - SE LA “GIORGIA DEI DUE MONDI” ORMAI È RIMASTA L’UNICA A IMPLORARE, SCODINZOLANTE, “IL DIALOGO” COL DAZISTA IN CHIEF, NEMMENO LE CIFRE CATASTROFICHE SULLE RIPERCUSSIONI DELLE TARIFFE USA SULLE  AZIENDE ITALIANE, TANTO CARE ALLA LEGA, HA FERMATO I DEMENZIALI APPLAUSI ALLA LETTERA-RAPINA DA PARTE DI MATTEO SALVINI – ASCOLTATE JOSEPH STIGLITZ, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA: “TRUMP NON AGISCE SECONDO ALCUN PRINCIPIO ECONOMICO, NON CONOSCE LO STATO DI DIRITTO, È SEMPLICEMENTE UN BULLO CHE USA IL POTERE ECONOMICO COME UNICA LEVA. SE POTESSE, USEREBBE QUELLO MILITARE’’

steve witkoff marco rubio sergei lavrov

RUBIO, IL TAJANI STARS AND STRIPES – IL SEGRETARIO DI STATO AMERICANO NON TOCCA PALLA E SOFFRE IL POTERE DI STEVE WITKOFF, INVIATO DI TRUMP IN MEDIO ORIENTE CHE SE LA COMANDA ANCHE IN UCRAINA. IL MINISTRO DEGLI ESTERI USA PROVA A USCIRE DALL’ANGOLO PARLANDO DI “NUOVA IDEA” DELLA RUSSIA SUI NEGOZIATI IN UCRAINA. MA IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI PUTIN, LAVROV, SUBITO VEDE IL BLUFF: “CONFERMIAMO LA NOSTRA POSIZIONE” – TRUMP AVEVA OFFERTO DI TUTTO A WITKOFF, MA L’IMMOBILIARISTA NON HA VOLUTO RUOLI UFFICIALI NELL’AMMINISTRAZIONE. E TE CREDO: HA UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE QUANTO UN GRATTACIELO...