incendio a fiumicino

FIUMICINO VUOL DIRE CASINO – DIECI GIORNI DOPO IL GRANDE INCENDIO AL TERMINAL T3 CI SONO ANCORA LUNGHE CODE AL CONTROLLO PASSAPORTI E DISAGI VARI – AGENTI E OPERATORI LAVORANO CON LA MASCHERINA E SI LAMENTANO DELL’ODORE

1.FIUMICINO E ALITALIA, VOLIAMO BASSI

da il “Fatto Quotidiano

PASSEGGERI FIUMICINOPASSEGGERI FIUMICINO

 

CI SONO cinque indagati per l’incendio che il 7 maggio scorso è divampato nel terminal T3 dell’aeroporto di Fiumicino, bloccando lo scalo per oltre dodici ore. È stata chiusa anche l’autostrada e sospeso il trasporto ferroviario, una giornata da incubo. Gli indagati sono operai della ditta alla quale era affidata la manutenzione degli impianti di condizionamento: avrebbero utilizzato un condizionatore portatile per evitare il surriscaldamento di un quadro elettrico.

 

L’ipotesi di incendio colposo in concorso è stata avanzata dal procuratore di Civitavecchia Gianfranco Amendola e dal pm Valentina Zavatto sulla base dei filmati del sistema a circuito chiuso nei quali li si vede lavorare nella sala dove si è sviluppato il rogo. L’incendio, nato a quanto pare dalla più banale delle scintille, ha dimostrato l’estrema vulnerabilità di un’infrastruttura strategica come l’aeroporto della capitale.

 

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A quanto si è appreso, in quell’area del terminal T3 attorno a mezzanotte c’erano solo due guardie giurate, anche per questo l’allarme non è stato immediato e i vigili del fuoco hanno incontrato notevoli difficoltà nell’accedere all’area interessata, appena 400 metri quadrati di negozi. Ne è scaturita una giornata da incubo per i viaggiatori e lo scalo non è ancora tornato alla sua piena operatività.

 

Un po’ troppo per un cortocircuito. L’aeroporto di Fiumicino ha urgente bisogno di investimenti consistenti, sulla sicurezza e non solo. Dalle piste ai terminal. Gli incidenti si moltiplicano: ieri il guasto di un radar ha rallentato il traffico aereo per almeno una decina di minuti. In questa pagina raccontiamo le tensioni di dipendenti e addetti alla sicurezza che per diversi giorni, dopo l’incendio, hanno lavorato con la mascherina per proteggersi da cattivi odori di plastica bruciata. E la condizione drammatica, forse irrecuperabile, di Alitalia.

 

 

2. CAOS E MASCHERINE: LA SICUREZZA E’ UN OPTIONAL

Malcom Pagani per il “Fatto Quotidiano

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Le gru promettono il futuro. Ferro e cemento, ruspe, pezzi di campagna all’orizzonte. Vento di allegra, espansiva ristrutturazione. Dal finestrino del treno bestiame che al passo degli aerei sulla pista accelera, rallenta e poi frena di colpo scaricando trolley e malcapitati davanti a una porta a vetri, tanto ottimismo sembra mal speso.

 

UNA SETTIMANA dopo, ciò che resta del terminal T3 è una mascherina al volto. Serve per respirare dove qualcuno ritiene l’aria greve. Più di un centinaio di lavoratori dello scalo si sono fatti controllare da un medico. Quelli ufficiali, chiamati a valutare la tossicità degli ambienti, hanno detto che ogni cosa è a posto. Quelli rimasti, poi, così tanto non si devono fidare.

 

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Il primo è un finanziere. Sosta immobile, accanto a un pilone, come un soldato di fronte a uno smistamento obbligatorio. La protezione che copre naso e bocca, lo sguardo torvo di chi vorrebbe essere da un’altra parte. Controlla che i cittadini in arrivo da cinquanta diversi angoli del mondo non si incamminino sulla cattiva strada. Sulla destra, protette da carabinieri, poliziotti e altri uomini d’ordine variamente inquadrati, scale mobili costrette all’immobilità sormontate da pannelli luminosi con una sconsolante croce rossa, recitano da installazione biennalesca. Nastri adesivi ovunque. La scena di un qualunque crimine.

 

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La cartolina iniziale di chi arriva a Roma in volo e precipita in Italia. I passeggeri stranieri vorrebbero passare. Sudcoreani, cinesi, turchi, mediorientali a vario titolo transitano. Desidererebbero andare altrove, ma peneranno un poco. Qualcosa non ha funzionato, excuse me mister. L'inglese è precario, la volontà enorme, ci si capisce a gesti. La fila per il controllo passaporti, un lungo serpentone sullo sfondo, è una frontiera che somiglia alla roulette. Se sei fortunato, di fronte a poliziotti tra lo sconsolato e l’incredulo, te la cavi in pochi minuti.

 

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Altrimenti, considerati chiusi – e senza ulteriori spiegazioni – i tornelli destinati ai passaporti elettronici, pregare è un’opzione più laica della pazienza e dell'imprecazione. C’è caos. Gli italiani di ritorno, a spanne, qualcosa sanno. Hanno letto che c’è stato un incendio, osservato le code dei turisti in fila per chilometri, capito che sapranno la verità tra qualche anno. Hanno ascoltato le trombe del 'ritorno alla normalità e del “presto giustizia sarà fatta” tornite di percentuali in ascesa, accogliendo certezze e proclami con lo stessa saggia tara e lo stesso sottile brivido delle previsioni meteorologiche del fine settimana, dei sondaggi elettorali o delle code del 15 di agosto.

 

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Un’ala enorme del più importante scalo nazionale è andata in fumo per un cortocircuito. La sicurezza è un optional. L’ultimo modello di telefonino e gli allarmi interni non sono serviti e quando ti domandi se la precauzione che copre la faccia a decine di persone non serva forse anche a te, persino più sfortunato che ignorante nell’incontrare la coda coraggiosa di qualche benemerito di Emergency alle prese con un virus, un improvviso allarme batteriologico o un remake del film Contagion , la risposta della pubblica sicurezza, una donnone gentile dallo sguardo esausto, pulisce i dubbi e dà libero sfogo alle suggestioni: “Non lo dica a me, qui devo stare sette ore, mi viene da svenire”.

 

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IN DIVISA, ti spiegano che gli organi preposti a decidere hanno stabilito che è tutto ok, ma che loro, i poliziotti, così bene non si sentono. Il fuoco è spento. Va tutto bene, madama la marchesa. Al controllo bagagli, una striscia, un’altra striscia di plastica taglia il due il percorso. Chi aspetta, attenderà a lungo non apprezzando fino in fondo la ristrutturazione dei bagni in verde prato e lo sforzo dell’Hub che cercava di guadagnarsi la fiducia dei munifici investitori d’Arabia. Chi sogna di fuggire via senza valigia viene fatto deviare. Davanti ai taxi, fuori, non si parla d’altro. Primavera. Molto romana. Molto maledetta.

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