carlo de benedetti

LO CHIAMAVANO IL ''TIGRE DI COMPRACEN" – RITRATTONE BY PERNA DI CARLO DE BENEDETTI: “FIUTO NEGLI AFFARI, USO DELLA POLITICA, GUSTO DELL’AZZARDO. TUTTO È BALLERINO NEL SUO MONDO. NEGLI ANNI, È ENTRATO E USCITO DALLE AZIENDE, HA COMPRATO E VENDUTO, RIEMPITO, SVUOTATO, TRASFORMATO, ASSUNTO E LICENZIATO IN UNA SPECIE DI INESAURIBILE FREGOLISMO FINANZIARIO. NON HA FATTO FABBRICHE MA AFFARI”

Giancarlo Perna per “la Verità”

 

Carlo De Benedetti

La vita avventurosa di Carlo De Benedetti si è arricchita di un nuovo episodio, tipico del personaggio. Sotto Natale, la magistratura ha incriminato il commercialista dell' Ingegnere per un investimento a suo nome nelle Banche popolari. Il fatto risale a 4 anni fa, con Matteo Renzi a Palazzo Chigi.

 

L' Ingegnere, che di Matteo potrebbe essere nonno, aveva preso a benvolere l' allora promettente fiorentino. Gli faceva da consulente economico e si vedevano di continuo. Per caso, diciamo così, seppe dal nipotino che la riforma delle banche popolari era in dirittura d' arrivo. Ebbe la notizia il 16 gennaio 2015. Il 20 fu emanato il decreto.

 

Nelle more, si precipitò al telefono e ordinò al trader: «Compri azioni delle popolari per 5 milioni di euro», confidandogli che la dritta era del premier. Varata la riforma, i titoli si impennarono e l' Ingegnere guadagnò, pare, 600.000 euro. Poiché aveva l' aria di un insider trading - il guadagno di chi profitta di informazioni privilegiate - la magistratura s' insospettì.

 

BERLUSCONI E CARLO DE BENEDETTI

Interrogati, i due fecero il gatto e la volpe. Renzi negò di avere dato indicazioni, De Bendetti di averne ricevute. Così, il rinvio a giudizio è toccato al povero commercialista per non avere denunciato l' operazione alla Consob, pur sapendola «sospetta». Ora, è lui nelle peste. Domani, chissà. Nella vicenda, c' è molto dell' ottantaquattrenne De Benedetti. Il fiuto negli affari, l' uso della politica, il gusto dell' azzardo, l' anguillismo giudiziario.

 

TRA LANGHE E SVIZZERA

Da mezzo secolo, l' Ingegnere - detto così per la laurea al Politecnico di Torino, sua città natale - è protagonista della società italiana. Anche se è un po' svizzero. Nella Confederazione sfollò con la famiglia durante la guerra per sfuggire all' ondata antiebraica. Si trasferì di nuovo negli anni Sessanta, avendo tre ragazzi, Rodolfo, Marco, Edoardo, che erano un' esca ghiotta per i sequestratori che allora imperversavano da noi.

MATTEO RENZI E CARLO DE BENEDETTI A LA REPUBBLICA DELLE IDEE A firenze

 

In seguito, ha fatto la spola tra le Langhe, dove ha un villone, e Sankt Moritz dove ne ha un altro. Attualmente, ha doppio passaporto. De Benedetti ha costruito un impero miscellaneo. Ha un' holding, la Cir, che contiene tante matrioske, nei più svariati ambiti: energia (Sorgenia), giornali (Gedi), componenti auto (Sogefi), sanità (Kos), finanza.

 

All' ingrosso, 13.000 dipendenti. Ma tutto è ballerino nel mondo di De Benedetti. Negli anni, è entrato e uscito dalle aziende, ha comprato e venduto, riempito, svuotato, trasformato, assunto e licenziato in una specie di inesauribile fregolismo finanziario. L' Ing. non ha fatto fabbriche ma affari. La sua vocazione non è industriale ma finanziaria. Lo scopo non è il prodotto ma i soldi.

 

LO CHIAMAVANO IL TIGRE

CARLO DE BENEDETTI E MATTEO RENZI A DOGLIANI DA CHI

Tra gli emblemi del capitalismo italico, Gianni Agnelli, ricco di famiglia, e Silvio Berlusconi, l' uomo che si è fatto da sé, De Benedetti rappresenta l' irrequieto capitano di ventura. Un giorno nella polvere, l' altro sull' altare. Dal padre, Rodolfo, ereditò una fabbrichetta di tubi flessibili con 80 operai nella quale già lavorava il fratello maggiore, Franco, poi senatore del Pds. I due sono sempre andati d' amore e d' accordo ma essendo Carlo preponderante, Franco fu detto «il resto del Carlino».

