TELE-COM TI FREGO – NELLA FRODE DEL LEASING TELECOM, SOLDI ANCHE AD AZIENDE FALLITE –PASSAGGI DI DENARO TRA SOCIETA’, CLIENTI E FORNITORI - LE AMNESIE DI PATUANO SU FOSSATI E BLACKROCK

1 - NELLA FRODE DEL LEASING SOLDI ANCHE AD AZIENDE FALLITE
Luca Fornovo e Gianluca Paolucci per "la Stampa"


C'era anche chi continuava a prendere soldi pur essendo in stato d'insolvenza, nella frode dei leasing Telecom Italia. E spuntano una serie di passaggi che facevano «girare» i soldi tra Telecom, clienti e fornitori. Un aspetto, su cui si starebbe concentrando l'attenzione dell'autorità giudiziaria per ricostruire i flussi di denaro in entrata e in uscita in alcuni dei casi di leasing «fraudolento».

A far emergere il sistema delle triangolazioni è un report dell'audit di Telecom del febbraio 2012, successivo a quello dell'agosto 2011 che fa «scoppiare» il bubbone dei leasing. Malgrado i ripetuti campanelli d'allarme e le analisi del team di audit, è solo nel 2012 che all'interno di Telecom si arriva alla piena comprensione di quello che accadeva nella divisione di vendite di prodotti informatici (Ict).

Sulla vicenda ulteriori approfondimenti sono in corso da parte della magistratura. Telecom si dichiara parte lesa. Un anno fa il team di audit del gruppo telefonico ricostruisce una lunga serie di operazioni svolte con triangolazioni di fatture con Telecom a fare da «perno» tra fornitore e cliente.

Nel 2012 viene alla luce ad esempio il caso del cliente Mvs, una società del settore automotive di Atessa, in Abruzzo. Stipula con Telecom un contratto per comprare 35 piattaforme di e-learning offerte da Extra.it, uno dei fornitori Telecom. A vendere le piattaforme a Extra.it - formalmente - era però la Dpm Factory, una società che aveva per oggetto sociale la «fabbricazione di accessori e pezzi staccati per motocicli e ciclomotori». In realtà, secondo quanto ricostruisce l'audit, il giro di fatture serviva solo a giustificare il passaggio dei fondi da Telecom al cliente, anche perché Dpm era la controllante della stessa Mvs.

Il caso più emblematico è forse quello dello Ial (240 dipendenti), l'istituto di formazione lavoratori del Piemonte, fondato dalla Cisl, che riceve fondi dagli enti pubblici. Quando finisce in amministrazione straordinaria, nel 2009, deve a Telecom 4,8 milioni. Ma continua a sottoscrivere contratti di leasing e di noleggio anche dopo, fino al 2010. Lo Ial compra il pacchetto "Elwira", un prodotto integrato hardware e software. Il prodotto, venduto da Telecom in leasing, arriva dal fornitore Net Team.

Ma Net Team, in contemporanea, «compra» dalla stessa Ial lo stesso prodotto. Lo Ial, giova ricordarlo, si occupa di formazione professionale e non di software né di hardware. In altri due casi, i soldi arrivati allo Ial finiscono invece a una società di attrezzature per ufficio e arredamenti. Nel caso del cliente Bienne, la triangolazione era tanto esplicita da essere indicata nei contratti come «progetto triangolazione».

Nell'ecosistema dei partner di Telecom, i fornitori più assidui del gruppo, c'è la società Kelyan, di cui fino al 2008 (prima di cedere le quote) è stato azionista anche Franco Bernabè, ex presidente e ad di Telecom. A Kelyan Telecom chiede a fine 2011 delle precisazioni sulle forniture. A gennaio 2012 Kelyan incarica la società Aleph di svolgere una relazione audit, che La Stampa ha potuto visionare, per fare verifiche tra 2005 e 2011 sulle operazioni di rivendita presso terzi, cioè quella tipologia di operazioni commerciali che è stata colpita da fatture false o improprie.

Nell'audit in cui vengono passate al setaccio 166 operazioni sospette, Kelyan prende le distanze da Telecom e si difende, dicendo che «la richiesta di operazioni di rivendita di terzi è sempre stata abituale nel rapporto con tutte le aree commerciali territoriali di Telecom, conosciuta e sollecitata da tutti i livelli organizzativi della struttura commerciale di Telecom e si è sempre rilevata essere un sistema e una metodologia per accrescere il volume del business».

