PISTA! BENETTON CREA IL MOSTRO AUTOSTRADE-AEROPORTI

Paola Pilati per "l'Espresso"

Un campione che riunisca autostrade e aeroporti: è questo l'obiettivo della famiglia di Treviso con le nozze tra Atlantia e Gemina. Ma non mancano gli ostacoli, Antitrust in testa

A mettere i bastoni tra le ruote dei Benetton potrebbero essere i coltivatori di meloni di Maccarese e gli allevatori di mucche di Fiumicino. Oppure l'Antitrust. I primi minacciano di muovere i trattori in difesa delle terre che l'aeroporto vuole rubare loro per allargarsi. L'authority guidata da Giovanni Pitruzzella dovrà decidere se l'unione tra le due concessioni detenute dai Benetton, quella sulle autostrade e quella sull'aeroporto di Roma, può produrre vantaggi o viceversa diventare un mostro di conflitti d'interesse.

In attesa che gli uni e gli altri si muovano, la fusione tra Atlantia (autostrade) e Gemina (che possiede Aeroporti di Roma) si avvia a incassare il "sì" delle rispettive assemblee (tra fine aprile e metà maggio) essendo una fusione senza scambio di denaro ma solo di titoli: uno di Atlantia per nove di Gemina. E presentandosi come un'operazione da record. "La più grande fusione degli ultimi tempi", " il piano di investimenti più gigantesco in Europa, ben 12 miliardi", sono gli slogan che accompagnano le nozze.

E da record è il parterre interessato all'affare. Innanzitutto la famiglia di Treviso, che nel 2008 per controllare le due attività che aveva in portafoglio aveva creato la holding Sintonia con il proposito di finanziare lo sviluppo dei due business all'estero (e mitigare il proprio rischio Italia). Ma anche i partner importanti che si era tirata dentro, il Fondo sovrano di Singapore, Goldman Sachs e Mediobanca, che avevano sborsato 2 miliardi di biglietto d'ingresso. Tutti ansiosi di veder fruttare l'investimento rimasto finora al palo.

Adesso è venuto il momento: il governo ha concesso ad Adr di aumentare le tariffe sul traffico aereo (sbloccate a fine 2012) e di remunerare il capitale che investirà dell'8,5 per cento netto. Questo mette magicamente in ordine tutte le pedine del domino disegnato dallo stratega della famiglia Benetton, Gianni Mion. Mentre Alessandro Benetton si dedica a Edizione, la holding in cui prosegue il ramo storico dell'abbigliamento, Sintonia ha la missione di allevare il nuovo campione delle concessioni infrastrutturali, autostrade e aeroporti.

E di lanciarlo a contendere concessioni in giro per il mondo, dal Brasile all'India, secondo il modello della francese Vinci. Un traguardo a cui i Benetton puntavano già nel 2007, quando tentarono le nozze delle autostrade con la spagnola Abertis. Ma il governo impedì l'operazione. Oggi ci stanno per arrivare, anche se per un altro percorso.

Il passo successivo, e forse conclusivo, sarà ancora più in là, quando scadrà nel 2015 il patto che vincola i soci di Sintonia. Allora, sarà più facile per tutti, con un solo asset a disposizione (la nuova Atlantia), azzerare anche la scatola di Sintonia e assegnare direttamente a ognuno dei soci una quota del nuovo campione delle infrastrutture. Che nasce da subito con un fatturato di 4,5 miliardi e un Mol (margine operativo lordo) pari a 2,7 miliardi.

Ma che soprattutto può contare su incassi da concessione (che dipendono dalla capacità di trattare con il governo, ma sono incassi sicuri) pari a 3,9 miliardi, cioè l'86 per cento del giro d'affari totale. A titolo di paragone, la Vinci, che ha un fatturato di 38 miliardi e una capitalizzazione di 20 (il doppio di Atlantia post-fusione), ha 5 miliardi di incassi da concessioni, ma essi rappresentano solo il 13 per cento della sua attività. Abertis ha più o meno gli stessi incassi da concessioni di Atlantia (3,5), ma con il 50 per cento di autostrade in più: 7.500 chilometri contro 5 mila.

Insomma, a occhio, le concessioni dei Benetton sono una miniera d'oro piuttosto unica. Come si conferma con gli ultimi aumenti tariffari: il passaggio da 16 a 27 euro di incasso per passeggero serve ad adeguare il livello di Fiumicino a quello di Milano e ad avvicinarlo ai prezzi degli aeroporti europei, ma è pur sempre un rincaro del 70 per cento. Considerando gli attuali 41 milioni di passeggeri (il traffico arriva oltre la capacità di 37 milioni dell'aeroporto, e si vede) sono 450 milioni di euro in più da subito.

