covid diabete

COME VA CON LA PANDEMIA? I CONTAGI SONO SCESI DEL 10% IN UNA SETTIMANA, MA SONO SALITI I CASI DI REINFEZIONE - SECONDO IL RAPPORTO DELL'ISS SI E' RIAMMALATO IL 4,1% DEI POSITIVI, ANCHE PER EFFETTO DELLE NUOVE VARIANTI - PER GIORGIO PALU', DIRETTORE DELL'AIFA, NON BISOGNA "CREARE ALLARMISMI SU XE - "SONO PIU' PERICOLOSI I CEPPI SCONOSCIUTI CHE MUTANO IN CHI NON HA DIFESE"...

Mariolina Iossa per il "Corriere della Sera"
 

tamponi

È in leggero calo la curva epidemica, con 63.992 nuovi casi nelle ultime 24 ore contro i 66.535 di venerdì e soprattutto i 70.803 di sabato scorso: in una settimana la riduzione è stata del 10%. Un poco più basso anche il numero di tamponi analizzati: 438.449 contro i 442.029 del giorno prima, ma il tasso di positività scende dal 15,1% al 14,6%.
 
I morti sono 112 (venerdì 144) per un totale da inizio pandemia di 160.658. Invariati i ricoveri nelle intensive, 462 in totale, mentre diminuiscono quelli ordinari: ieri 79 in meno, 10.023 in tutto.
 

tamponi 2

Mentre in una settimana si è rilevato un lieve aumento di ricoveri per le fasce di età 0-9 e 70-79 anni. Buono quindi l'andamento registrato ieri ma la curva dei contagi resta alta e soprattutto preoccupano reinfezioni, nuove varianti e allentamento delle misure di sicurezza.
 
L'Istituto superiore di Sanità ha rilevato un aumento delle reinfezioni del 4,1% nell'ultima settimana, rispetto al 3,5% di quella precedente. Dal 24 agosto 2021 allo scorso 6 aprile sono stati 319.005 i casi di reinfezione, pari al 3,1% del totale. Si tratta principalmente di non vaccinati, vaccinati con almeno una dose da oltre 120 giorni, dei più giovani e degli operatori sanitari.
 

tamponi

La risalita delle reinfezioni è «effetto dell'aumentata circolazione delle varianti più contagiose e dimostra che neppure i guariti sono esenti dal rischio di nuova malattia - spiega Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell'Irccs Galeazzi di Milano - ma, fortunatamente, per ora non si rileva un effetto pesante in termini di maggiore ospedalizzazione».
 
Probabilmente sulle nuove reinfezioni pesa, dice Pregliasco, anche l'allentamento delle misure anti Covid. «Le reinfezioni - afferma - riguardano soggetti che hanno contratto il virus originario di Wuhan o la variante Delta e si sono reinfettati con Omicron, 1 e 2, anche se nuove varianti stanno emergendo come Xe e Xj».
 

il virologo fabrizio pregliasco

Il virus tende a «svicolare dalla risposta immunitaria, sia della guarigione sia della vaccinazione». Quale scenario per l'autunno? «Quello migliore è che queste varianti, contagiose ma meno pesanti ospedalizzazioni, giochino a nostro favore aumentando l'immunità generale della popolazione infettata - continua Pregliasco -. Tuttavia, proprio perché neppure i soggetti guariti sono al sicuro, è verosimile immaginare un nuovo rigurgito di casi in autunno».
 
Nuovi contagi e reinfezioni sono in diminuzione tra chi è in età scolare: l'Iss registra in questa fascia il 22% di casi, contro il 25% di sette giorni fa rispetto al resto della popolazione. Nell'ultima settimana il 17% dei casi in età scolare ha interessato i bambini sotto i 5 anni, il 43% quelli tra 5 e 11 anni, il 39% tra 11 e 19 anni.
 
Anche ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha sottolineato: «Il virus circola ancora, bisogna continuare con vaccini e mascherine». E l'immunologa Antonella Viola, direttrice dell'Istituto di ricerca pediatrica dell'università di Pavia, ha ribadito: «Se la situazione resta quella che è adesso non è saggio togliere le mascherine al chiuso a fine aprile. Il virus continua a circolare, non sappiamo come si ripresenterà in autunno».
 

