1- SALVATE LO SCARPARO! LONTANO IL 2006 QUANDO USCÌ DALLA BNL CON UNA PLUSVALENZA DI 250 MILIONI, FINORA TUTTE LE PARTECIPAZIONI DI DIEGO DELLA VALLE, DA RCS A GENERALI, FINO AL SUO GIOIELLO TOD’S, CHE AD AGOSTO DELL’ANNO SCORSO QUOTAVA 95 EURO E OGGI NE VALE MENO DI 70, HANNO PROCURATO SOLTANTO GROSSE PERDITE 2- A TELECOM SERVE UNO SCOSSONE E UN ATTESTATO DI FEDELTÀ POLITICA AL TANDEM MONTI-PASSERA. DOPO IL “T’AMO PIO MONTI” DELLA GRUBER, IERI SERA CHI HA VISTO IL TG DI MENTANA METTERE LA SORDINA ALLE RIVOLTE DEI CAMIONISTI, HA CAPITO CHE DAI PIANI ALTI DI TELECOM È PARTITO L’ORDINE DI NON DISTURBARE I MANOVRATORI DI PALAZZO CHIGI 3- LE FORBICI DI MONTI SULLE OLIMPIADI DI ROMA 2020 FANNO PIANGERE LA ROMA POTENTONA

1- A TELECOM SERVE UNO SCOSSONE E UN ATTESTATO DI FEDELTÀ POLITICA AL TANDEM MONTI-PASSERA
Gli uscieri di TelecomItalia che arrivano al mattino intorno alle 6 hanno abbandonato subito la lettura del "Financial Times" e si sono precipitati a comprare il "Messaggero".
Sul quotidiano di Caltariccone è uscito un articolo che li ha molto preoccupati di Rosario Dimito, il giornalista che insieme ai colleghi Vittorio Malagutti de "Il Fatto" e a Gianni Dragoni del "Sole 24 Ore" non scalda i computer sulla sedia, ma cerca le notizie negli anfratti della finanza.

Nel pezzo si legge che Telco, la holding dove gli spagnoli di Telefonica insieme a Generali, Intesa e Mediobanca controllano il 22,4% di Telecom, sarebbe pronta a mettere mano al portafoglio per rifinanziare i 3,4 miliardi di debiti in scadenza da oggi fino al mese di ottobre.

Di per sé la notizia è positiva perché vuol dire che nessuno dei donatori di sangue si sottrae a una nuova trasfusione per tenere in piedi la società di Franchino Bernabè. Negli uscieri tuttavia questa operazione genera molte preoccupazioni perché significa che l'indebitamento dell'azienda è aumentato rispetto ai dati del terzo trimestre 2011 quando Telecom annunciò che era sceso a 29,9 miliardi rispetto ai 31,4 dell'anno precedente.

Così è, infatti sembra che nell'ultimo trimestre la curva sia risalita e i debiti si aggirino intorno ai 30,7 miliardi. Da qui la necessità di un prestito obbligazionario che sarà garantito per l'intero ammontare dal salottino di Telco.

L'operazione - scrive il giornalista Dimito - avrà ripercussioni inevitabili sulla cedola che Franchino e la sua azienda dovranno pagare al popolo bue dei piccoli risparmiatori che da anni si devono accontentare di magrissimi dividendi.

A queste notizie va aggiunta la convocazione per venerdì prossimo in Mediobanca del consiglio di Telco che procederà a sostituire il presidente Minucci (espressione di Generali) con Clemente Rebecchini, il numero 4 tra i top manager di Mediobanca classe 1964. Costui è un nome noto nel mondo romano dove il padre Salvatore in altra epoca faceva parte del gotha delle costruzioni, ma non è stato contagiato dal cemento e dai mattoni perché è entrato in Mediobanca nell'89 e nel 2010 è diventato responsabile dell'area Principal Investment.

Agli uscieri questi movimenti interessano fino a un certo punto perché vorrebbero capire se dietro la notizia del maxi-bond per rifinanziare il debito ci sono altri problemi. E qui inevitabilmente la loro attenzione è puntata sulla strategia che Franchino Bernabè intende perseguire per dare una prospettiva più robusta all'azienda che sta subendo un confronto molto aggressivo con gli altri competitor della telefonia. Al di là dei meccanismi e delle soluzioni finanziarie rispetto alle quali i soci di Telco non sembrano arretrare, c'è da chiedersi se non sia arrivato il momento di aggiungere alla strategia industriale del manager di Vipiteno anche un po' di fantasia.