 

Carlo, invece, fu detto il «Tigre». Nel 1972, acquistò una società immobiliare, quotata in borsa, la Gilardini. La svuotò e ne fece un' azienda metalmeccanica. Gli Agnelli, poiché il lavoro era affine, spiarono le mosse di De Benedetti e videro che ci sapeva fare. Le due famiglie si conoscevano da una vita. A Torino abitavano nello stesso palazzo, poi furono vicini nelle ville in collina, in più Carlo era stato al ginnasio con Umberto Agnelli.

 

CARLO DE BENEDETTI JOHN ELKANN

Fu così che nel 1976, Umberto offrì al compagno di classe di fare l' ad in Fiat. Carlo accettò, conferendo la Gilardini in cambio di azioni. Restò però solo 100 giorni, perché si sentiva a disagio. Gli Agnelli, diffidandone, l' avevano infatti isolato. Il Tigre fece solo in tempo a silurare Gianmarco Rossignolo, capo della componentistica, liquidando come «aria fritta» le sue teorie. Si fece fama di arrogante.

 

L' INTUIZIONE DELLA PANDA

A suo merito, invece, la rottamazione delle 126 e 127, utilitarie obsolete, in cambio di una novità. Andò dal designer Giorgetto Giugiaro e gli disse: «Voglio una vettura-jeans». Giugiaro buttò giù uno schizzo e nacque la Panda. Un altro mordi e fuggi fu nel 1981 l' avventura del Banco Ambrosiano.

 

CARLO DE BENEDETTI AGNELLI

Era una banca cattolica in cattive acque guidata da Roberto Calvi, che l' anno dopo finirà impiccato su un' arcata del Ponte dei Frati neri a Londra. De Benedetti, non si è mai capito perché, ci entrò come vicepresidente portando in dote 52 miliardi di lire. Ne uscì 60 giorni dopo, forse avendo visto troppo, con tutti i suoi soldi, più una regalia di 2,5 miliardi.

 

Di lì a poco, la banca fallì. La capatina fu giudicata sospetta e, anni dopo, l' Ing riportò 2 condanne per bancarotta fraudolenta. In primo grado e in Appello. La Cassazione però lo assolse per un vizio procedurale.

 

mario calabresi carlo de benedetti

Com' è, come non è, nei primi anni Ottanta troviamo De Benedetti alla testa della leggendaria Olivetti di Ivrea. Era il gioiello dell' elettronica italiana in lenta decadenza. Il Nostro la rassettò. Poiché la branca Usa dell' azienda zoppicava, licenziò la responsabile Marisa Bellisario (dopo la morte, divenne simbolo dell' imprenditoria femminile) dicendole: «Lei è un' oca».

 

LA CRISI DELL' OLIVETTI

CARLO DE BENEDETTI FANPAGE

Nei lustri successivi, il Tigre fece strame. Negli anni '90, perse l' aggancio con lo sviluppo tumultuoso dei computer e l' Olivetti uscì dal mercato. Licenziò migliaia di maestranze e fu ribattezzato De Maledetti. Tutto l' indotto del Canavese retrocesse di mezzo secolo. Per fare cassa, De Benedetti rifilò alle Poste paccottiglie per 600 miliardi - telescriventi vetuste, software megalitici, ecc. -, dando mazzette a un alto funzionario.

Carlo De Benedetti 55

 

Nel processo per corruzione, se la cavò per il rotto della cuffia con la prescrizione. Fu anche arrestato ma rilasciato dopo 13 ore. Il giudice che lo liberò, Augusta Iannini (moglie di Bruno Vespa) si dichiarò anni dopo pentita di averlo fatto così in fretta. Gli è andata però male con una condanna a 3 mesi, l' unica passata in giudicato anche se poi convertita in pena pecuniaria, per falso in bilancio sempre ai tempi dell' Olivetti. Buone e meno buone, le avventure del Tigre sono infinite. Lo spazio però è tiranno. Mi limiterò perciò a dire chi ha protetto il Nostro nelle sue spericolatezze.

 

TESSERA NUMERO 1 DEL PD

carlo de benedetti fedele confalonieri 5

Politicamente, l' Ing è stato un repubblicano, vicino al ministro Bruno Visentini. Ricevette anche molti favori dal dc Romano Prodi. Ha ampiamente bazzicato i comunisti, da Enrico Berlinguer a Massimo D' Alema. Tenne a battesimo il Pd di Walter Veltroni, vantandosi per anni di esserne la tessera n.1. Ma la sua assicurazione sulla vita fu Repubblica.