VARIANTE XE

2. "NON CREIAMO ALLARMISMI SU XE PIÙ INSIDIOSI I CEPPI SCONOSCIUTI CHE MUTANO IN CHI NON HA DIFESE"
Margherita De Bac per il "Corriere della Sera"
 
«Non dobbiamo temere le ricombinazioni dei virus appartenenti a sotto-varianti dello stesso ceppo, come è il caso di quella denominata Xe», rassicura il virologo Giorgio Palù, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco, Aifa.
 
E allora da quale parte potrebbero arrivare vere minacce?
«Da nuove varianti che hanno acquisito mutazioni diverse da quelle conosciute, replicandosi in individui con il sistema immunitario indebolito, come i pazienti immunodepressi. Infettandosi, queste persone ospitano per mesi il virus nel loro organismo non riuscendo a debellarlo. È in queste condizioni che il Sars-CoV-2 può cambiare e costituire una nuova insidia».
 
Quindi gli allarmi sulle ricombinazioni non vanno presi sul serio?
«Vanno tenuti sotto controllo ma senza troppi patemi d'animo. Sono scambi genetici di due virus delle sotto-varianti di Omicron, BA1 e BA2, che infettano la stessa cellula e si scambiano pezzetti di geni fino a creare un nuovo virus, non pericoloso in quanto riconosciuto dal nostro sistema immunitario. Segnalo che la ricombinazione avviene in soggetti sani, magari già vaccinati. E che i virus ricombinanti sono identici per il 99% alla variante Omicron in circolazione, che ha un indice di contagiosità altissimo, pari a quello del virus del morbillo».
 
Partiamo dall'inizio. Cos'è un ricombinante?
«È il risultato di uno scambio di materiale tra porzioni che sono identiche e che fanno parte dello stesso gene appartenente al genoma di due virus che hanno contemporaneamente infettato la stessa cellula. La ricombinazione genetica interessa in particolare i virus a Dna a doppio filamento. Tra i virus a Rna, quelli che più spesso possono andare incontro a ricombinazione genetica sono i retrovirus (virus responsabili dell'Aids e di alcuni tumori umani) e i coronavirus, alla cui famiglia appartiene il Sars-CoV-2».
 
Sono «sorprese» frequenti?
«L'evento ricombinazione è frequente nei coronavirus in quanto sono i virus più diffusi in natura e hanno un genoma esteso, composto da 30 mila lettere e 30 geni. Quindi immaginiamo quanti assemblaggi diversi possono nascere a partire da due virus differenti che si incrociano».
 
Che significato va attribuito al sequenziamento di un ricombinante in un laboratorio della Asp di Reggio Calabria, ribattezzata Xj?
«Non è sorprendente anche perché, come certificato dall'Istituto superiore di Sanità, si tratta di variante già identificata come Xe nel Regno Unito, dove l'attività di sequenziamento è molto intensa e dove le sotto-varianti di Omicron, rispetto ad altri Paesi, sono circolate prima e in forma più diffusa».
 
L'agenzia europea Ecdc tiene sotto sorveglianza tutte queste variazioni. Cosa ha catalogato finora?
«L'agenzia ha sotto monitoraggio Xe assieme alle forme ricombinanti Xd e Xf, risultanti dallo scambio genetico tra le varianti Omicron e Delta. Nel Regno Unito hanno trovato almeno 700 casi del ricombinante Xe. Stiamo a vedere se aumenteranno. Al momento non c'è nessun motivo di allarme».
 
Cosa hanno osservato i suoi colleghi inglesi?
«Xe è un ricombinante di Sars-CoV-2 nel gene della proteina Spike e presenta tre altre mutazioni in geni che codificano proteine non strutturali. Non ci sono al momento dati per dire se questo ricombinante abbia caratteristiche di maggiore contagiosità o virulenza rispetto alla sotto-variante BA2 ormai dominante».
 
I sintomi dell'infezione dovuta al ricombinante non destano preoccupazione?
«No anzi, le manifestazioni cliniche sembrano tutte caratterizzate da sintomatologia minore. Va segnalato che Xe non è il primo esempio di virus ricombinante identificato durante la pandemia Covid-19. Molti di questi virus ricombinanti sono già comparsi nell'ambito di precedenti varianti (Alfa, Beta, Gamma, Delta) per poi estinguersi senza lasciare traccia».

GIORGIO PALU AIFAGIORGIO PALUvariante xe 3

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