L’ATTENTATO CONTRO I VIGNETTISTI A DALLAS RIPETE IL SOLITO SCHEMA: ESTREMISTI FAI-DA-TE CHE VOGLIONO PARTIRE PER LA SIRIA O IN AFRICA, VENGONO INTERCETTATI E BLOCCATI, RESTANO IN PATRIA E POI PASSANO ALL’AZIONE

Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”

 

ELIOT SIMPSON - ATTENTATO A GARLAND CONTRO LE VIGNETTE SU MAOMETTOELIOT SIMPSON - ATTENTATO A GARLAND CONTRO LE VIGNETTE SU MAOMETTO

«Allah ama chi combatte, chi dorme sulla dura roccia o vive nelle grotte». Questo voleva fare Elton «Ibrahim» Simpson. Unirsi alla jihad in Somalia, assieme agli Shebab. Raccontava di sogni di battaglie, di Paradiso, di vergini. E non nascondeva le sue aspirazioni.

 

Per un lungo periodo i federali gli hanno messo a fianco un angelo custode, Daba Deng, un giovane keniota che ha registrato di nascosto i loro colloqui. E nel dossier della polizia, dal 2006 fino a pochi mesi fa, si sono accumulati gli indizi. Un’indagine sfociata in arresto, seguito da una condanna a tre anni di libertà vigilata e dall’inserimento del suo nome nella «no fly list». Dunque non poteva salire su un aereo anche se gli avevano restituito il passaporto. Per il giudice mancavano le prove per farlo restare in prigione. E lui ha preso tempo, aspettando l’occasione.

ELIOT SIMPSON ELIOT SIMPSON

 

Simpson, 30 anni, originario dell’Illinois e trasferitosi a Phoenix in Arizona, è rimasto così sul radar degli investigatori per un decennio, riuscendo a beffarli. Un convertito che ha imitato i «ghazis», i combattenti del Profeta.

 

Al suo fianco nell’assalto a Garland un complice, Nadir Soofi, 34 anni, compagno di appartamento e titolare di una ditta di pulizie di tappeti. In apparenza non due guerrieri. «I fratelli in Texas non avevano alcuna esperienza però hanno difeso l’onore di Maometto», ha scritto su Twitter il militante dell’Isis Abu Hassan al Britani.

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Attentato dopo attentato si rivede la medesima storia. Estremisti fai-da-te, che vogliono partire per il fronte in Siria o in Africa, e invece sono intercettati dalle autorità. E’ accaduto con Michael Zehaf Bideau, autore dell’attacco a Ottawa, poi con i killer di Parigi. Il restare a casa non li disinnesca. Anzi, probabilmente li carica ancora di più. E pazienti si preparano per il giorno X, in questo caso il concorso «satanico».

 

Magari c’è pure chi, dall’esterno, riesce ad innescarli, battendo sul tempo l’antiterrorismo. L’Fbi li conosce, eppure ha problemi a sventare i loro colpi per il semplice fatto che sono troppi, anche se a volte ben visibili.

 

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Elton è molto attivo sul web, posta messaggi pro Isis, cerca sponde. Lungo questi sentieri arriva all’islamista somalo-americano, Mujahed Muski. Altro personaggio piuttosto noto che da settimane lanciava appelli ad attaccare per vendicare l’offesa delle vignette. Magari gli ha suggerito cosa fare. Non l’unico. Nelle sue chiacchierate con la talpa, Elton aveva raccontato di aver ricevuto un video sul martirio a bordo di autobomba.

 

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Per gli esperti è interessante il rapporto con al Britani, diventato famoso per le operazioni hacker nel nome del Califfo e che si troverebbe ora in un rifugio siriano. Junad Hussain, questo il suo vero nome, è un inglese che a volte pesca volontari e alimenta con materiale il loro credo. Ha trovato in questo modo anche una moglie, una madre di famiglia inglese scappata di casa per sposarlo. E’ significativo che alla vigilia della sparatoria, Simpson lo indichi come suo portavoce.

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Quanto all’affiliazione c’è il sospetto che i due terroristi siano stati ispirati dallo Stato islamico. Il solito legame leggero, ideologico, cucito da qualcuno all’esterno. In un tweet attribuito a Simpson c’è un atto di fedeltà al Califfo, Abu Bakr al Baghdadi. A tenere insieme Simpson e gli altri è l’attrazione per lo Stato islamico, così come il target comune, quello dei disegni profani. Il training è solo un dettaglio, non fondamentale. Basta provarci. Al Qaeda temeva di sbagliare e cercava di andare solo a colpo sicuro, per l’Isis invece creare il panico è già una vittoria.

 

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