torture nel carcere di torino 1

"MI DICEVANO: DEVI MORIRE QUI PEZZO DI MERDA" - INSULTI, PESTAGGI, VIOLENZE E UMILIAZIONI: NELLE CARTE DELL'INCHIESTA SUL CARCERE DI TORINO VENGONO FUORI TUTTE LE VESSAZIONI FATTE AI DETENUTI, TRA LE RISATE DEGLI AGENTI - "LEGGEVANO LE ACCUSE DI PEDOFILIA CONTRO DI ME DI FRONTE A TUTTI A VOCE ALTA" - "IN 4 HANNO INDOSSATO DEI GUANTI, MI HANNO SBATTUTO PER TERRA, STRAPPATO LE MUTANDE E…" - I POLIZIOTTI INTERCETTATI SI VANTAVANO AL TELEFONO: "OGGI CI SIAMO DIVERTITI, TIPO ISRAELE ANNI QUARANTA"

Giuseppe Legato per "La Stampa"

 

torture nel carcere di torino 3

«Ho sbagliato lo so, ho abusato di mia figlia minorenne. Sto scontando la mia giusta pena, ma loro sono stati delle bestie. Quando sono arrivato in carcere mi hanno obbligato a consegnare gli atti con cui la magistratura mi accusava. Hanno iniziato a leggerli di fronte a tutti, ripetevano ad alta voce i passaggi della mia confessione al magistrato. Ho sentito un disagio fortissimo, mi sono vergognato. Ho implorato che si fermassero, ma loro niente, continuavano. Dicevano: da qui non uscirai vivo».

 

torture nel carcere di torino 4

Diego S. è un nome in un lungo elenco di vittime di violenti pestaggi nel carcere di Torino. Torture per il pm Francesco Pelosi titolare dell'inchiesta ormai pronta ad arrivare nelle aule giudiziarie.

 

Le vittime agli atti sono undici. A Diego sono entrati in cella di notte: gli hanno staccato le mensoline sul muro, gettato detersivo da piatti sulle lenzuola. Poi lo hanno portato in una saletta «tra la quinta e la sesta sezione».

 

torture nel carcere di torino 2

Molti detenuti lo sanno - e lo hanno raccontato - che lì, per loro, le cose si mettevano male. «Sentivamo le urla di dolore, i carcerati gridavano, chiedevano aiuto». Diego aveva presentato una denuncia, l'ha ritirata. Poi la storia è venuta fuori lo stesso.

 

Botte, umiliazioni, pugni, pestaggi nella casa circondariale Lorusso e Cutugno tra il 2017 e il 2019. «Trattamenti degradanti dell'umanità» scrive la procura nell'atto d'accusa. Una sequela «di brutalità» venute alla luce grazie a due donne.

 

la garante dei detenuti monica gallo

Una, la garante dei detenuti Monica Gallo, l'altra la ex vicedirettrice del carcere di Torino Francesca D'Aquino. La prima si presenta in procura il 3 dicembre 2018 e racconta ciò che le hanno confidato i detenuti. L'altra, mesi prima, aveva ricevuto una segnalazione di violenze su un carcerato.

 

francesca d aquino

Ha trasmesso gli atti in procura scavalcando la consolidata (e discutibile) abitudine dentro il penitenziario di fare un'indagine interna e chiudere tutto senza fughe di notizie. Così, tra loro. Un giovane difeso dal legale Domenico Peila racconterà altro: «La notte del 30 aprile 2019 mi sono sentito male, mi sono accasciato dentro la cella. Sono arrivati gli agenti, quella che noi conosciamo come la squadra dei picchiatori. Dicevano: devi morire qui pezzo di merda. Il giorno dopo, alle 14,30 mi hanno convocato in una stanzetta. Uno mi ha assestato un calcio alle gambe. Sono caduto, gli altri mi colpivano con gli stivali allo sterno».

