
“MI CHIAMAVANO ORRENDA VANONI” – ORNELLONA SI RACCONTA IN UN LIBRO E IN UNA INTERVISTA AL "CORRIERE": “MI SONO SENTITA PER BUONA PARTE DELLA VITA UN BROCCO, UNA PERSONA PRIVA DI QUALSIVOGLIA TALENTO” – STREHLER (“SE C’ERA DA SPERIMENTARE CON L’EROTISMO, MI AFFIDAVO. SE ERANO LE DROGHE, MI ALLINEAVO”), GINO PAOLI (“FU UN AMORE SOFFERTO, LUI SEMBRAVA UNO SFIGATO, IO ERO CONSIDERATA ANCHE LESBICA”), MILANO DIVENTATA “STRONZA”, “L’APPUNTAMENTO” CHE NON CE LA FACCIO PIU’ A CANTARE, LA TV DA FAZIO E LA MORTE: “MI SONO GIA’ ORGANIZZATA, FARO’ UN FIGURONE” - VIDEO
Renato Franco per il "Corriere della Sera - Estratti"
«Sono una di quelle. Donne in fiamme, fragili e piene di tenerezza, riparate dietro allo scatto di nervi, al distacco elegante, al sarcasmo. Disperata e felice, sola e celebrata, furibonda e delicata, egoista ma pronta ad arrivare in piena notte a casa di un amico, se ha bisogno».
Ornella Vanoni si guarda allo specchio e si vede così, piena di quelle contraddizioni che ci rendono unici. È il suo autoritratto in Vincente o perdente , il libro (magnificamente) scritto con Pacifico che esce martedì 6 maggio per «La Nave di Teseo» di Elisabetta Sgarbi.
Strehler diceva che lei non era fatta per il palco. Forse si è sbagliato.
«Mi conosceva molto bene, io ero fragilissima e timidissima. Mi disse: se tu sali su questo palco è un miracolo».
E questo non la rendeva ancora più fragile?
«Lui non lo sa, ma la forza di salire su quel palco me l’ha data lui. Nel momento in cui mi ha detto che non ce l’avrei fatta perché ero troppo fragile, io sono andata su. Lui lo diceva un po’ per spronarmi, certo, ma un po’ anche perché lo pensava, e non senza ragione. Io sento di aver violentato la mia natura ritrosa, la mia timidezza. Ho torto i miei nervi, mi sono tirata per i capelli».
Scrive che ha sempre sentito di valere poco.
«Mi sono sentita per buona parte della vita un brocco, una persona priva di qualsivoglia talento».
Lei? Possibile?
«Era la mia sensazione. Io vivevo in una bolla di semi-infelicità, anche perché sono sempre stata messa in collegio, in Francia e in Inghilterra. E poi c’era questa cicatrice sotto il collo di cui mi vergognavo terribilmente. Una cicatrice dovuta alla tisi, che mi fu curata malamente, era una macchia nera. Natalia Aspesi lo scrisse: come fa ad andare in tv con quell’orrenda cicatrice? L’avrei uccisa... Andai in America da un chirurgo plastico per farmela sistemare».
ORNELLA VANONI E GIORGIO STREHLER
«Tra un passo indietro prudente e un salto nel vuoto io ho sempre saltato»: in realtà fragile ma coraggiosa.
«Sfidavo la mia fragilità perché non mi piaceva, non mi permetteva di dire certe cose, di fare certe cose. Saltavo nel fuoco: salire sul palco è stato così».
Il primo ricordo di Strehler che le viene in mente?
«Io avevo 19-20 anni, ero a Santa Margherita, con mia madre seduta con alcuni amici, e c’era questo signore con i capelli già bianchi. Io insistevo con mia madre, la pregavo di regalarmi un paio di pantaloni gialli. E lui le disse: glieli compri . Era la prima volta che ci vedevamo, non sapevo neanche chi fosse, sapevo solo che era l’amante di un’amica di mia madre. Mi viene in mente ora: lui forse mi ha amata subito, da allora».
ornella vanoni - che tempo che fa
Scrive che Giorgio portava nella sua vita «una vita smisurata».
«Se c’era da sperimentare con l’erotismo, se era quello che desiderava, mi affidavo. Se erano le droghe, o qualsiasi possibilità di alterazione, mi allineavo. Se ami qualcuno, non lo lasci mai solo. L’altra persona la perlustri, da cima a fondo. Soprattutto in un periodo storico come quello, dove ogni tabù era nel mirino. E gli scheletri, invece di starsene buoni nell’armadio, se ne andavano a spasso per la stanza».
ornella vanoni e gino paoli - che tempo che fa 1
Gino Paoli?
«Se l’amore si misura a sofferenza, a patimento, a mancanza, a sensazione di urgenza permanente, beh, il grande amore della mia vita è stato Gino. Ci siamo uniti perché tutti e due eravamo considerati strambi, diversi. Lui si diceva fosse omosessuale. Certo non passava inosservato, così secco, beccamorto. Sembrava uno sfigato, e invece aveva dentro canzoni meravigliose. Io ero considerata presuntuosa, altezzosa, anche lesbica. Due marginali, insomma, due fuori norma. Ci siamo divisi davanti alla scelta di fare un figlio. Per lui era una realizzazione, io avevo già un figlio da crescere. E mi sono ritratta». Poi, sorniona, diventa subito ironica: «Certo bisogna avere tanta, tanta energia per le pene d’amore. E anche molto tempo libero».
