REGALO DI NATALE... A INTESA E UNICREDIT - MUCCHETTI BOCCIA IL DECRETO SULLA RIVALUTAZIONE DELLE QUOTE DI BANKITALIA E INVITA SACCOMANNI A VENIRE IN PARLAMENTO PER SPIEGARNE I LATI INCOMPRENSIBILI

Federico Fubini per "La Repubblica"

Massimo Mucchetti non è convinto. Il decreto sulla rivalutazione delle quote Bankitalia è appena approdato in Senato. Per il senatore Pd, presidente della commissione Industria, è un'operazione sbagliata sia in termini contabili che istituzionali.

Cosa non va, a suo avviso?
«La struttura dell'operazione. Negli anni '90, con la fine del controllo pubblico sulle banche, ci fu una privatizzazione preterintenzionale della Banca d'Italia, detenuta dagli istituti. Adesso si procede a una privatizzazione intenzionale con ricca dote per i soliti noti».

Il ministro Saccomanni dice che non è una privatizzazione, perché la tipologia dei soci di Bankitalia non cambia.
«Non mi pare. Dal 1936 agli anni '90 i soci erano enti pubblici italiani. Gli stessi, tranne Inps e Inail, sono stati privatizzati senza riflettere agli effetti per la banca centrale. Ora i nuovi soci dovrebbero essere banche e assicurazioni dei 27 Paesi Ue, le fondazioni, i fondi pensione italiani e europei.

E' una mezza rivoluzione. Viene meno anche il diritto di gradimento del Tesoro sui soci. E così, in teoria, all'assemblea annuale di Via Nazionale potrebbe accadere che il delegato di una banca cipriota quotista, magari legato ai servizi segreti russi, possa venire a concionare».

Per il Tesoro adeguare il capitale è urgente ai fini della vigilanza europea.
«È dal 2005 che il problema è aperto. Arrivare all'ultimo, dopo un'estenuante trattativa con le banche e la Bce, è segno di una gestione dell'agenda poco rispettosa del parlamento. D'altra parte l'urgenza ci sarebbe se le banche azioniste tenessero in pugno la Vigilanza, ma così non è. Il ministro Saccomanni e il governatore Visco devono venire in Senato e poi alla Camera a spiegare i lati incomprensibili del decreto».

Il calendario del Senato prevede il voto in aula entro il 17 dicembre. Ci sono i tempi?
«La Banca d'Italia è un'istituzione della Repubblica che fa parte dell'Eurosistema. Non una corporazione che risolve tutto al chiuso di una trattativa con l'Abi sulla base di una perizia di parte presa per buona dal governo e senza approfondimento da parte del parlamento».

Lei parla di ricca dote per le banche. Non crede alla perizia?
«Il governo sceglie la parte alta, 7,5 miliardi, di una forcella di comodo. Mi risulta ci siano altre valutazioni, fatte da Bankitalia, più basse. I tre consulenti dicono che gli utili da signoraggio (da emissione di moneta, ndr) accantonati non possono essere patrimonio dei privati, perché il signoraggio è funzione pubblica. Allora quali sono le funzioni non pubbliche e i loro rendimenti accumulati? A chi appartiene la parte di patrimonio non ‘privata'? Allo Stato. Ma allora come esercita lo Stato i suoi diritti di proprietà?»

A chi si riferisce quando parla dei "soliti noti"?
«Due terzi della somma vanno a Intesa Sanpaolo e Unicredit. Poiché dovranno scendere sotto al 5% saranno le altre banche dovranno comprare e finanziare così colossi loro concorrenti. In un mercatino delle quote di cui non si capisce come si formino i prezzi e quale autorità eserciti la sorveglianza ».

La riforma blinda l'indipendenza di Bankitalia, non trova?
«Questa riforma, se non corretta, farà confusione. L'indipendenza deriva dall'autorevolezza dei governatori. E il governo non può aver paura di se stesso, cadere nella tentazione di ingerirsi delle attività regolate dall'Eurosistema. C'è una governance che lo impedisce. Perché non copiare lo statuto della Buundesbank? Con questo decreto Bankitalia diventa la mosca bianca d'Europa».

 

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