ricchi poveri salute

SE IL CAPITALISMO NON SI OCCUPA DEI POVERI, MUORE - RAY DALIO, AL VERTICE DI "BRIDGEWATER", UNO DEI PIÙ GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO STATUNITENSI E JAMES DIMON, LEADER DI "JP MORGAN CHASE", LANCIANO L'ALLARME SULLA CRISI DEL CAPITALISMO: LA CONCENTRAZIONE DI RICCHEZZA E L’AUMENTO DEI NUOVI POVERI, FANNO CRESCERE LA "DOMANDA" DI SOCIALISMO E PROTEZIONISMO

Carlo Pelanda per “la Verità”

 

RAY DALIO

Ray Dalio, al vertice di Bridgewater, uno dei più grandi fondi di investimento statunitensi e James Dimon, leader di JP Morgan Chase, megabanca d' affari, hanno recentemente lanciato l' allarme sulla crisi del capitalismo temendone la fine: la ricchezza, in America, tende a polarizzarsi tra ricchi e poveri in aumento e i secondi portano il consenso verso modelli diversi dal capitalismo liberale stesso, annotando la crescente domanda di socialismo e protezionismo visibile nelle elezioni parlamentari del novembre corso.

 

Per salvare il modello capitalistico ambedue spingono per programmi urgenti di contrasto alla povertà. Ma nelle loro proposte sembra prevalere più l' idea di limitazione del profitto capitalistico privato a favore di sostegni sociali e reddituali e di rincorsa del protezionismo sociale che non quella di un cambiamento sostanziale del modello di welfare, cioè di allocazione del denaro fiscale. È questa la giusta formula per salvare il capitalismo democratico e liberale?

 

edward luttwak (2)

Ce lo chiedemmo nel settembre 1994 Edward Luttwak, Giulio Tremonti ed io, in una pausa dei lavori del forum Ambrosetti. Tutti e tre, pur in linee di ricerca diverse, stavamo lavorando su dati che mostravano un aumento dell' impoverimento nelle democrazie. Io ero molto caldo sul tema - Tremonti persino di più in quanto, al tempo, ministro delle Finanze - anche perché vedevo in molte nazioni dell' Ue l' aumento del finanziamento via debito e non crescita del modello redistributivo, segnale di insostenibilità nonché di depressione della crescita stessa.

 

Disegnammo sui tovaglioli delle proiezioni e concordammo che la spaccatura crescente tra più ricchi e più poveri, i secondi con meno speranza di diventare ricchi, avrebbe portato all' implosione della democrazia liberale se non ci fossero stati cambiamenti. E decidemmo di scrivere a tre mani, con saggi separati, Il fantasma della povertà (Mondadori, 1995), titolo fortemente voluto da Tremonti perché voleva marcare l' allarme.

giulio tremonti

 

Quel libro fu, purtroppo, profetico nell' anticipare la crisi della ricchezza nelle democrazie. Sul piano delle soluzioni, Tremonti dovette essere sfumato, pur puntuto, visti i suoi ruoli politici. Luttwak, di fatto, sollecitò un' autolimitazione del turbocapitalismo, oltre che un' estensione delle garanzie redistributive, non dissimile come concetto da quanto proposto 25 anni dopo da Dalio e Dimon.

 

Io invece proposi un cambiamento totale del modello di welfare nelle democrazie: garanzie (attive) di investimento su ogni individuo per dargli una capacità competitiva nel mercato come sostituti delle garanzie (passive) redistributive e assistenziali, casi di bisogno assoluto a parte. Proposi un «welfare di investimento» sia per l' ambiente liberalizzato in America dove c' è un gap di garanzie sia per quello statalista europeo dove queste sono quasi socialiste e non hanno la missione di trasformare i deboli in forti, ma solo di assistere malamente i primi, per esempio il reddito di cittadinanza.

JP MORGAN

 

Sostenni che il denaro delle tasse, queste di meno per favorire lo sviluppo, doveva essere allocato principalmente per formare la competenza degli individui, cioè formarli e riformarli continuamente per creare una qualificazione di massa che è condizione necessaria per partecipare ad un capitalismo altrettanto di massa in un' economia tecnologica che richiede competenze crescenti.

 

Abbozzai un modello di Stato (amministrativo) come banca di investimento, oltre che per la modernizzazione infrastrutturale, per la qualificazione degli individui, settore dove il mercato privato non può investire per la lunghezza del tempo tra spesa e ricavi. Cioè tentai di inserire lo Stato stesso entro il ciclo del capitale, non lasciandolo fuori come nelle dottrine del liberalismo classico o limitativo del mercato come in quelle socialiste, per passare dal conflitto tra Stato e mercato ad una loro convergenza per il consolidamento del capitalismo di massa (cfr. Lo Stato della crescita, Sperling 1999; con Paolo Savona Sovranità e ricchezza, Sperling, 2001; Futurizzazione, Sperling 2003; Formula Italia (Angeli, 2010); Strategia 2028, Angeli 2018).

La ricchezza nel mondo - Stime 2016 del FMI proiezioni di PwC per il 2030 e il 2050

 

Il punto: non si tratta di autolimitare il profitto capitalistico, come proposto da Dailo e Dimon, pur razionale per ogni azienda dedicarne una parte al «privato sociale», ma di far partecipare più persone al profitto stesso finanziandone la qualificazione e gli accessi al mercato con denaro fiscale, cioè cambiare il modello di welfare. Nella loro proposta, infatti, c' è il rischio di replicare la confusione depressiva prodotta dalle sinistre, e ora dai neo assistenzialisti, al riguardo delle missioni di Stato e mercato, con terribile errore morale e tecnico: il mercato deve dare garanzie e lo Stato creare ricchezza.

 

Capisco la priorità della finanza di non diventare bersaglio degli impoveriti. Ma ciò non giustifica l' abbandono della teoria giusta perché espansiva: lo Stato deve dare garanzie, il mercato creare ricchezza.

 

povertà

E bisogna modificare tali garanzie, rendendole qualificanti dove c' è il welfare (Ue) o creandole dove non ce ne sono a sufficienza (Usa), affinché il libero mercato stesso crei ricchezza per tutti e non solo per pochi. In conclusione, le aziende non devono rinunciare al profitto, ma, insieme a tutti i lavoratori, spingere la politica affinché usi i soldi delle tasse per rendere di massa l' accesso al profitto stesso. La riforma (liberale) del capitalismo democratico, sui piani nazionali, è ridurre le disuguaglianze dando a tutti gli individui risorse iniziali e continue di qualificazione competitiva, non qualche spicciolo quando si trovano nei guai perché senza valore di mercato.

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)