Perché detesta Natale?
«Mi mette una tristezza... neanche la domenica mi piace, l’altro giorno mi ha messo una tristezza mostruosa: se non c’è nessuno in casa divento triste. A me piace la solitudine, ma dopo il pieno, non dopo il vuoto».
Tra le compagne della sua vita cita proprio la solitudine.
«Ho tatuata nel petto la S di Solitudine. Mi sono sempre sentita sola. Da quando ricordo, da quando ero piccola. Una sensazione di non completezza, la certezza di avere un lato scoperto e che nessuno può veramente proteggerti».
ornella vanoni che tempo che fa 1
Un’altra compagna è stata la depressione.
«L’aveva mio padre, forse è genetica. Ho attraversato diverse volte quella foresta spettrale. A me è successo tre, quattro volte, di caderci dentro: una volta è stata così forte che mi sono fatta ricoverare e da allora ho preso gli psicofarmaci. Gli psicofarmaci non bisogna mai abbandonarli se sei una persona che tende alla depressione. Sono una barriera: ti può venire la tristezza, ti può venire la malinconia, che è anche bella, però la barriera degli psicofarmaci ti impedisce di andare oltre». Nuovamente ironica: «Qui poi sono al primo piano, se mi butto dalla finestra rimango sciancata e basta».
Il suo più grande rimpianto personale?
«Non essere stata presente come avrei voluto con mio figlio (Cristiano, nato dall’incontro con l’impresario teatrale Lucio Ardenzi, ndr ).
Mio figlio ha sempre pensato che di lui ai suoi genitori non fregasse niente. Lavoravo tanto, ero spesso in giro. Non posso biasimarlo. Tutti abbiamo un senso di colpa per qualcosa, questo è il mio: se un figlio te lo fa pesare come madre soffri come una bestia. Ho sofferto io e ha sofferto lui».
Racconta che ha avuto un grande debole per lo Spritz, che in un altro periodo beveva solo champagne. Oggi cosa le piace bere?
«Vino: vino bianco, buono, gelato, freddo, secco».
(…)
Come trova la sua Milano?
«Milano una volta era calda, accogliente, ma oggi è diventata stronza perché sono peggiorati i milanesi. Milano è una città per ricchi, per privilegiati, sono tutti nevrastenici, tutti lavorano sempre di più per guadagnare, perché bisogna fare un sacco di soldi, se no come vivi in questa città carissima? È una follia».
Lei è sempre ironica.
«L’umorismo attenua la paura. Bisogna giocare, perché stiamo vivendo un momento tragico. Esco sfinita e addolorata dalla lettura dei giornali, dall’ascolto dei notiziari. Sembra che gli esseri umani non possano fare a meno di fare la guerra. Questo è lo zeitgeist: lo spirito del tempo è la guerra. Poi abbiamo pure Trump, siamo messi male...».
Se non avesse fatto «la Vanoni»?
NUDO DI ORNELLA VANONI VIAGGIATORI SERA
«Io sono un medico mancato. Altro che l’attrice, la cantante: dovevo fare il medico».
È ipocondriaca?
«No, mi mettono un nervoso gli ipocondriaci».
Oggi si diverte molto in tv da Fazio.
«Fabio è bravo. È una persona perbene. Tanti lo detestano, perché dicono che sembra un prete. Ma non è colpa sua, cioè, voglio dire...
sembrerà anche un prete... Però la sua è l’unica trasmissione dove non si litiga e trovi sempre ospiti straordinari. Io ad un certo punto mi sono detta che volevo fare televisione e l’ho chiamato. Mi diverto molto con lui, mi mette in scena per come sono».
C’è una canzone che le hanno chiesto mille volte e si è un po’ stufata di cantare?
« L’Appuntamento . Tutti la vogliono, mi chiedono di cantarla sempre e a volte mi stanca. Ma d’altro canto è la canzone che ha rotto la barriera tra me e il pubblico: prima ero giudicata fredda, altera, vagamente aristocratica, quel brano mi ha fatto entrare nel cuore della gente». Ancora ironica: «Mi spiace solo che Roberto Carlos (che ha composto il brano, ndr ) guadagni tantissimo per i diritti. Devo ricordarmi di chiamarlo...».
Una serata, un concerto che vorrebbe rivivere?
«Sono così tanti... Ricordo che quando mi muovevo in tour avevo una troupe molto grande, c’era sempre questa Lollo, la mitica Lollo, che mi faceva molto ridere. E poi c’era una coppia di gemelli — che in arte si chiamavano proprio I gemelli —, uno suonava la chitarra e l’altro la batteria. Quando siamo andati a Sanremo loro mi hanno detto: adesso tu vai a truccarti, vero Orrenda? Loro davano un soprannome a tutte le cantanti, io ero Ornella-Orrenda».
L’aneddoto su Jannacci è strepitoso.
«Arriva fradicio e dice di essere caduto nel Naviglio. Si dà il caso però che fosse in secca.
Lui esclama: Non dove sono caduto io! ».
Lei scherza tanto anche sulla morte, la chiama la Musona.
«Mi sono già organizzata: ho chiesto a Paolo Fresu di suonare al mio funerale, indosserò un bel vestito largo tutto plissé, mi farò truccare dalla mia truccatrice. Farò un figurone. Non voglio morire tardi, non potrei sopportare di stare a casa senza far niente».
Paradiso o Inferno?
«Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive vanno dappertutto».