mario bellini america

ON THE ROAD! L'AMERICA DEGLI ANNI SETTANTA NELLE FOTO DELL’ARCHITETTO MARIO BELLINI - DALL'ATLANTICO AL PACIFICO, IN VIAGGIO ALLA SCOPERTA DI UN MONDO CHE AVREBBE CAMBIATO LA NOSTRA VITA, PER SEMPRE...

Mario Calabresi per “la Stampa”

 

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Il viaggio di Mario Bellini ha il fascino di raccontarci un’America profonda apparentemente scomparsa, le sue foto creano nostalgia di un mondo lontano, anche in chi allora era solo un bambino o non era nemmeno nato, ma quel tempo lo ha conosciuto attraverso il rock, l’arte o i film di Scorsese, Coppola...

 

Lo si può leggere come testimonianza di un tempo finito oppure sforzarsi di guardare oltre per trovare qui caratteri comuni che si sono trasformati ma non sono andati perduti. L’anima dell’America, con i suoi vizi, i suoi successi e le sue ingenuità, non è sostanzialmente cambiata, si è solo aggiornata.

 

dago e mario bellinidago e mario bellini

Cosa resta degli hippie che cercavano un rapporto più equilibrato con la natura mangiando granaglie, usando stupefacenti e professando forme di libero amore? Apparentemente nulla, ma se andiamo oltre le apparenze non possiamo non registrare l’ossessione americana per il biologico, le diete vegetariane, vegane, la granola a colazione e cena, un ritorno alle origini santificato dalla dieta paleolitica! E la marijuana venduta liberamente in sempre più Stati?
 

 

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E i matrimoni gay? E l’idea di una società senza gerarchie, in cui tutti potessero essere sullo stesso piano anziché sottostare ai rapporti verticali, non è stata forse realizzata da Internet, che ha anche regalato la rottura di molti monopoli oltre ad aver fatto trionfare l’idea del tutto gratis a tutti?

 

BELLINI AMERICA 2BELLINI AMERICA 2

Non solo nella cultura e nei comportamenti ma anche nella sostanza fisica, quella che ha affascinato Mario Bellini nel suo lungo viaggio tra Atlantico e Pacifico, restano richiami e si trovano continuità.

 

Ho viaggiato la stessa America negli ultimi dieci anni: prima al seguito delle carovane elettorali, soprattutto quella di Barack Obama, poi per indagare fenomeni come la crisi economica e la grande ondata di pignoramenti di case, infine sui percorsi delle tecnologie che hanno creato il mondo nuovo in cui viviamo.

mario bellini mario bellini

 

Ho ritrovato le stesse migrazioni di pensionati che vivono in gigantesche roulotte argentate; gli stessi villaggi di case su ruota; nuovi gruppi di utopisti che cercano i grandi spiriti tra le rocce rosse dell’Arizona; le stesse strade dritte e deserte che sembrano portare a nulla e - fortunatamente intatte e meravigliosamente conservate - le case di Frank Lloyd Wright a Oak Park, quartiere periferico di Chicago. Andarle a visitare varrebbe la pena anche solo per il viaggio sulla metropolitana sopraelevata che parte dal centro e regala uno straordinario panorama dello skyline della città del vento.

 

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Quanto alle congregazioni religiose, hanno continuato a moltiplicarsi, anche se le micro-chiese hanno subito la stessa sorte dei negozi a una vetrina che occupavano: sono stati spazzati via dai grandi agglomerati periferici e così oggi ci sono i grandi centri commerciali per lo shopping e le megachurch con immensi parcheggi per ospitare prediche spettacolari a folle oceaniche. Quanto ai sex shop, quelli sono stati sostituiti da Internet!
 

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Immutata è rimasta invece in provincia l’accoglienza nelle case, dove le foto dei figli con l’apparecchio ai denti e la felpa del college non mancano mai. Dopo un primo momento di diffidenza prevalgono ancora curiosità e il dovere dell’ospitalità: ricordo di aver scritto le mie corrispondenze elettorali nella sala da pranzo di una villetta sperduta nella campagna della Pennsylvania dove la padrona di casa mi allungò subito un caffè e una fetta di torta, o di aver cenato la sera dell’inizio delle primarie da una coppia di insegnanti dell’Iowa che avevo incrociato per strada, e il barbecue sotto il canestro davanti a ogni garage.
 

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I giganteschi frigoriferi e le cabine armadio invece hanno attraversato l’oceano e oggi li vediamo nelle nostre case, contaminate anche dalle tecnologie di quel grande «laboratorio del nuovo» che continuano a essere gli Stati Uniti.

 

Una cosa invece è andata irrimediabilmente perduta: quei colori che non esistono in natura e che esistevano solo nelle pellicole degli anni Settanta, quel verde carico, quegli arancioni dei Kodak Moment, i ricordi che ognuno di noi ha sepolto in qualche cassetto.

 

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