La sensazione che i mercati e gli osservatori ricavano dallo stato di salute di Telecom è di una azienda sostanzialmente "bloccata", una grande nave che non è incagliata ma ha bisogno di un timoniere più geniale e determinato. Quando nei giorni scorsi è corsa la voce che Franchino avrebbe potuto legare le sorti di Telecom a quella delle Poste c'è stata un po' di fibrillazione, ma con il Decreto sulle liberalizzazioni che ha frenato lo scorporo di BancoPosta gli spazi di manovra per un progetto innovativo sembrano arenati.

Allo stesso modo la Borsa, che oggi ha salutato con un tonfo di quasi il 4% la notizia del "Messaggero" sul prestito di Telco, si è eccitata per un attimo quando è corsa la voce che Urbano Cairo avrebbe potuto aumentare la sua quota in TelecomItalia Media, la controllata che possiede "La7".

Qualcosa dovrà comunque avvenire nei prossimi mesi perché anche se è chiaro che Bernabè considera la continuità e la stabilità come fattori principali, a Telecom serve uno scossone. Non bastano i risultati strepitosi dell'America Latina dove Luca Luciani ha dimostrato di saper cavalcare quel mercato con capacità napoleonica, né tantomeno possono servire gli spot televisivi sui quali il giudizio del mondo della pubblicità è semplicemente impietoso.

Per reggere la sfida del mercato dove sembra che la quota "domestica" sia diminuita in maniera sensibile, servono due cose: un ribaltone del management con uomini meno sonnacchiosi, e un attestato di fedeltà politica al tandem Monti-Passera. Gli uscieri che ieri sera hanno visto il telegiornale di Mentana mettere la sordina alle rivolte dei camionisti, hanno capito che dai piani alti di Telecom è partito l'ordine di non disturbare i manovratori di Palazzo Chigi.

2- SALVATE LO SCARPARO! LONTANO IL 2006 QUANDO USCÌ DALLA BNL CON UNA PLUSVALENZA DI 250 MILIONI, FINORA TUTTE LE SUE PARTECIPAZIONI, DA RCS A GENERALI FINO AL SUO GIOIELLO TOD'S, CHE AD AGOSTO DELL'ANNO SCORSO QUOTAVA 95 EURO E OGGI NE VALE MENO DI 70, HANNO PROCURATO SOLTANTO GROSSE PERDITE
È bello fare i conti in tasca a un uomo come Dieguito Della Valle. È bello e difficile al tempo stesso perché lo scarparo marchigiano ha talmente diversificato i suoi interessi da rendere complicato un calcolo preciso.

Oggi i giornali annunciano con enfasi che avrebbe opzionato il 2% di Unicredit e a dispetto delle smentite di altri imprenditori come Malacalza e Moretti Polegato oppure del Fondo sovrano di Singapore, dall'ufficio stampa di piazza Cordusio sono partiti squilli di tromba.
Resta il fatto che la partecipazione di Dieguito va ad aggiungersi al grappolo di presenze che hanno consentito all'imprenditore di Casette d'Ete di mettere i piedi in numerose società.

Quanto gli ha reso finora questa "strategia di Pollicino" che mette le sue molliche nei centri di potere per rafforzare la sua immagine di imprenditore dotato di acume finanziario? Spulciando i grafici della Borsa si vede che nell'ultimo anno le mollichine hanno procurato soltanto grosse perdite.

A marzo dell'anno scorso Mediobanca quotava 8 euro e oggi ne vale 5; a febbraio sempre dell'anno scorso le Generali (dove Dieguito ha fatto battaglie sanguinose) quotavano 17 euro mentre adesso viaggiano intorno a 12,4; poi c'è il capitolo doloroso di Rcs dove lo scarparo scalpita dalla voglia di mettere i piedi in nome e per conto dell'amico Luchino e degli altri amici che lo accompagnano nell'avventura di Ntv.

