
“DOPO I FUNERALI DI DIABOLIK, BERETTA MI DISSE CHE VOLEVA UCCIDERE BOIOCCHI” - L’EX CAPO DELLA CURVA NORD INTERISTA, MARCO FERDICO, HA FORNITO LA PROPRIA RICOSTRUZIONE DEI FATTI AI PM IN MERITO ALL’OMICIDIO DI VITTORIO BOIOCCHI, FIGURA STORICA DEL TIFO ORGANIZZATO NERAZZURRO – “DISSI CHE AVREI ACCETTATO DI PARTECIPARE ALL’OMICIDIO MA DI NON VOLERLO ESEGUIRE. A SPARARE È STATO D’ALESSANDRO…”
Lo scorso 1° maggio, l’ex capo della Curva Nord interista, Marco Ferdico, ha fornito la propria ricostruzione dei fatti ai pm in merito all’omicidio di Vittorio Boiocchi, figura storica del tifo organizzato nerazzurro.
Come riporta l’edizione odierna de La Repubblica-Milano, Ferdico ha ricostruito le settimane precedenti dell’omicidio, la sua organizzazione e i momenti successivi all’agguato in cui ha perso la vita Boiocchi il 29 ottobre 2022 proprio sotto casa sua, in zona Figino.
«Il primo luglio 2022 vengo invitato all’addio di Piscitelli», cioè il Diabolik della curva laziale ucciso a Roma nel 2019, «ma la sera prima vengo chiamato per una lite tra Beretta e Boiocchi». Dopo qualche giorno «Beretta mi dice che vuole uccidere Boiocchi»
ultra inter antonio bellocco e marco ferdico
Ferdico è stato rinviato a giudizio insieme al padre Gianfranco, ad Andrea Beretta (il mandante secondo la ricostruzione di Ferdico) e quelli che sarebbero i due esecutori, Daniel D’Alessandro e Pietro Simoncini, che di Ferdico è il suocero.
«Dico di accettare di partecipare all’omicidio ma di non volerlo eseguire. Ero comunque affascinato dalla sua audacia e dalla possibilità di prendere il comando della curva»,
Federico prova poi a scagionare il padre «Mi ha sempre detto che l’avrei pagata» e conferma che i due killer presero 25mila euro a testa per l’omicidio.
ultra inter mauro nepi andrea beretta marco ferdico
Il gruppo decide di entrare in scena a fine ottobre: «Il 25 Beretta mi piomba a casa spaventato. Il giorno dopo mi trova la moto e il pomeriggio mi consegna la pistola. A quel punto comincio a pensare al piano». Che il 29 sera va a segno con la morte di Boiocchi. «A sparare è stato D’Alessandro».
Un’inchiesta, quella sugli ultras milanesi che ha lasciato spazio a diversi colpi di scena, considerando che in aprile erano uscire rivelazioni secondo cui Ferdico e Bellocco volevano uccidere il capo Beretta:
«Ti convocheranno alla cascina. Ti offriranno un caffè avvelenato con le benzodiazepine, poi ti uccideranno. Hanno già scavato la buca. Sono andato io a prendere la calce viva per “sciogliere” il tuo cadavere. Poi faranno sparire la tua macchina, la porteranno in Francia, a Nizza, per simulare una tua fuga». La fine di agosto dell’anno scorso. Daniel D’Alessandro, 29 anni, detto «Bellebuono», va di nascosto a Cernusco sul Naviglio a casa di Andrea Beretta. È un incontro segreto, perché Bellebuono sta giocando una partita che potrebbe costargli la vita.
Spiffera a «Berro» il piano killer organizzato dal rampollo della ‘ndrangheta Antonio Bellocco e da Marco Ferdico, braccio destro di Beretta nella gestione del tifo ultrà. Quella soffiata, alla quale inizialmente Beretta non vuole credere, alla fine cambierà il corso della scalata dei Bellocco. Una storia che si chiuderà con l’assassino dell’erede di ‘ndrangheta e il pentimento di Beretta; è appena stato arrestato per aver ucciso Bellocco davanti alla palestra Testudo di Cernusco. È in un letto del San Raffaele dove i medici lo hanno operato per estrarre il proiettile che Bellocco ha sparato con la sua stessa pistola nel tentativo di difendersi. «Sapevo che volevano uccidermi», racconta Beretta. Dice anche di essere stato avvisato da un «amico» (di cui però non fa il nome).