TAVOLO (AL) VERDE - LA CRISI STROZZA ANCHE QUEL SETTORE CHE SEMBRAVA DOVESSE AVERE LUNGA VITA: IL GIOCO - I QUATTRO CASINO ITALIANI HANNO DEBITI MOSTRUOSI E SONO COSTRETTI A LICENZIARE CENTINAIA DI DIPENDENTI - A DISTRUGGERE IL BUSINESS DELLE SALE DA GIOCO ITALIANE, OLTRE AL VIDEOPOKER E AI GIOCHI ONLINE, ANCHE LA REGOLAMENTAZIONE MONTIANA E ANNI DI ASSUNZIONI POLITICHE...

Paolo Berizzi per "la Repubblica"

Rien ne va plus, i giochi sono sfatti: Basta farsi un giro in questo paese fantasma, per capire che la roulette si è inceppata e il banco sta saltando. Qui e anche a Sanremo. E non è che a Saint Vincent e a Venezia se la passino tanto meglio. «Les jeux sont fait, rien ne va plus». I casinò italiani hanno le pezze al tavolo. Campione, che è il più grande d'Europa, una monumentale e sempre meno frequentata cattedrale del gioco firmata dal genio architettonico di Mario Botta, guida il gruppo.

Crisi. Nera. Divorati dalla recessione e dai giochi on line, spolpati da decenni di politica clientelare e messi in scacco dalla tracciabilità montiana (il limite di spesa in contanti è mille euro, il che, dicono i giocatori, equivale a «spararci nelle gambe»), i quattro templi sacri del tavolo verde si stanno trasformando in colabrodo: entro la fine del 2012, avranno perso tra i 70-80 milioni di incasso. Il 30 per cento in meno del 2011. Qualche centinaio di dipendenti sarà costretto a mandare in giro i curricula: magari in Austria e in Slovenia, dove la musica è un po' diversa.

Qui il piatto piange a dirotto. Campione, dunque. Un buco di 40 milioni a sfregiare 95 anni di storia; segretarie che guadagnano 6 mila euro al mese, 210 posti di lavoro (su un totale di 690, di cui 570 dipendenti del casinò e 120 del Comune) da tagliare e tenuti in vita col congelatore dei contratti di solidarietà alla tedesca (guadagnare meno, lavorare tutti). Domanda a bruciapelo a un croupier di lungo corso: come va?

«Da cani. Se va bene, abbiamo i mesi contati. Dicono che il problema sono i costi. Certo. Ma i costi sono tutte le assunzioni politiche degli ultimi anni. Quando diventi un carrozzone, quando la "macchina di supporto" costa di più della "macchina di produzione", prima o poi scoppi».

Che la sola aria condizionata soffiata nei saloni del casinò incida per 2 milioni l'anno sulle casse del governo (proprietario dei quattro casinò italiani assieme a Comuni e Provincie, che si spartiscono le altre quote) in fondo può sembrare solo un dettaglio. Ma tutto fa brodo, e alla fine il brodo si è surriscaldato. Il 9 ottobre i lavoratori si sono fatti sentire: non solo a parole. L'ad Carlo Pagan si è beccato un pugno in testa da un croupier. Ai dipendenti non sono andate giù le sue spiegazioni sul cambio sfavorevole franco-euro che penalizza l'azienda («dobbiamo pagare gli stipendi con 120 milioni di euro, con il precedente cambio a 1,60 pagavamo 87 milioni»).

Dalle atmosfere ovattate della Belle Époque al lastrico, passando dalle prostitute di Vittorio Emanuele di Savoia (poi assolto per l'affaire del 2006) e da un sindaco e amministratore delegato (il chirurgo forzista Roberto Salmoiraghi) arrestato, con l'aggiunta della parentesi non proprio rivitalizzante del consulente bancarottiere Lele Mora. Era proprio il caso di spendere 14 milioni di franchi svizzeri (qui si gioca in franchi), e cioè 9.300.000 euro, per costruire il nuovo casinò?

È stato l'azzardo di Salmoiraghi. Correva l'anno 2007 e la politica, tanto per cambiare, metteva a segno l'ennesima incursione: il poliziotto Mariano Savo, ex autista del segretario federale della Lega, Roberto Maroni, veniva prima assunto e poi promosso con un contratto da dirigente: responsabile della sicurezza, 10 mila franchi (7.500 euro) di stipendio. A proposito di vincite: Savo si è anche aggiudicato una causa contro il casinò che non voleva riconoscergli il "premio consolidato" (concesso da molti anni agli impiegati in sostituzione delle mance che integrano lo stipendio dei croupier). «La fortuna bacia a Campione», recita lo slogan.

Già, le casse però sono vuote. «Chiediamo un aiuto al governo - dice il sindaco attuale dell'enclave italiana in Ticino, Maria Paola Piccaluga -. La nostra comunità vive esclusivamente sugli incassi della sala da gioco, mentre in Svizzera, nel raggio di dieci chilometri, ci sono altre sale che non sottostanno alle norme europee e italiane».

Luca Frigerio, amministratore unico del casinò di Saint Vincent, è anche presidente di Federgioco, che raggruppa le quattro sale italiane. «Oltre ai giochi online, c'è il problema del denaro contante. Abbiamo chiesto al governo di portarlo al livello europeo».

A Sanremo la crisi del casinò ha provocato una sollevazione della maggioranza
in consiglio comunale (la città è azionista al 99,6 per cento): i dirigenti sono stati sfiduciati e al cda, che li ha nominati, è stato chiesto uno "scrollone" che però non tocchi i posti di lavoro. Negli anni 30 il casinò sanremese aveva come consulenti Mascagni, Pirandello e Francesco Pastonchi. In tempi più recenti, ricorda la "teste Omega" Stefania Ariosto, ex frequentatrice assidua delle sale, «andare al casinò era un piacere, effimero, ma un piacere vero. Il personale era attento, oggi invece ti trattano malissimo. C'è una desolazione... ». Ma questa è un'altra storia, o forse no.

 

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