 

carlo de benedetti repubblica

Eugenio Scalfari, il fondatore, s' innamorò di lui. Lo chiamava con affetto, «cavalier solo». Gli tenne bordone in tutte le operazioni che ho descritte e in molte altre. Ecco uno scampolo delle sue carinerie: «Capacità di lavoro eccezionale, intuito per gli affari molto superiore alla media. È intelligente e ingenuo, furbissimo e candido, estroverso e solitario, coraggioso e bisognoso di affetto quant' altri mai». A furia di sviolinate, lo indusse nel 1989 a comprare L' Espresso e La Repubblica. Scalfari si beccò 90 miliardi sull' unghia. Il socio, Carlo Caracciolo, 300. Così, De Benedetti s' impossessò un' altra volta di una cosa fatta da altri, fedele al principio di non crearne nessuna.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni kirk renzi salvini tajani

DAGOREPORT - LA STRATEGIA DELLA DISTRAZIONE DI GIORGIA MELONI: PER LA DESTRA DE’ NOANTRI, IL DELITTO KIRK NON È UNA STORIA AMERICANA DEFLAGRATA ALL’INTERNO DEL MONDO DEI “MAGA” TRUMPIANI. NO, È ROBA DA BRIGATE ROSSE IN VIAGGIO PREMIO NEGLI USA - ECCO: IL CADAVERE DI UN ATTIVISTA DI UN PAESE DOVE LE ARMI LE COMPRI DAL TABACCAIO È GIUNTO AL MOMENTO GIUSTO PER ESSERE SFACCIATAMENTE STRUMENTALIZZATO AD ARTE DALLA PROPAGANDA DI PALAZZO CHIGI, COPRENDO CON DICHIARAZIONI FUORI DI SENNO LE PROPRIE DIFFICOLTÀ - CHE LA DESTRA DI GOVERNO SIA IN PIENA CAMPAGNA ELETTORALE, INQUIETA (EUFEMISMO) PER L’ESITO DELLE REGIONALI D’AUTUNNO, IL CUI VOTO SARÀ DIRIMENTE IN VISTA DELLE POLITICHE 2027, ALLE PRESE CON UN PAESE CHE SENZA LA FORTUNA DEI 200 MILIARDI DEL PNRR SAREBBE IN RECESSIONE COME LA FRANCIA E LA GERMANIA, NE È CONSAPEVOLE LO STESSO ESECUTIVO, IN PIENO AFFANNO PER TROVARE LE RISORSE NECESSARIE ALLA FINANZIARIA DI FINE D’ANNO - RENZI: “LA PREMIER SEMINA ZIZZANIA E CREA TENSIONE PER EVITARE DI PARLARE DI STIPENDI E SICUREZZA. MA SOPRATTUTTO PER EVITARE CHE NASCA UN VERO MOVIMENTO A DESTRA. OCCHIO: SE VANNACCI FA COME FARAGE, LA MELONI VA A CASA. LA POLITICA È PIÙ SEMPLICE DI QUELLO CHE SI CREDA. GIORGIA MELONI ALIMENTA LA PAURA PERCHÉ LEI HA PAURA…” - VIDEO

emanuele orsini romana liuzzo luiss sede

FLASH! – IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA, EMANUELE ORSINI, HA COMINCIATO IL "RISANAMENTO" DELL’UNIVERSITÀ "LUISS GUIDO CARLI" ALLONTANANDO DALLA SEDE DELL’ATENEO ROMANO LO SPAZIO OCCUPATO DALLA "FONDAZIONE GUIDO CARLI" GUIDATA DALL’INTRAPRENDENTE ROMANA LIUZZO, A CUI VENIVA VERSATO ANCHE UN CONTRIBUTO DI 350 MILA EURO PER UN EVENTO ALL’ANNO (DAL 2017 AL 2024) - ORA, LE RESTA SOLO UNA STANZETTA NELLA SEDE LUISS DI VIALE ROMANIA CHE SCADRÀ A FINE ANNO – PRIMA DELLA LUISS, LA FONDAZIONE DELLA LIUZZO FU "SFRATTATA" DA UN PALAZZO DELLA BANCA D’ITALA NEL CENTRO DI ROMA...

rai giampaolo rossi gianmarco chiocci giorgia meloni bruno vespa scurti fazzolari

