BINARI ROVENTI - MORETTI PROVA A METTERCI UNA PEZZA: “IO POTREI LAVORARE GRATIS, MA I MIEI MANAGER NO” - IL VERO SCANDALO, IN EFFETTI, SONO I COMPENSI DEI PRESIDENTI NON ESECUTIVI COME CARDIA (FS, 300MILA) E IL SINDACALISTA IALONGO (POSTE, 600MILA)

Sergio Rizzo per ‘Il Corriere della Sera'

«Devono prendere Mario Moretti e mandarlo a casa»: la prima volta che Diego Della Valle l'ha detto pubblicamente è stata quattro anni fa. È da allora che sui binari italiani volano gli stracci, dagli insulti alle carte bollate. Anche se lui, l'amministratore delegato delle Ferrovie che ha appena minacciato di andarsene in caso di decurtazione del suo stipendio, dice che la cosa non lo sfiora. Invitando semmai a dare un'occhiata «ai conti traballanti» (libera interpretazione di una versione originale irripetibile) di Italo, il suo concorrente di cui Della Valle è azionista insieme a Luca Montezemolo.

Così sicuro di sé, Moretti, da rivendicare di essere riuscito a sfatare il teorema di Giulio Andreotti, secondo cui «esistono due tipi di pazzi: chi crede di essere Napoleone e chi pensa di poter risanare le Ferrovie». E questo ha certamente il suo prezzo. Per esempio, insiste, stipendi in linea con il mercato.

A cominciare dal proprio, 873.666 euro l'anno? La sua tesi, di fronte alla prospettiva dei tagli fatti balenare da Matteo Renzi, è al limite della provocazione: «Io posso lavorare anche gratis, ma i miei dirigenti devono essere retribuiti adeguatamente. Dove trovo un direttore finanziario o un capo delle risorse umane adatto per un'azienda come questa, se non posso pagarlo almeno 400, 450 mila euro l'anno? Me lo dicano se non è così. L'alternativa è che si chiude».

Nessuno, ovvio, pretende che l'amministratore delegato delle Ferrovie lavori senza un compenso. Non succede in nessun Paese del mondo. Ma il problema di come devono essere retribuiti manager pubblici che spesso intascano paghe e bonus ingiustificati, esiste eccome. Anche se non si può certo risolvere introducendo tetti che danno un'effimera soddisfazione alla demagogia ma che poi, la cronaca l'ha dimostrato, si possono facilmente aggirare.

Il suo collega di Invitalia Domenico Arcuri, l'unico che in compagnia di Pietro Ciucci dell'Anas ha subito il taglio dello stipendio causa il tetto imposto due anni fa dal Parlamento, propone di rinunciare alla parte fissa della retribuzione, legando l'assegno solo in base ai risultati raggiunti. È una via d'uscita possibile?

Quando con Moretti si tocca l'argomento del merito, inevitabilmente riaffiora il fantasma di Andreotti. «Ho risanato le Ferrovie», ribadisce ancora, argomentando che rinunciando a retribuire i manager quello che considera il giusto, i contribuenti corrono il rischio «di pagare due miliardi di perdite ogni anno»: riferimento evidente ai conti ereditati dal suo precedessore Elio Catania.

Rigetta anche il confronto con Lorenzo Necci, ultimo presidente dell'Ente Ferrovie che aveva sulla carta una retribuzione pari a 220 mila euro di oggi, «ma guadagnava molto di più grazie agli emolumenti per le altre cariche, mentre nel mio stipendio c'è tutto, è compresa anche l'indennità per la presidenza di Grandi stazioni». E promette un piano industriale, quello che sarà presentato domani a Milano, pieno di fuochi d'artificio. La migliore risposta, fa capire, tanto a Della Valle quanto a chi vorrebbe massacrare la sua busta paga. Già salvata l'anno scorso, com'è stato ricordato ieri, da un emendamento furbetto in Parlamento.

Vedremo dunque questi effetti pirotecnici. Sperando che le scintille non siano tutte dedicate, com'è stato finora, al business dell'alta velocità, che certo ha dato una grossa mano a un risanamento del quale, però, milioni di pendolari si sono accorti ben poco. Almeno a giudicare dal rapporto Pendolaria di Legambiente, secondo cui gli ultimi tre anni sono stati disastrosi. Responsabilità delle Regioni che non assicurano i fondi necessari, hanno sempre argomentato le Ferrovie. Ma siamo sicuri che la colpa sia interamente da addebitare a governatori dal braccino corto?

Questo per dire quanto sia complicato in certi casi anche il giudizio sui risultati. Devono valere soltanto i conti, come se le società pubbliche avessero l'unico obbligo di assicurare agli azionisti il massimo dei profitti? Oppure vanno considerati anche gli effetti «sociali» dell'operato di un manager? È una faccenda seria e delicata, quella del rapporto fra retribuzione e merito. E che non riguarda solo i manager di Stato, ma anche tutto il pubblico impiego, considerando il livello dei compensi e l'assenza pressoché generalizzata di valutazioni rigorose degli obiettivi.