 

torture nel carcere di torino 1

Alle «perquisizioni punitive» si aggiunge il cosiddetto «battesimo per i nuovi giunti». Una pratica macabra: «Quando sono arrivato mi hanno portato ammanettato al casellario. Mi hanno chiesto di spogliarmi, ho tolto tutto tranne le mutande. In 4 allora hanno indossato dei guanti, mi hanno sbattuto per terra e mi hanno strappato gli slip di dosso. Ho sbattuto la faccia contro il pavimento e mi sono spaccato un dente, mi è caduto. L'ho nascosto in cella», ha detto piangendo una vittima di fronte al magistrato.

 

Un'altra ha raccontato: «Hanno cominciato a colpirmi con schiaffi, pugni e calci. In particolare mi dicevano di salire le scale e mentre le affrontavo gli agenti da dietro mi colpivano con schiaffi pugni e calci. E ridevano».

 

DOMENICO MINERVINI

Altri carcerati hanno raccontato di essere «stati feriti in fronte con il ferro usato per la battitura delle sbarre». Altri ancora costretti a ripetere davanti a tutti: «Sono un pedofilo di merda». Ancora: «A un compagno di sezione - ha raccontato un detenuto - lo hanno ammanettato e bloccato a terra. Era in attesa di fare il Tso. Lo hanno colpito con calci allo sterno e mentre lo facevano, ridevano».

 

La versione è stata confermata dalla vittima convocata in procura. Il comune denominatore dei bersagli di questa «squadretta» composta da 6-7 persone «avvezze a comportamenti di questo tenore violento», alle quali a rimorchio si univano altri agenti, è quella di prendere di mira i detenuti per reati a sfondo sessuale.

 

DOMENICO MINERVINI 1

Scrive la procura: «Si tratta di soggetti condannati o in stato di custodia cautelare per quei reati che secondo la legge non scritta del carcere suscitano una maggiore riprovazione sociale e pertanto richiedono nell'ottica deviata di quella legge non scritta una punizione ulteriore rispetto a quella prevista dalla legge.

 

Quello che colpisce all'esito dell'esame degli elementi probatori emersi nel presente procedimento è come queste spedizioni punitive non siano state opera di altri detenuti bensì di agenti di Polizia Penitenziaria e cioè di quelle persone che all'interno del carcere rappresentano lo Stato».

 

domenico minervini

Due di loro erano già finiti nei guai: condannati a marzo 2017 in Cassazione per abuso di autorità nei confronti di altri detenuti nel carcere di Palermo. Ma erano ancora in servizio. E non avevano perso «la riprovevole abitudine», si legge agli atti. Si vantavano al telefono con le fidanzate: «Oggi ci siamo divertiti, tipo Israele anni Quaranta». Il senso viene colto subito dalla compagna: «Vi siete divertiti a menà?». Silenzio.

 

Ma quando esce la notizia sui giornali - e le intercettazioni sono ancora attive sui telefoni degli indagati - ciò che colpisce sono i commenti: «Non doveva uscire. Doveva rimanere qui dentro e non trapelare all'esterno», dice un agente. E il collega: «Il comandante ci aveva detto di stare tranquilli, che era tutto a posto...».

 

L'ex comandante della polizia penitenziaria Giovanni Battista Alberotanza è indagato in questa inchiesta. Anche per l'ex direttore Domenico Minervini è stato chiesto il rinvio a giudizio: favoreggiamento e omissione di denuncia. Poche ore dopo la discovery degli atti il capo del Dap Bernardo Petralia li ha rimossi entrambi.