Anche nel Gruppo editoriale non ci sono soddisfazioni perché in un anno il titolo dell'azienda dove tra poco l'amministratore Antonello Perricone alzerà i tacchi, è passato da 1,35 a 0,70 di questa mattina; e che dire dell'investimento fatto con il fratello Andrea e Luigino Abete nell'azienda degli occhiali Marcolin dove il titolo a giugno 2010 sfiorava i 5,5 euro e oggi ne ha persi più di 2.

Come si vede le mollichine di Pollicino sono sempre più piccole, ma la colpa è soprattutto dei mercati e non riesce comunque a scoraggiarlo. Certo, non può godere come nell'aprile 2006 quando uscì dalla BNL con una plusvalenza di 250 milioni, e nemmeno può riprovare le soddisfazioni del maggio 2009 quando comprò per 30,3 milioni di dollari il 5,9% dei magazzini americani Sacks che lo hanno proiettato nella classifica dei miliardari di "Forbes".

Dieguito-Pollicino non si scoraggia nemmeno guardando la parabola del suo gioiello Tod's che ad agosto dell'anno scorso quotava 95 euro e oggi ne vale meno di 70.
Non è un uomo da "mordi e fuggi", di soldi ne ha a bizzeffe, e il chip del 2% dentro Unicredit testimonia la volontà di indossare la casacca dell'imprenditore-assicuratore-editore e banchiere illuminato.

Resta il fatto che alla data di oggi anche il suo portafoglio piange.


3- LE FORBICI DI MONTI SULLE OLIMPIADI DI ROMA 2020
I membri del Comitato promotore per le Olimpiadi di Roma 2020 sanno benissimo che l'unico sport praticato da Mario Monti è quello delle passeggiate tra le montagne dell'Engadina.

In queste ore personaggi come Mario Pescante, Petrucci e Aurelio Regina stanno sulla corda perché temono che le forbici del premier e del suo "sarto" Vittorio Grilli mettano fine al sogno di portare nella Capitale i Giochi del 2020. Non tutti i giornali della Capitale seguono questa vicenda con passione. Curiosamente il più scatenato è il milanese "Corriere della Sera" mentre "Repubblica" sembra indifferente alla questione.

Stamane si è svegliato anche il "Messaggero" ed è probabile che l'input sia arrivato da Azzurra Caltagirone che siede nel Comitato d'onore insieme alla Marcegaglia, Luigino Abete, Montezemolo, Megalò-Malagò e l'immancabile Aurelio Regina.

Chi soffre più di altri è comunque Rana-Ranucci, il senatore del Pd che buttò l'anima e il corpo per la candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2004 e oggi quest'uomo, totalmente dimentico delle mostruose gaffe compiute a quell'epoca nella preparazione del dossier, lancia un ultimo appello a Monti in un'intervista al "Corriere" in cui dice testualmente che "spostare la candidatura di quattro anni significa lasciare l'obiettivo di portare i Giochi a Roma ai nostri figli...".

Che cosa ci sia di male in questa speranza, Ranucci non lo spiega, e preferisce ricordare a Monti che i soldi dei privati potrebbero arrivare dal project financing in un quadro di solidarietà politica dove l'unica forza contraria è la Lega. E quando il giornalista gli chiede se accoppiare i Giochi al Giubileo 2025 sia un'idea plausibile, l'imprenditore romano amico di Veltroni si mostra incerto e arriva a dire che l'idea "funzionerebbe anzi, coprirebbe un periodo più ampio perché alla fine dell'effetto Olimpiade comincerebbe quello del Giubileo".

Molta fede, poche idee, ma confuse.


4- E CUCCHIANI SI PORTA APPRESSO IN INTESA FABIO DAL BONI
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che ai piani alti di IntesaSanPaolo si sta procedendo a un nuovo assetto dell'area della comunicazione.

Dopo la nomina di Corradino Passera a ministro di tutte le voglie, se ne va Vittorio Meloni, il 52enne che ha curato le relazioni esterne per l'ex-banchiere fin dai tempi di Olivetti e Telecom. Al suo posto si sta insediando Fabio Dal Boni, 56 anni e già direttore della Comunicazione di Allianz Italia. L'arrivo di Dal Boni era scontato dopo la nomina del nuovo amministratore delegato di Intesa Cucchiani, l'assicuratore pizzicato insieme a Dal Boni in alcune telefonate hard con Bisignani che avevano per oggetto il destino di Alessandro Profumo".

 

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