bangkok

CAOS THAILANDIA – LA BOMBA DI BANGKOK PUÒ ESSERE UN ATTO TERRORISTICO DI MATRICE ISLAMISTA, PARTITO DAL SUD DEL PAESE – MA NON SI ESCLUDE NEPPURE CHE SIA STRATEGIA DELLA TENSIONE CONTRO UNA MONARCHIA BOLLITA

Guido Olimpio per “Corriere della Sera

 

ATTENTATO BANGKOKATTENTATO BANGKOK

Un attacco devastante a Bangkok. Un sanguinoso salto di qualità in un Paese che pur conosce la violenza. Dal 2004 sono state uccise oltre 6 mila persone, portate via dal conflitto che insanguina le tre province meridionali, Pattani, Yala e Narathiwat. Qui l' 85 per cento è composto da musulmani, qui agiscono molte fazioni. Una crisi cronica - più etnica che religiosa - in parallelo allo scontro politico interno segnato dal golpe del maggio 2014 e da episodi gravi non sempre decifrabili.

 

Un quadro incerto dove tutto è possibile. Un territorio aperto dove in passato si sono infiltrati anche estremisti d' origine mediorientale in cerca d' obiettivi. Clamorosa, a questo proposito, l' indagine che nel 2012 ha smantellato una cellula degli Hezbollah con diramazioni regionali. Così come le «stamperie» per la produzione di documenti gestite da figure vicine al qaedismo.

 

Aspettando maggiori elementi riesaminiamo la scena.

 

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La bomba ha colpito un' area frequentata da stranieri, ma anche un sito religioso induista. Ecco i tre bersagli: 1) La capitale, il simbolo del potere. 2) Gli stranieri e con loro una fonte economica strategica per la Thailandia. 3) Una fede religiosa, con il santuario di Erawan, magari per inasprire i contrasti. L' effetto propagandistico e il bilancio drammatico hanno offerto ai responsabili un grande successo. Se cercavano l' attenzione globale l' hanno ottenuta. E questo vale sia per il terrorismo classico che per una trama da strategia della tensione.

 

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Diverse le versioni sul punto d' attacco. La più probabile: un ordigno potente nascosto sotto una panchina e vicino a un palo. La seconda (meno probabile): una moto bomba mimetizzata tra decine di altre. Quest' ultimo è il modus operandi preferito dagli insorti islamici.

 

Nel 2007 gli estremisti hanno fatto delle due ruote il mezzo primario per eseguire agguati costati la vita a centinaia di funzionari governativi, quindi come trappole esplosive lungo le strade battute dai militari thailandesi.

 

È anche vero, però, che le impiegano i talebani, gli iracheni, gli sciiti libanesi. Una tecnica che si può copiare e dunque non è proprio una «firma». Infine il momento. La ribellione islamica del Sud ha lanciato da tempo un' offensiva nella speranza di spingere le autorità a trattare e a riconoscere le rivendicazioni della minoranza. Una campagna in difesa della popolazione discriminata e una manovra d' assalto con dozzine di ordigni. Molti i protagonisti.

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C' è il movimento Brn, ovvero il Fronte nazionale rivoluzionario, per nulla coeso e scomposto in almeno tre tronconi. Quindi una miriade di formazioni che agiscono sotto l' ombrello politico noto come Mara. Con personaggi in favore del negoziato e altri attestati sulla linea del rifiuto dove non mancano personaggi che si richiamano al salafismo.

 

I ribelli hanno intensificato le operazioni dimostrando una discreta preparazione e nonostante le autorità abbiano schierato decine di migliaia di uomini usando il pugno di ferro. Gli insorti hanno preso di mira convogli di soldati, postazioni della polizia e anche la popolazione nemica. In alcune occasioni hanno profanato i corpi di monaci buddisti e di recente sono trapelate indiscrezioni su una deriva ancora più radicale.

 

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L' intelligence locale non ha neppure escluso che ci sia chi sogni di emulare i colpi dello Stato Islamico, affascinato dalla teologia della distruzione, oggi rapida nel rimbalzare dall' Eufrate fino in Asia. Gli osservatori sono però compatti nell' affermare che l' unica soluzione sia quella del dialogo. Il ricorso alla forza, spesso indiscriminato, non ha alcun approdo.

 

Il nemico del sud non elimina altri scenari, disegnati dalle faide per il potere e regolamenti di conti che hanno scosso in questi anni la Thailandia. La battaglia etnica-religiosa può essere la causa del massacro. Oppure è la cortina fumogena ideale per coprire manovre, magari pianificate per mettere in difficoltà la monarchia, con l' ormai stanco e anziano re Bhumipol. Un' esplosione tra la folla come gesto destabilizzante per innescare una reazione a catena. Dunque è presto per indicare con sicurezza i colpevoli.

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