Ultimi Dagoreport

sigfrido ranucci giovambattista fazzolari

DAGOREPORT - UCCI UCCI, TUTTO SUL CASO RANUCCI: DAI PRESUNTI CONTATTI DI SIGFRIDO CON I SERVIZI SEGRETI PER L'INCHIESTA DI "REPORT" SUL PADRE DI GIORGIA MELONI AL PEDINAMENTO DI SIGFRIDO, CHE COINVOLGEREBBE FAZZOLARI, IL BRACCIO DESTRO (E TESO) DI LADY GIORGIA – RANUCCI, OSPITE IERI SERA DI BIANCA BERLINGUER, HA PRECISATO, MA CON SCARSA CHIAREZZA, COSA E' ACCADUTO NELLE DUE VICENDE: “NON SONO STATO SPIATO DA FAZZOLARI. SO CHE È STATO ATTIVATO UN MECCANISMO PER CAPIRE CHI FOSSE IL NOSTRO INFORMATORE. SI TEMEVA FOSSE QUALCUNO DEI SERVIZI, MA NON È ACCADUTO” - SULL'ALTRA VICENDA DEL PEDINAMENTO: "NON SO SE SONO STATO SEGUITO MATERIALMENTE" – RIGUARDO L'ATTENTATO: "NON HO MAI PENSATO CHE DIETRO CI FOSSE UNA MANO POLITICA" - DAGOSPIA CERCA DI FAR LUCE SUI FATTI E I FATTACCI... - VIDEO

giorgia meloni marina berlusconi antonio tajani

DAGOREPORT – IL DESIDERIO DI FARSI INCORONARE REGINA D'ITALIA, PER IL MOMENTO, LA MELONA LO DEVE RIPORRE NEL CASSETTO DEI SOGNI - L’INDICAZIONE DEL NOME DEL PREMIER SULLA SCHEDA ELETTORALE, BOCCIATA DA TUTTI I PARTITI CHE NON INTENDONO FINIRE CANNIBALIZZATI DALLA MELONI, STA MANDANDO IN PEZZI FORZA ITALIA - TAJANI FA IL POSSIBILISTA E GLI AZZURRI ESPLODONO. LASCIAMO POI PERDERE LA FAMIGLIA DI ARCORE CHE VEDREBBE SPARIRE IL NOME BERLUSCONI DAL SIMBOLO DEL PARTITO - A MILANO SI VOCIFERA DI UN TERRIBILE SCAZZO AL CALOR BIANCO TRA UN TAJANI IN MODALITA' RIBELLE E CRISTINA ROSSELLO, VICINISSIMA A MARINA - L'IDEONA DI FARSI INCORONARE "SUA MAESTA' GIORGIA I" FA STORCERE IL NASO ANCHE AI VARI POTENTATI SOTTERRANEI DEI FRATELLINI D’ITALIA (LOLLOBRIGIDA-LA RUSSA-RAMPELLI)...

zaia stefani salvini meloni fico schlein de luca

DAGOREPORT – L'ESITO DELLE REGIONALI IN VENETO, CAMPANIA E PUGLIA E' GIA’ SCRITTO MA SARA' IMPORTANTISSIMO PER “PESARE” OGNI PARTITO IN VISTA DELLE STRATEGIE PER LE POLITICHE DEL 2027 – I VOTI DELLE VARIE LISTE POTREBBERO CAMBIARE GLI EQUILIBRI INTERNI ALLE COALIZIONI: SE IN CAMPANIA E PUGLIA LE LISTE DI DECARO E DI DE LUCA FARANNO IL BOTTO, PER L'EX ROTTAMATRICE DI ''CACICCHI'' ELLY SCHLEIN SAREBBE UNO SMACCO CHE GALVANIZZEREBBE LA FRONDA RIFORMISTA DEL PD - ANCHE PER CONTE, UN FLOP DEL SUO CANDIDATO ALLA REGIONE CAMPANIA, ROBERTO FICO, SCATENEREBBE LA GUERRIGLIA DEI GRILLINI CHE DETESTANO L'ALLEANZA COL PD - LADY GIORGIA TIENE D’OCCHIO LA LEGA: SE PRECIPITA NEI CONSENSI IN VENETO, DOVE E' STATA FATTA FUORI LA LISTA ZAIA, PROVEREBBE A SOSTITUIRE IL MALCONCIO CARROCCIO CON AZIONE DI CARLETTO CALENDA...