Ma perché su tutto l'affare potrebbe mettere becco l'Antitrust? È vero, come sostengono i difensori di parte, che si tratta di due business diversi. Ma l'attuale Atlantia, guidata dall'amministratore delegato Giovanni Castellucci e dal presidente Fabio Cerchiai (in scadenza, ma rimarranno al vertice della nuova società post fusione), controlla il 44 per cento della rete autostradale nazionale; Adr (presidente Fabrizio Palenzona e ad Lorenzo Lo Presti) il 30 per cento del mercato nazionale e il più importante scalo, Roma, con una concessione stimata oggi un miliardo e mezzo di valore.

L'integrazione tra un grande monopolio e un peso massimo può danneggiare il consumatore? Passi che ci siano rapporti commerciali con azionisti importanti: quello assicurativo con le Generali (che ha il 3 per cento di Gemina), quello con Changi Airport (che gestisce l'aeroporto di Singapore, sempre in Gemina) per il progetto della nuova aerostazione, tutti dichiarati e trasparenti, ma certo la sinergia che si realizza con Autogrill, sempre dei Benetton, che ha il 25 per cento della ristorazione di Fiumicino, e il Telepass di Atlantia che incassa i parcheggi dell'aeroporto, fanno pensare. Sussidi incrociati? Lo diranno gli uomini di Pitruzzella.

I quali dovranno anche considerare quali effetti avrà la fusione: il piano è di utilizzare i bracci operativi delle autostrade (capacità ingegneristiche, organizzative, gestionali, ma anche società) per realizzare il piano di investimenti da 12 miliardi sbandierato da Fiumicino. I primi 3,1 miliardi verranno spesi nei prossimi dieci anni e dovranno portare la capacità dagli attuali 37 a 55 milioni di passeggeri.

Un ritmo di spesa che Adr, abituata a centellinare 50/60 milioni di investimenti l'anno, non è in grado di gestire da sola. Qui entrano in gioco la Pavimental, la società di Atlantia leader nelle pavimentazioni stradali e piste per aerei, e la Spei, la società di ingegneria. Entrambe, di fatto, lavoreranno con i fondi resi disponibili dal flusso tariffario di Adr. Cioè, in ultima analisi, di tutti noi viaggiatori.

Non solo. Come la vandea di Fiumicino ha messo in evidenza, il Master plan dell'aeroporto prevede, in una seconda fase, anche un raddoppio della sua capacità: arrivare a 100 milioni di passeggeri con la costruzione di una nuova aerostazione e della quarta pista. Dove? I terreni ci sono e sono a Nord dell'attuale aeroporto. Ma sono di proprietà della Maccarese, azienda agricola che è appartenuta all'Iri fino alla sua privatizzazione.

A comprare, nel 1998, sono stati i Benetton, pagandola 100 miliardi di lire. Dei 3.600 ettari dell'azienda, circa 900 sono destinati alla quarta pista, quella che dovrebbe lanciare Roma verso i 100 milioni di passeggeri (oggi Londra Heathrow ne ha 80 con due piste). Per essere asfaltati dovranno essere espropriati. E con l'esproprio i Benetton potrebbero incassare sui 200 milioni di euro, con ciò giustificando in pieno l'esborso fatto all'Iri quindici anni fa. Anche quel prezzo, in conclusione, sarà pagato da chi viaggia.

Non c'è da stupirsi che le compagnie aeree siano in subbuglio. Ma c'è un ultimo tassello della vicenda che resta ancora fuori posto: l'Alitalia. Nella cui compagine azionaria siedono anche i Benetton. Sebbene oggi la speranza di crescita dell'aeroporto romano sia tutta riposta verso Est, l'unica direttrice di traffico in grado di presentare un segno più mentre le altre sono in declino, Alitalia e i suoi conti sono piombo nelle ali. «La metà dello sviluppo di Fiumicino sarà finanziata da ricavi tariffari originati da clienti esteri», proclama il Piano della Changi: vero, ma l'altra metà è traffico italiano, ed è in panne.

Oggi l'Alitalia è debitrice di Adr per svariati milioni e non sembra essere in grado di onorarli, ma è comunque il principale cliente. Proprio per Alitalia si era pensata la seconda aerostazione, quella a Nord, ma con le incertezze sul futuro della compagnia i dubbi crescono, insieme al fatto che dovranno essere spesi 5,7 miliardi a carico del pubblico per strade, ferrovie e collegamenti vari. Ha senso farli per una compagnia che non si sa se ci sarà?

