dori ghezzi fabrizio de andré

DORI GHEZZI RACCONTA IL SEQUESTRO SUBITO IN SARDEGNA CON FABRIZIO DE ANDRÉ – “ERA IL 27 AGOSTO DEL 1979. RICORDO LE NOTTI ALL'ADDIACCIO. UN TELO DI PLASTICA PER PROTEGGERCI DALL'UMIDITÀ E DALLA PIOGGIA. LE MASCHERE PERCHÉ NON VEDESSIMO I RAPITORI - L'ULTIMA NOTTE. RILASCIARONO ME PER PRIMA. MA NON AVEVO LA CERTEZZA CHE AVREI RIVISTO FABRIZIO. CI STAVANO SEPARANDO E PENSAI CHE QUELLA ERA LA FINE...”

Estratto dell’articolo di Antonio Gnoli per “la Repubblica”

de andre' dori ghezzi

 

Mentre osservo la figura minuta, gli inconfondibili capelli biondi ( ormai quasi cenere), il volto ancora bello, segnato da una lieve malinconia, non posso fare a meno di pensare a cosa significhi essere ostaggi di una storia dopo essere stati ostaggi di un rapimento. Il clamore mediatico che avvolse il sequestro di Fabrizio De André e Dori Ghezzi è ancora nei nostri occhi.

 

DE ANDRE' DORI GHEZZI

Ma non è di questo che voglio sapere. Non solo. Perché c' è qualcosa di ulteriore che meriterebbe essere indagato e che formulerei con una domanda, forse sconcertante, ma altresì vera e falsa, come la lettera di Hotel Supramonte: «Sono io, pensabile, all' altezza di quel dramma che sconvolse la mia, come la vita di Fabrizio? In altre parole: perché mi chiedete sempre cosa sia stata quell' esperienza che abbiamo, ho, cercato non già di dimenticare, ma collocare dentro dei ricordi che non facessero troppo male e che alla fine consentissero di continuare a guardarci negli occhi con dignità e amore?».

CARLO MARTELLO FABRIZIO DE ANDRE

 

Se c' è una cosa che sorprende, a distanza di così tanti anni da quel rapimento che avvenne in Sardegna e durò alcuni mesi, non è tanto la condizione ferina che improvvisamente due persone si ritrovarono a vivere, ma capire e non capire che cosa oggi è davvero rimasto di quella storia.

 

fabrizio de andre' villaggio

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A proposito di misura e di sobrietà letteraria c' è il libro scritto con Giordano Meacci e Francesca Serafini (due giovani molto legati sia a Fabrizio che a Dori): Lui, io, noi (Einaudi). « L' idea di dargli questa forma " collettiva" è nata dal non sentirmi la scrittrice che finge di aver letto e capito tutto, e soprattutto non volevo dar vita all' ennesima biografia. Ci sono alcuni passaggi importanti della mia vita e di quella di Fabrizio che volevamo, volevo, portare alla luce».

 

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Come vi siete conosciuti?

foto di fabrizio de andre di guido harari

«Durante una pausa di lavoro, in un bar. C' eravamo già incrociati. Ma quella fu la prima volta in cui Fabrizio mi guardò occhi negli occhi ».

 

Era così intenso lo sguardo?

«Lo era in sé, ma anche per la distanza dal modo in cui gli uomini generalmente mi guardavano. Fabrizio invece mi fissava con curiosità, ironia, forse tenerezza. Mi disse se volevo ascoltare il mixer su cui stava lavorando. Sentimmo Valzer per un amore. Poi ci scambiammo i numeri di telefono. Era il 1974. Io fidanzata, lui sposato. Mi chiamò il giorno dopo».

DORI GHEZZI

 

Avesti la sensazione che quella sarebbe potuta diventare la vera storia?