Kelyan spiega anche che non ha mai avuto conoscenza del fatto che le forniture richieste da Telecom per soddisfare i clienti fossero poi oggetto di contratti di leasing e di noleggio. L'audit riscontra varie anomalie: la più curiosa è che tra i costi diretti spuntano anche donazioni da centinaia di migliaia di euro ad enti benefici, «effettuati, stando a quanto riferito, su richiesta del venditore Telecom».

Come cresce il volume di business di Telecom nell'Ict sale anche quello di Kelyan. Nel 2007 i ricavi che il fornitore fattura grazie a Telecom sono di 5,4 milioni . A dicembre 2007 Bernabè torna in Telecom come ad e, per evitare conflitti di interesse, mette in vendita le quote di Kelyan che saranno poi cedute nel luglio 2008. Per conto di Telecom intanto nel 2008 Kelyan fattura 10,6 milioni, cifra che nel 2009 sale a 12,5 milioni e nel 2010 a 10,1 milioni. Dal novembre 2010 tutto il business verrà fatturato a Olivetti. E dopo la truffa dei leasing, gli affari tra i due gruppi si diradano.

2 - BLACKROCK, LE AMNESIE DI PATUANO
Carlo Di Foggia per il "Fatto quotidiano"

Il dettaglio è sfuggito ai più, mescolato nel botta e risposta infinito di venerdì scorso. Sono le 16.57, assemblea degli azioni Telecom, Franco Lombardi, presidente di Asati - associazione dei piccoli azionisti - chiede a Marco Patuano, ad di Telecom Italia, con quali modalità il cda, il 7 novembre scorso, ha collocato il redditizio prestito "convertendo" (le obbligazioni dopo 3 anni si convertiranno in azioni) da 1,3 miliardi: "Chi e a che ora ha contattato BlackRock? Chi ha contattato la Findim di Marco Fossati?". Patuano risponde che non sa e si informerà, ma ammette che nessuno è riuscito a contattare la Findim.

Il 21 novembre scorso era stato lo stesso Patuano a spiegare che Marco Fossati
- azionista con il 5 per cento , e promotore dell'assemblea per la revoca del cda - era stato informato di tutto da Domenico Siniscalco, numero uno di Morgan Stanley Italia, la banca incaricata di collocare il convertendo a tempo di record. Poi una nota di Telecom aveva specificato che Fossati, raggiunto telefonicamente, si era dichiarato non interessato. Fossati ha negato di aver ricevuto alcuna offerta.

FATTO STA che il convertendo, secondo quanto comunicato dalla stessa Telecom, era "rivolto esclusivamente a investitori qualificati, al di fuori degli Stati Uniti d'America". Come mai BlackRock - che ha sede a New York - se ne aggiudica una quota del 15 per cento? La Procura di Roma indaga sull'ipotesi di un patto occulto tra Telefonica e il colosso americano - che gestisce un portafoglio fondi da 4 trilioni di dollari (3 mila miliardi di euro) - per il controllo di Telecom.

L'attenzione dei pm è concentrata proprio sul collocamento del 7 novembre. Il sospetto è che la quota degli spagnoli e quella del fondo - considerando le azioni Telco, che con il 22,4 per cento ha di fatto il controllo di Telecom - sia arrivata ad una soglia vicina a quella del 30 per cento, a cui scatta l'obbligo dell'Offerta pubblica d'acquisto.

Il punto di snodo potrebbe essere il pasticcio combinato la scorsa settimana da BlackRock, quando ha ammesso di aver sbagliato i calcoli nel comunicare alle Autorità americane di essere salita sopra al 10,14 per cento di Telecom. In base ai patti parasociali di Telco, Telefonica non può acquistare direttamente azioni.

Divieto che salta se un azionista supera il 10 per cento. Il sospetto è che Telefonica, con l'aiuto di BlackRock, abbia cercato di gabbare gli azionisti italiani di Telco (Mediobanca, Generali e Intesa Sanpaolo) preparandosi a lasciar cadere la promessa di comprare da loro le azioni Telco a un prezzo doppio di quello di mercato.

Sulla vicenda indaga la Consob, che ha già quasi pronta una dura sanzione per BlackRock sulla vicenda Saipem. A gennaio scorso, 24 ore prima che la società del gruppo Eni lanciasse l'allarme sugli utili che ha fatto crollare del 34 per cento il titolo in borsa, BlackRockha venduto la sua quota del 2,3 per cento, evitando così perdite per oltre 100 milioni. Colpo di fortuna, o forse lo spettro di un gigantesco insider trading.

 

 

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