
MARE SALATISSIMO – TE CREDO CHE NON CI VA PIÙ NESSUNO IN SPIAGGIA: PASSARE UNA GIORNATA IN UNO STABILIMENTO BALNEARE È UN LUSSO PER POCHI - AD ALASSIO, LA LOCALITÀ DI MARE PIÙ CARA D’ITALIA, IN UN GIORNO SI ARRIVA A SPENDERE 110 EURO E LE SPIAGGE LIBERE SONO MERCE RARA (IL 20% DEL TOTALE, LA LEGGE IMPORREBBE IL 40%) - NEL PERIODO DI LUGLIO, IL SINDACATO BALNEARI HA REGISTRATO UN CALO DEL 15% DELLE PRESENZE...
Estratto dell’articolo di Matteo Macor per “la Repubblica”
Nello stabilimento balneare più caro della località di mare più cara d'Italia, classifiche di settore e carta alla mano, l'unico prezzo più o meno politico è quello dell'espresso: un euro e 50 al tavolino, biscotto sul piattino compreso. Tutto il resto, sotto gli ombrelloni blu del Mediterranée di Alassio, Liguria di ponente, varrebbe una novena dolorosa: in un giorno di spiaggia si arriva a spendere 110 euro, la sola cabina sono 30, uno spritz 10, gli antipasti 20, la doccia (calda) rientra nei 30 dell'affitto della cabina.
Numeri in linea con la fotografia dei prezzi che nella settimana più cara dell'estate fa l'ultimo dossier di Altroconsumo, presi in esame i primi dieci lidi più popolari dello Stivale, — tradotto, le prime destinazioni del ceto medio italiano, alla portata dei più: niente a che fare con le esclusive Porto Cervo o Portofino — ma utili a spiegare il record di questo angolo celebre di Riviera delle Palme.
Dove secondo l'organizzazione dei consumatori il prezzo per una settimana sul lettino è il più alto di tutti, 345 euro di media con picchi di 600, e le voci dal bagnasciuga raccontano un Paese. Da queste parti, va detto, i prezzi alti fanno parte del panorama da tempo […]
Lo spazio scarseggia sulle autostrade che portano fin qua come al mare: camminare per credere lungo gli otto, dieci metri non di più di profondità della spiaggia, o davanti agli annunci immobiliari degli appartamenti fronte mare che fanno di Alassio (altro record) uno dei dieci comuni più costosi d'Italia, o alla disperata ricerca delle pochissime spiagge libere comunali (il 20 per cento del totale, la legge imporrebbe il 40).
Il sindaco Marco Melgrati, forzista di ferro, uno che nel curriculum vanta pure la fondazione del Club Trump Italia, la fa semplice: «A Rimini hanno sabbia da vendere, noi abbiamo poco spazio e il mare più bello: fare le vacanze qui è come prendere il caffè in piazza San Marco, è giusto si paghi di più».
Nell'ambito di un settore ancora appeso all'applicazione della direttiva Bolkestein, e che secondo il Sindacato balneari ha appena registrato un calo delle presenze in spiaggia del 15 per cento nel solo luglio, l'estate alassina parrebbe però dire anche qualcosa di più. Tra le cabine degli stabilimenti medio-piccoli, a seconda del ruolo, si ammette il calo («Facevamo 100 e ora facciamo 90, 95», ammette un gestore) o si punta il dito sui prezzi («A forza di tenere questi prezzi e non aumentare la qualità dei servizi, chi ha i soldi sceglierà altro», accusa un bagnante).
[…] Nell'Italia delle disuguaglianze crescenti, insomma, dove il Censis vede crescere la distanza tra chi può accedere alle cure come alle vacanze e chi no, o l'ultimo sondaggio di Demos rivela come metà degli italiani si ritenga di possibilità medio-basse, «anche l'ombrellone è diventato indicatore», sentenzia Stefano Salvetti, di Adiconsum e Mare Libero, il coordinamento nato per sostenere la battaglia contro la privatizzazione del mare.
«Una spesa per chi non poteva prima o inizia a non potere ora, e ancora uno status per chi può — è la sintesi — Ecco perché un Paese serio dovrebbe fare la battaglia per dare a tutti il diritto di vivere il mare. Se scappa il ceto medio, dove finiscono quelli sotto?». […]