BEPPE GRILLO SI SPOSA CON PARVIN TADJK E FABRIZIO DE ANDRE TESTIMONE

«Avevo paura. Un' amica mi disse: stai attenta, andrai a sbattere e ti farai molto male. Perché Fabrizio è così: un infedele che non lascerà mai la moglie! Pensai che comunque valesse la pena di correre il rischio. Una storia in più o in meno cosa avrebbe cambiato?».

 

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Nel 1974 comincia la vostra storia e quasi immediatamente decidete di trasferirvi in Sardegna. Perché?

FABRIZIO DE ANDRE E PAOLO VILLAGGIO

«Era nei progetti di Fabrizio che prima o poi sarebbe andato a vivere in campagna. Pensai che fosse una scelta giusta per dare un senso nuovo a una storia nascente. Scegliemmo la Sardegna per quel tratto indicibile che l' isola presentava e che potrei riassumere con questa sensazione: la terra in cui gli opposti convivevano meravigliosamente, in cui l' autentico non aveva bisogno di aggettivi. Non cercavamo la bellezza, o almeno non solo quella, cercavamo una ragione di vita».

FABRIZIO DE ANDRE PAOLO VILLAGGIO

 

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Non capisco da che cosa nascesse tanta determinazione.

«Non c' è mai una ragione sola. Confluivano in quella decisone molte emozioni e qualche delusione».

 

Delusi da cosa?

« Per me era uscire da certe insoddisfazioni permanenti e come tornare nella casa di campagna che con i miei abitavo l' estate nel cremasco. Fabrizio veniva fuori da un periodo di sofferenza. Aveva vissuto con un senso di distacco il suo ultimo disco, Storia di un impiegato. Sentiva di non essere stato capito e mi disse che quello sarebbe stato il suo addio alla vita di cantautore. In realtà, non poteva sapere che proprio quella scelta lo avrebbe portato a scrivere nuovamente e in modo straordinario».

 

DORI GHEZZI E DAGO

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Come è stato all' inizio quel cambio radicale di vita?

« Non abbiamo mai avuto un dubbio. Quel lavoro ci sembrava di svolgerlo in un' isola felice».

 

Poco dopo si trasformò in un dramma. Mi riferisco al vostro rapimento. Che cosa accadde il giorno prima?

FABRIZIO DE ANDRE

«C' era stata una bellissima festa da noi. Parenti e amici. Era il 27 agosto del 1979. Vivemmo quegli attimi con grande gioia».

 

Non aveste la sensazione che potesse accadere qualcosa di brutto?

«No, assolutamente. Quell' anno, è vero, c' erano stati molti sequestri. Ma ci sentivamo tranquilli. Ci consideravamo non dei turisti ma persone del luogo. Benvolute e rispettate».

 

Come avvenne la modalità del rapimento?

FABRIZIO E CRISTIANO DE ANDRE - ENRICA RIGNON

«Per abitudine non ci chiudevamo in casa. Eravamo sereni e appagati da ciò che stavamo realizzando. Quella notte irruppero in casa. Fabrizio era al piano di sopra. Io in cucina. Erano in quattro. Coperti dal passamontagna. Ci bloccarono e ci dissero di prendere cose comode e calde, perché non sarebbe stata una passeggiata breve».

 

Come reagiste?

«Pensammo subito allo scherzo di qualche amico. Ci portarono alla nostra macchina e ci fecero salire. Era una Diane gialla. Il viaggio non durò a lungo. Forse un' ora e mezza. Ci fecero scendere e poi a piedi. I primi giorni camminammo parecchio».

FABRIZIO E CRISTIANO DE ANDRE

 

Dove vi condussero?

«Ci tennero per tutto il periodo della prigionia all' aperto. Dissero che in un ovile sarebbe stato molto peggio. È sorprendente la forza di sopravvivenza che in quelle circostanze si riesce a trovare».

 

Perché meglio all' aperto?

«Perché ci si sarebbe ammalati di meno e così fu».

 

CRISTIANO E FABRIZIO DE ANDRE 6

Passaste alcuni mesi e foste liberati a dicembre, non era un clima piacevole.

