QUEL “LIFTING” MILIARDARIO AI BILANCI DEL MONTEPACCHI (CHISSA’ DOV’ERA LA VIGILANTE DI BANKITALIA TARANTOLA, A PRENDERE IL TE’ CON DRAGHI?)

Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"

Nell'autunno 2008, pochi giorni dopo l'annuncio dell'acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi, ci fu un incontro tra i vertici delle due banche per la messa a punto dei dettagli. E soltanto in quel momento i responsabili di Mps compresero che si trattava di un affare che avrebbe causato gravi perdite patrimoniali.

A raccontarlo ai magistrati è stato l'amministratore delegato dell'istituto di credito padovano Pierluigi Montani che al termine della riunione, riferendosi all'atteggiamento dell'allora presidente Giuseppe Mussari e dell'allora direttore generale Antonio Vigni, sbottò: «Ma questi hanno capito veramente quanto devono pagare?».

Sono i nuovi verbali allegati al fascicolo della Procura di Siena a marcare, ancora una volta, «i disastrosi effetti provocati alle casse del terzo gruppo bancario italiano» da quell'operazione stipulata con gli spagnoli del banco Santander. E i successivi tentativi - che si sono rivelati ancor più disastrosi - compiuti dai manager per cercare di ripianare la situazione, occultando alle autorità di vigilanza e al mercato quale fosse la reale situazione finanziaria.

I magistrati la definiscono «cosmesi bilancistica» che serve a «spalmare le perdite» e soprattutto a falsificare i bilanci. Basti pensare che per garantirsi l'appoggio di Nomura nella ristrutturazione del «derivato» Alexandria, Mps ha versato a garanzia un milione e 700 mila euro al giorno per 877 giorni.

«LE OPERAZIONI FUORI MERCATO»
Scrivono i pubblici ministeri nel provvedimento di sequestro notificato ieri: «Montani riferisce che alla fine del 2007 Antonveneta aveva una complessiva esposizione debitoria nel confronti di Abn Amro pari a circa 10 miliardi di euro. Chiariva di aver avuto un incontro con Vigni e Mussari alcuni giorni dopo l'acquisizione e il resoconto di quel colloquio dimostra, da un lato, la macroscopica dissennatezza dimostrata dai vertici della banca nella conduzione delle trattative, dall'altro, il gravoso impegno economico con conseguente ricaduta sulla tenuta del bilancio che Mps avrebbe dovuto sopportare.

Montani infatti illustrava gli aggregati del gruppo soffermandosi sull'esposizione debitoria, percependo che i vertici del Monte non avevano contezza dell'esistenza dell'ammontare della stessa. Montani dichiara di avere colto in costoro uno smarrimento di fronte alla completa informazione, tanto da affermare che forse solo in quel momento Mussari e Vigni realizzarono che l'esborso finanziario sarebbe stato ben più elevato rispetto ai 9 miliardi di euro quale corrispettivo di acquisto».

L'accordo è comunque firmato, ben presto se ne avvertono le conseguenze. I conti sono in rosso, ma questo va tenuto segreto. E allora si decide di provare a ristrutturare il «derivato» Alexandria. Ci sono svariati contatti con banche d'affari e società che rifiutano. Alla fine si punta su Nomura.

Racconta a verbale Daniele Bigi, responsabile dell'Area Amministrazione e Bilancio di Mps: «Prima che ci fosse l'ormai famosa conference call del 7 luglio 2009 tra i responsabili dei due istituti di credito per effettuare la complessa ristrutturazione, ricevetti da Gianluca Baldassarri, capo dell'Area Finanza, talune mail, una delle quali mi destò sospetti perché riassumeva quelli che sarebbero stati i contenuti della telefonata in corso di preparazione con i vertici di Nomura. Un punto in particolare mi insospettì perché c'era un esplicito riferimento a "operazioni fuori mercato"».

IL «NO» DI CALTAGIRONE
Tra le iniziative illecite compiute dai manager di Mps i magistrati inseriscono anche «la decisione di Mussari, con la colpevole complicità di Vigni, di portare in consiglio di amministrazione e far approvare, con la sola opposizione del vicepresidente Franco Gaetano Caltagirone, la proposta della distribuzione di un solo centesimo di euro agli azionisti di risparmio» relativamente al bilancio del 2009. Quell'iniziativa causò infatti un grave danno a Mps, ma servì a far pagare la cedola del Fresh stipulato con Jp Morgan proprio per cercare di ripianare le perdite di Antonveneta.

Lo riconosce lo stesso Vigni nell'interrogatorio del 9 febbraio scorso quando dichiara: «Mussari mi disse che il bilancio doveva essere approvato e il dividendo agli azionisti di risparmio distribuito anche per "ragioni estetiche". Non sono in grado di chiarire cosa volesse dire quando si riferiva all'estetica del bilancio. Per quanto mi ricordo disse che dovevano essere soddisfatti gli obbligazionisti del Fresh».

È proprio questo che spinge Caltagirone a esprimere voto contrario. Lo racconta lui stesso nel verbale del 6 novembre 2012: «Mi opposi a questa proposta poiché ciò avrebbe significato remunerare il Fresh e anzi dissi che era l'occasione per non distribuire dividendi ed evitare di pagare la cedola. Mi fu opposto, non ricordo se dal presidente o dal direttore generale, che il mercato non avrebbe accettato il mancato pagamento dei dividendi e che la banca avrebbe potuto subire delle conseguenze.

Non fu detto in quel Cda che pagando il Fresh la Fondazione Mps avrebbe avuto dei dividendi. Se ciò fosse avvenuto mi sarei ancor di più opposto alla distribuzione di quel simbolico dividendo».

Sottolineano i magistrati come «quella dissennata decisione comportò la distribuzione agli azionisti di un dividendo simbolico complessivo di 188 mila euro, ma fece scattare il meccanismo di remunerazione dell'usufrutto in favore di Jp Morgan con conseguente pagamento della cedola del Fresh e la corresponsione di 52 milioni di euro. La conseguenza di tale sconsiderata condotta e stata una depauperamento della patrimonializzazione della banca», come è stato evidenziato di fronte ai pubblici ministeri dal viceresponsabile dell'Area Finanza Massimo Molinari.

 

 

Giuseppe Mussari AnnaMaria Tarantola ANTONIO VIGNI GIUSEPPE MUSSARI FOTO ANSAmonte dei paschi di siena logo NOMURA

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