 

 

 

GILBERTO BENETTON GetContent asp jpeggilberto benetton 01 lapfratelli benettonalessandro benetton jpegGiovanni Pitruzzella maccarese benettonaeroporto fiumicino GIOVANNI CASTELLUCCIFabio Cerchiai ADS FABRIZIO PALENZONA ampliamento aeroporto di fiumicino

Ultimi Dagoreport

gender club degrado roma pina bausch matteo garrone

25 ANNI FA SPUNTÒ A ROMA UN CLUB IN MODALITÀ DARK-ROOM: AL "DEGRADO", IMMERSO NEL BUIO, SI FACEVA SESSO SENZA IL SENSO DEL PECCATO, IN MEZZO A TUTTI. UNO ‘’SBORRIFICIO” CHE NON HA AVUTO EGUALI E CHE DEMOLÌ I MURI DIVISORI TRA ETERO-BI-GAY-LESBO-TRANS-VATTELAPESCA - PER 9 ANNI, “CARNE ALLEGRA” PER TUTTI. OGNUNO VENIVA E SI FACEVA I CAZZI SUOI, E QUELLI DEGLI ALTRI. IL "DEGRADO'' POTEVA ESSERE RIASSUNTO IN UNA DOMANDA: CHI È NORMALE? - DAGO-INTERVISTA ALL’ARTEFICE DEL BORDELLO: “SCORTATA DA MATTEO GARRONE, UNA NOTTE È APPARSA PINA BAUSCH IMPEGNATA AL TEATRO ARGENTINA. SI ACCENDONO LE LUCI E UNA TRAVESTITA URLO': “AO' SPEGNETELE! IO STAVO A FA’ UN BOCCHINO. NUN ME NE FREGA ‘N CAZZO DE 'STA PINA!”

giorgia meloni alberto stefani luca zaia matteo salvini sondaggio

DAGOREPORT – VENETO DI PASSIONI PER IL CENTRODESTRA: LA VITTORIA DI ALBERTO STEFANI È SCONTATA, MA A CONTARE DAVVERO SARANNO I NUMERI! SECONDO IL SONDAGGIO DI PAGNONCELLI, IL GIOVANE LEGHISTA CON CIUFFO GIAMBRUNESCO È AL 62,8%, CONTRO UN MISERO 26,9% DEL CANDIDATO DI SINISTRA, GIOVANNI MANILDO. UN OTTIMO RISULTATO, MA SOLO SE NON SI RICORDA COSA AVVENNE CINQUE ANNI FA: ZAIA VINSE CON IL 76,79% DEI VOTI, E BASTÒ LA SUA LISTA, INSIEME A QUELLA DELLA LEGA, PER OTTENERE IL 61,5%. OGGI CI VUOLE TUTTO IL CENTRODESTRA UNITO PER RAGGIUNGERE LA STESSA CIFRA – LO SPETTRO DEL SORPASSO DI FDI SUL CARROCCIO: SE LE TRUPPE MELONIANE OTTENESSERO PIÙ VOTI, CHE FINE FAREBBE LA GIÀ FRAGILE LEADERSHIP DI SALVINI?

giorgia meloni matteo salvini antonio tajani giancarlo giorgetti

DAGOREPORT - COME MAI LADY GIORGIA INFLIGGE ALLA “NAZIONE”, IN VISTA DEL 2026, UNA FINANZIARIA COSÌ MICRAGNOSA, CORRENDO IL RISCHIO DI PERDERE CONSENSI? - UNA MISERIA DI 18 MILIARDI CHE, AL DI LÀ DELL’OPPOSIZIONE, STA FACENDO SPUNTARE LE CORNA DEL TORO AGLI ALLEATI SALVINI E TAJANI, MENTRE RUMOREGGIANO I VAFFA DI CONFINDUSTRIA E DEI MINISTRI COSTRETTI AD USARE L’ACCETTA AL BILANCIO DEI LORO DICASTERI (TAGLIO DI 89 MILIONI ALLA DISASTRATA SANITÀ!) – LA DUCETTA HA UN OTTIMO MOTIVO PER LA MANOVRA MIGNON: FINENDO SOTTO IL 3% DEL PIL, IL GOVERNO ALLA FIAMMA USCIRÀ CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER CONFEZIONARE NEL 2026 UNA FINANZIARIA RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON I TEMPI DELLE POLITICHE DEL 2027 - E GLI ITALIANI NELLA CABINA ELETTORALE POTRANNO COSÌ RICOMPENSARE LA BONTÀ DELLA REGINA GIORGIA…

shooting calendario pirelli 2026

A PRAGA SI SVAGA! – UNA PARATA DI STELLE STA PER INVADERE LA CITTÀ DI FRANZ KAFKA: PER LA PRESENTAZIONE DEL CALENDARIO PIRELLI 2026 VENERDÌ 14, ALLA MUNICIPAL HOUSE, SONO ATTESI 500 ILLUSTRI OSPITI ACCOLTI DA MARCO TRONCHETTI PROVERA CHE AVRÀ AL SUO FIANCO TANTO BEL MONDO: DA TILDA SWINTON A GWENDOLINE CHRISTIE, GUERRIERA NEL ‘’TRONO DI SPADE’’, DALLE MODELLE IRINA SHAYK ED EVA HERZIGOVA, DALLA STILISTA SUSIE CAVE ALLA TENNISTA VENUS WILLIAMS, DA LUISA RANIERI A FAVINO – NON MANCHERÀ CHIARA FERRAGNI ALLACCIATA ALL’EREDE GIOVANNI TRONCHETTI PROVERA…

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...