«Comunque era meglio. Ricordo le notti all' addiaccio. Un telo di plastica per proteggerci dall' umidità e dalla pioggia. Ricordo il cielo a volte stellato e bellissimo. Il paesaggio scarno. Le maschere perché non vedessimo i rapitori. All' inizio il rumore degli elicotteri che ci cercavano ma non potevano vederci. Il cibo freddo. E il fatto che una sola settimana ci permisero di cucinare con una bombola e un fornelletto. Era troppo pericoloso, spiegarono. Ricordo un giorno in cui il cielo si fece tutto scuro e all' improvviso vennero i lampi e poi i tuoni. E la pioggia battente che cadeva intensa e obliqua. Come ombre, ci davamo la mano con Fabrizio. E pensavamo che anche loro, in fondo, erano dei sequestrati».

 

CLELIA PETRACCHI E FABRIZIO DE ANDRE

Quale è stato il momento più drammatico?

«L' ultima notte. Rilasciarono me per prima. Ma non avevo la certezza che avrei rivisto Fabrizio. Ci stavano separando e pensai che quella era la fine. L' idea di lasciarlo lì fu terribile. Poi anche lui venne liberato».

 

Come è stato il ritorno alla normalità?

 

«La cosa che ci siamo imposti è che quanto ci era accaduto non dovesse mai condizionare le nostre vite e così è stato. Ricordo una sola piccola stonatura, quando ho rivisto le mie foto subito dopo la liberazione, non mi sono riconosciuta. Lo sguardo non era quello solito».

Dori Ghezzi e Fabrizio De Andre

 

Qualcuno ha giudicato il vostro atteggiamento troppo remissivo nei riguardi dei rapitori.

«Ognuno può pensarla come meglio crede. Noi decidemmo che la vita doveva continuare. Non volevamo vivere in funzione del sequestro. Ci sembrò importante perdonare, perché il futuro ci apparisse più importante e migliore del passato».

 

Su quell' esperienza Fabrizio ha scritto la bellissima "Hotel Supramonte", hai mai pensato di cantarla?

 

«Non in pubblico. Qualche volta mi ha spinto a cantare le sue canzoni, fino a desiderare di scriverne per me. Come quando tradusse Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen. Puntualmente tornavo a sentirmi inadeguata. Non credo di possedere grandi doti vocali, adeguate al sentimento che avrei voluto interpretare».

Il matrimonio di Dori Ghezzi e Fabrizio De Andre

 

Ti fa soffrire questa assenza di talento?

«Mi ha fatto soffrire non poter realizzare certe cose. Ma alla fine conta la misura che ti dai. Sapere di non essere all' altezza è già un' altezza. Ho smesso di cantare nel 1990. Mi sono detta, fai attenzione Dori a non diventare patetica».

FABRIZIO DE ANDRE

 

Fabrizio se ne è andato sul finire degli anni Novanta. Non hai la sensazione a volte che se ne sia fatto un santino?

«Mi capita di pensarlo, sapendo che a lui non sarebbe piaciuto essere messo su un altarino. Ma poi penso che c' è un sentimento popolare autentico che irrora tutt' oggi la sua vita di artista».

 

Come hai guardato alla sua malattia?

«Con sgomento e pudore. A parte gli amici più cari, nessun altro sapeva del suo cancro. Non c' è bisogno di aggiungere dolore al dolore. Fino all' ultimo ha sperato di farcela. Ero lì, vicina a lui che combatteva. Sapeva della gravità della cosa, ma combatteva. Non volevo farmi vedere infelice. Mi rifugiavo in un angolo lontano dell' ospedale a sfogarmi. Poi, gli ultimi giorni, ha perso conoscenza. Se ne è andato così, senza smarrimento».

 

DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE zzi

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DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE Wess e Dori Ghezzi DORI GHEZZI CON FABRIZIO DE ANDRE

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