Roberto Perotti e Filippo Teoldi hanno raccontato su lavoce.info che i 300 dirigenti apicali di Regioni e Province guadagnano in media 150 mila euro, come il capo di gabinetto del britannico Foreign office. Arrivando alla conclusione che un taglio del 20 per cento degli stipendi più elevati e del 15 per cento delle retribuzioni degli altri dirigenti, insieme a un intervento su quelle dei manager pubblici, potrebbe far risparmiare anche un miliardo l'anno.

Di sicuro se si tiene presente il livello di responsabilità gli 873.666 euro di Moretti, che pochi non sono, impallidiscono di fronte ad altri stipendi pubblici. A cominciare proprio dai 300 mila euro annui previsti per il presidente delle Ferrovie, Lamberto Cardia. Il quale però ha guadagnato nel 2012 addirittura metà dell'ex segretario dei postelegrafonici della Cisl, Giovanni Ialongo, ora presidente delle Poste, che ha avuto una retribuzione di 605 mila euro. Ma siccome doveva riscuotere ancora 298.611 euro di arretrati 2011, ha percepito 903.611 euro. Sempre nel 2012 il capo del Poligrafico dello Stato Maurizio Prato ha incassato invece 601 mila euro.

Per non parlare della paga intascata, due anni fa, dall'amministratore di Eur spa Riccardo Mancini: 287.188 euro. Oppure dello stipendio di Carlo Nizzo, amministratore delegato di Studiare Sviluppo, società di consulenza (!) del Tesoro : 261.771 euro. O dell'emolumento di Tommaso Affinita, amministratore delegato di Rete autostrade mediterranee, una società interamente controllata dallo Stato che ha cinque consiglieri di amministrazione e due dipendenti (!): 246 mila euro.

Con il risultato che se passerà la norma in base alla quale nessun manager pubblico potrà guadagnare più dei 239 mila euro spettanti a Giorgio Napolitano, Affinita si vedrà ridurre la retribuzione del 4 per cento, mentre il compenso di Moretti sarà sforbiciato del 73 per cento. Sempre che non decida davvero di cambiare aria...

 

 

MAURO MORETTI FS MAURO MORETTI CON UN CANE Moretti insieme al premier Matteo Renzi fef c c c d fafe fb c b kYgG U bcC x LaStampa it RENZI E DELLA VALLE A FIRENZE FOTO ANSA Montezemolo e Della Valle all evento CAssina per il Salone del Mobile foto Corriere Pietro Ciuccidomenico arcuri foto mezzelani gmt Lamberto Cardia Giovanni Ialongo RICCARDO MANCINI AD DI EUR SPA jpeg

Ultimi Dagoreport

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…

ravello greta garbo humphrey bogart truman capote

DAGOREPORT: RAVELLO NIGHTS! LE TROMBATE ETERO DI GRETA GARBO, LE VACANZE LESBO DI VIRGINIA WOOLF, RICHARD WAGNER CHE S'INVENTA IL “PARSIFAL'', D.H. LAWRENCE CHE BUTTA GIU’ L'INCANDESCENTE “L’AMANTE DI LADY CHATTERLEY’’, I BAGORDI DI GORE VIDAL, JACKIE KENNEDY E GIANNI AGNELLI - UN DELIRIO ASSOLUTO CHE TOCCO’ IL CLIMAX NEL 1953 DURANTE LE RIPRESE DE “IL TESORO D’AFRICA” DI JOHN HUSTON, SCENEGGIATO DA TRUMAN CAPOTE, CON GINA LOLLOBRIGIDA E HUMPHREY BOGART (CHE IN UN CRASH D’AUTO PERSE I DENTI E VENNE DOPPIATO DA PETER SELLERS). SE ROBERT CAPA (SCORTATO DA INGRID BERGMAN) SCATTAVA LE FOTO SUL SET, A FARE CIAK CI PENSAVA STEPHEN SONDHEIM, FUTURO RE DI BROADWAY – L’EFFEMMINATO CAPOTE CHE SI RIVELÒ UN BULLDOG BATTENDO A BRACCIO DI FERRO IL “DURO” BOGART - HUSTON E BOGEY, SBRONZI DI GIORNO E UBRIACHI FRADICI LA NOTTE, SALVATI DAL CIUCCIO-TAXI DEL RISTORANTE ‘’CUMPÀ COSIMO’’ - QUANDO CAPOTE BECCÒ IL RE D’EGITTO FARUK CHE BALLAVA ALLE 6 DEL MATTINO L’HULA-HULA NELLA CAMERA DA LETTO DI BOGART… - VIDEO + FILM

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER?