ERA MIO NONNO - L’INCREDIBILE STORIA DI HENRIK LENKEIT, PASTORE PROTESTANTE TEDESCO CHE HA SCOPERTO DI ESSERE IL NIPOTE DI HEINRICH HIMMLER GRAZIE A…UN DOCUMENTARIO – LA NONNA DEL 47ENNE ERA HEDWIG POTTHAST, AMANTE DEL NUMERO 2 DI ADOLF HITLER: “STETTI MALISSIMO. NON NE SAPEVO NULLA. MIA NONNA AVEVA UN COGNOME DIVERSO. MA MI RICORDAI CHE AVEVO UNA PROZIA CON QUEL COGNOME” – I FAMIGLIARI DI LENKEIT ERANO A CONOSCENZA DELLA PARENTELA CON HIMMLER, MA GLIEL'HANNO TENUTO NASCOSTO PER TUTTA VITA: “QUANDO LO SCOPRII LORO SI RIFIUTARONO DI AMMETTERLO E RUPPERO OGNI CONTATTO CON ME. MA SONO PRONTO A PERDONARLI. NON ABBIAMO COLPE PER I NOSTRI ANTENATI. MA È GIUSTO PROVARE UN PO' DI VERGOGNA…" - NELLA CASA DI HEDWIG, C'ERANO MOBILI FATTI CON OSSA UMANE E UN'EDIZIONE DI "MEIN KAMPF" RILEGATA IN PELLE UMANA
Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
https://www.repubblica.it/esteri/2025/10/23/news/nipote_himmler_intervista_storia-424930926
Un anno fa, durante un afoso pomeriggio di fine agosto, Henrik Lenkeit decise di guardare un documentario su Heinrich Himmler. Il pastore protestante veniva da una settimana faticosa e non aveva voglia di leggere la Bibbia. Il documentario lo incuriosì. Andò sul web, voleva saperne di più del numero due del regime di Adolf Hitler, del capo di tutti gli apparati di sicurezza del Terzo Reich, dell'uomo che aveva contribuito ad organizzare i campi di concentramento e lo sterminio degli ebrei. Nel giro di pochi secondi, Henrik scoprì che oltre alla moglie Margarete, Himmler aveva avuto un'amante, la sua segretaria Hedwig.
Scorrendo Wikipedia, il pastore scoprì una foto di quell'amante. E si sentì svenire. Nell'immagine in bianco e nero […] Henrik Lenkeit riconobbe il volto di sua nonna. «Mi girava la testa, stetti malissimo. Non ne sapevo nulla. È vero, quella donna si chiamava Hedwig Potthast, e mia nonna aveva un cognome diverso. Ma mi ricordai che avevo una prozia con quel cognome. E allora mi fu chiaro che quella nonna gentile che da bambino vedevo tre o quattro volte all'anno, quella nonna adorabile che mi regalava sempre la cioccolata, era stata, in realtà, l'amante di Heinrich Himmler. Era la madre di mia madre, Nanette Dorothea».
Per 47 anni, Henrik Lenkeit aveva vissuto nell'illusione di avere avuto una sola macchia nera nella sua famiglia: il nonno paterno, che era stato nella Wehrmacht. Ma la sua famiglia gli aveva nascosto la verità più dolorosa: Henrik era il nipote, per via materna, di uno dei più grandi criminali della storia.
Dopo quel trauma, Lenkeit impiegò quasi un anno per mandare una mail allo Spiegel, e raccontare finalmente la sua storia, apparsa sul numero di lunedì. Con Repubblica, Henrik ha accettato di fare la sua prima intervista a un giornale estero. Lo intervistiamo su zoom, Lenkeit si collega dalla sua casa in Spagna e ha ancora l'aria fragile.
«Per un po' di tempo mi sentii come una pentola a pressione. Almeno, i miei bambini mi vedevano così. Mia moglie mi disse subito: "Henrik, scrivi subito un libro o una storia, non importa se poi la pubblichi. Capii che era un modo per elaborare il lutto. E lo feci. E penso che sia un libro che possa aiutare tante persone. Ma devo ancora trovare un editore».
[…] Henrik abbozza un sorriso. La sua storia è un sonoro schiaffo al nonno, osserviamo. «È vero. Sono un pastore, faccio il coach, vivo in Spagna, sono sposato con una meravigliosa donna messicana e ho tre figli. Nel tempo libero, aiuto i migranti, i latinos che arrivano qui in Costa del Sol, a integrarsi. E amo Israele».
Sua nonna Hedwig, nei racconti del figlio del capo della cancelleria di Hitler, Martin Bormann, e di altri testimoni dell'epoca, era stata innamoratissima di Himmler, lo chiamava "Re Heinrich".
Lui ricambiava con "coniglietta". E la sua fedeltà a Hitler era altrettanto assodata. Chi la andò a trovare, nel 1944, notò nella casa di Hedwig dei mobili fatti con ossa umane, e un'edizione di "Mein Kampf" rilegata in pelle umana.
[…]«Tutti sapevano di Himmler, persino il mio padrino. Tranne me». Quando Henrik scoprì la verità, si rivolse ai parenti, «che si rifiutarono di ammetterlo e ruppero ogni contatto con me. Ma sono pronto a perdonarli. Così come sto perdonando i miei genitori». Sono morti entrambi da tempo.
Uno dei motivi per cui Henrik ha scritto il suo libro è per contrastare l'ascesa apparentemente irresistibile di un partito, l'Afd, che «è spaventoso», ci dice, scuotendo la testa. «Lo sa che usano molte citazioni di Himmler? E trovo grave che qualcuno di loro sostenga che i tedeschi non debbano vergognarsi dei loro antenati. Certo che non abbiamo colpe per i nostri antenati. Ma è giusto provare un po' di vergogna».
Ciò che ha salvato Henrik dalla pazzia è stata la sua fede, confessa. Quando la nipote dell'ufficiale delle SS Amon Goeth scoprì chi era stato suo nonno, attraversò una crisi profondissima. «Il mio caso, se vogliamo, è anche peggio. Ma la mia fede in Dio mi ha aiutato a superare il lutto. Il lutto di aver perso la mia identità». Lenkeit ci tiene a sottolineare che «i miei genitori non erano nazisti». Ma un dubbio atroce gli è sempre rimasto. La madre lo ha chiamato Henrik, vezzeggiativo di Heinrich. E lui non riesce a togliersi dalla testa il dubbio che sia stato un omaggio silenzioso.
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