DAGOREPORT - RIUSCIRÀ GIAMPAOLO ROSSI A DIVENTARE IL CENTRO DI GRAVITÀ DELL’INDOMABILE BARACCONE RAI? - IL “FILOSOFO” DEL MELONISMO HA TENUTO DURO PER NON ESSERE FATTO FUORI DAL FUOCO AMICO DEL DUPLEX SERGIO-CHIOCCI. A “SALVARE” IL MITE ROSSI ARRIVÒ IL PRONTO SOCCORSO Di BRUNO VESPA, CON IL SUO CARICO DI MEZZO SECOLO DI VITA VISSUTA NEL FAR WEST DI MAMMA RAI - A RAFFORZARE LA SUA LEADERSHIP, INDEBOLENDO QUELLA DI CHIOCCI, È INTERVENUTA POI LA FIAMMA MAGICA DI PALAZZO CHIGI, “BRUCIANDO” IN PIAZZA IL DESIDERIO DI GIORGIA DI ARRUOLARLO COME PORTAVOCE - L’OPERAZIONE DI ROSSI DI ESSERE IL BARICENTRO IDEOLOGO E PUNTO DI RIFERIMENTO DI TELE-MELONI, SI STA SPOSTANDO SUI TALK-SHOW E L’INTRATTENIMENTO, A PARTIRE DALLA PROBABILE USCITA DI PAOLO DEL BROCCO, DA UNA DOZZINA DI ANNI ALLA GUIDA “AUTONOMA” DELLA CONSOCIATA RAI CINEMA, IN SCADENZA AD APRILE 2026 - IL NOME CHE SCALPITA PER ANDARLO A SOSTITUIRE, È UN AMICO FIDATO DI ROSSI, L’ATTUALE DIRETTORE DEL DAY-TIME, LO SCRITTORE-POETA-CANTANTE-SHOWMAN ANGELO MELLONE - MENTRE A RAI FICTION...

roberto vannacci matteo salvini giorgia meloni

DAGOREPORT - UNO SPETTRO SI AGGIRA MINACCIOSO PER L'ARMATA BRANCA-MELONI: ROBERTINO VANNACCI - L’EX GENERALE DELLA FOLGORE STA TERREMOTANDO NON SOLO LA LEGA (SE LA VANNACCIZZAZIONE CONTINUA, ZAIA ESCE DAL PARTITO) MA STA PREOCCUPANDO ANCHE FRATELLI D’ITALIA - IL RICHIAMO DEL GENERALISSIMO ALLA DECIMA MAS E ALLA PACCOTTIGLIA DEL VENTENNIO MUSSOLINIANO (“IO FASCISTA? NON MI OFFENDO”)  ABBAGLIA LO “ZOCCOLO FASCIO” DELLA FIAMMA, INGANNATO DA TRE ANNI DI POTERE MELONIANO IN CUI LE RADICI POST-MISSINE SONO STATE VIA VIA DEMOCRISTIANAMENTE “PETTINATE”, SE NON DEL TUTTO SOTTERRATE - IL PROGETTO CHE FRULLA NELLA MENTE DI VANNACCI HA COME TRAGUARDO LE POLITICHE DEL 2027, QUANDO IMPORRÀ A SALVINI I SUOI UOMINI IN TUTTE LE CIRCOSCRIZIONI. ALTRIMENTI, CARO MATTEO, SCENDO DAL CARROCCIO E DO VITA AL MIO PARTITO - INTANTO, SI È GIÀ APERTO UN ALTRO FRONTE DEL DUELLO TRA LEGA E FRATELLI D’ITALIA: LA PRESIDENZA DEL PIRELLONE…

berlusconi john elkann

FLASH! – “AHI, SERVA ITALIA, DI DOLORE OSTELLO...”: DA QUALE FANTASTICA IPOCRISIA SPUNTA LA FRASE “MESSA IN PROVA” PER LIQUIDARE IL PATTEGGIAMENTO DI JOHN ELKANN, CONDANNATO A 10 MESI DI LAVORO DAI SALESIANI? - QUANDO TOCCÒ AL REIETTO SILVIO BERLUSCONI DI PATTEGGIARE CON LA GIUSTIZIA, CONDANNATO A UN ANNO DI LAVORO PRESSO UN OSPIZIO DI COLOGNO MONZESE, A NESSUNO VENNE IN MENTE DI TIRARE FUORI LA FRASE “MESSA IN PROVA”, MA TUTTI TRANQUILLAMENTE SCRISSERO: “SERVIZI SOCIALI”…