villa casa giorgia meloni antonio tajani matteo salvini

DAGOREPORT - AH, CHE STREGONERIA È IL POTERE: TRAFIGGE TUTTI. SOPRATTUTTO I PARVENU. E COSÌ, DA PALAZZO GRAZIOLI, CHE FU LA SEDE INFORMALE DI GOVERNO E DI BUNGA-BUNGA DI BERLUSCONI PREMIER, SIAMO PASSATI A "VILLA GRAZIOLI" CON LA NUOVA DOVIZIOSA DIMORA DELL’EX ABITANTE DELLA GARBATELLA, DOVE OCCUPAVA CON MADRE E SORELLA DUE DISGRAZIATE CAMERE E CUCINA - UN IMMOBILE CHE STA SOLLEVANDO UN POLVERONE DI POLEMICHE: VILLA O VILLINO? COL SOLITO AGOSTINO GHIGLIA CHE AVREBBE SOLLECITATO GLI UFFICI DELLA PRIVACY DI TROVARE UN MODO PER LIMITARE LE INFORMAZIONI DA RENDERE PUBBLICHE ALLA CAMERA, IN RISPOSTA A UN’INTERROGAZIONE DELLA BOSCHI SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLA VILLA – LA SINDROME DI "IO SO' GIORGIA E NUN ME FIDO DE NESSUNO!" HA POI TRASFORMATO LA MAGIONE NEL SUO BUNKER PERSONALE, LONTANO DAGLI SGUARDI E ORECCHIE INDISCRETE CHE INFESTANO PALAZZO CHIGI - TUTTO BENE QUANDO VENGONO CHIAMATI A RAPPORTO I SUOI FEDELISSIMI, MOLTO MENO BENE QUANDO TOCCA AGLI ALTRI, AGLI “ESTRANEI” DELLA CONVENTICOLA MELONIANA. DAL CENTRO DI ROMA PER RAGGIUNGERE “VILLA GRAZIOLI” CI VOGLIONO, IN LINEA D’ARIA, BEN 40 MINUTI DI MACCHINA. ANCHE DOTATI DI SIRENE E LAMPEGGIANTI, È “UN VIAGGIO”…. - VIDEO

simone canettieri giorgia arianna meloni

DAGOREPORT - MASSÌ, CON I NEURONI SPROFONDATI NELLA IRRITABILITÀ PIÙ SCOSSA, ARIANNA MELONI AVEVA URGENTE BISOGNO, A MO’ DI SOLLIEVO, DELL’ARTICOLO DI DEBUTTO SUL “CORRIERONE” DI SIMONE CANETTIERI - MESSA DALLA SORELLA GIORGIA A CAPO DELLA SEGRETERIA DI FDI, ARIANNA NON NE HA AZZECCATA UNA - ALLA PARI DI QUALSIASI ALTRO PARTITO DI MASSA, OGGI FDI SI RITROVA ATTRAVERSATO DA UNA GUERRIGLIA INTESTINA FATTA DI COLPI BASSI, RIPICCHE E SPUTTANAMENTI, INTRIGHI E COMPLOTTI – DALLA SICILIA (CASINO CANNATA-MESSINA) A MILANO (AFFAIRE MASSARI-LA RUSSA), FINO AL CASO GHIGLIA-RANUCCI, DOVE IL FILO DI ARIANNA SI È ATTORCIGLIATO PERICOLOSAMENTE INTORNO AL COLLO - CHE LA SORELLINA NON POSSIEDA LA ‘’CAZZIMMA’’ DEL POTERE, FATTA DI SCALTREZZA E ESPERIENZA, SE N'E' AMARAMENTE ACCORTA ANCHE LA PREMIER. E PUR AMANDOLA PIÙ DI SE STESSA, GIORGIA L’AVREBBE CHIAMATA A RAPPORTO PER LE SCELTE SBAGLIATE: SE IL PARTITO VA AVANTI COSÌ, RISCHIA DI IMPLODERE… - VIDEO