victor kharitonin victor

NUOVA PUNTATA DELLA SERIE “GLI INTRALLAZZI DEGLI OLIGARCHI IN ITALIA” – IL 4 MARZO SCORSO, OTTO GIORNI DOPO L’INVASIONE DELL’UCRAINA, L’AZIENDA AGRICOLA “MONZIO COMPAGNONI”, DI PROPRIETÀ DEL KAZAKO VIKTOR KHARITONIN, GRANDE AMICO DI ABRAMOVIC (E PUTIN), VIENE SALVATA DA UNO STUDIO MILANESE DI ARCHITETTURA E INGEGNERIA – I LEGAMI CON ANDREY TOPOROV, GIÀ RINVIATO A GIUDIZIO CON L’ACCUSA DI ABUSI EDILIZI PER L’ABBATTIMENTO DELL’HOTEL AMPEZZO A CORTINA (E ANDATO ANCHE IN CAUSA CON I BENETTON NEL 2015)

 

Andrea Galli per www.corriere.it

 

tenuta Monzio Compagnoni

Le 14.40 dello scorso venerdì 4 marzo. Lo studio di un notaio di Treviglio, in provincia di Bergamo. La Russia ha invaso l’Ucraina da otto giorni quando l’unica azienda italiana (almeno ufficialmente) riconducibile all’oligarca kazako Viktor Kharitonin, amico dell’altro miliardario Roman Abramovic (insieme classificati dagli Usa quali pezzi dirimenti del «cerchio magico» di Putin già nel 2018), passa di mano.

 

Dal notaio, come da documento acquisito dal Corriere, la storica azienda agricola «Monzio Compagnoni» di Adro, nel Bresciano, viene salvata da uno studio milanese di architettura e ingegneria della zona di via Santa Sofia: l’immissione nelle casse aziendali di un milione di euro permette di coprire, avanzando denaro per ulteriori investimenti, il mezzo milione di buco. Nell’ufficio di Treviglio, Kharitonin è collegato in audioconferenza.

 

viktor kharitonin

La riunione prosegue senza intoppi. Nessuno avanza obiezioni a cominciare dal partner dell’oligarca nella «Monzio Compagnoni», cantina della Franciacorta, ovvero Andrey Toporov, peraltro già con i suoi guai per un’altra storia; nessuno avanza obiezioni quando vi sarebbero già delle anomalie a guardare le coordinate di base.

 

La lettera ai soci

Il gruppo di architetti e ingegneri fa capo a una 40enne italiana. Ebbene, interrogando l’identità di questa donna, che vive a trenta chilometri da Milano, emerge un episodio datato ottobre 2018 e relativo a un assegno irregolare di 5.472 euro.

 

S’ignora se sia stato un errore di distrazione magari in una giornataccia stressante, oppure un atto voluto; ma quell’episodio rimane «incastrato» nei database nazionali che includono chi fa impresa in Italia, marchiandone di fatto lo status.

 

Monzio Compagnoni

Ora, una premessa doverosa: nessuno dei protagonisti al momento risulta gravato da provvedimenti giudiziari di qualsiasi tipo, essendo la nostra una semplice narrazione dei fatti (comprovati). Di conseguenza, ognuno può farsi le domande che vuole (ed eventualmente, possono esercitare l’opzione anche gli organi inquirenti). Procediamo. C’è un interrogativo, quasi fisiologico. Anzi due.

 

Il vino

Il primo: per quale motivo uno studio di architetti e ingegneri cambia radicalmente settore andando a depositare consistente denaro in un’azienda vinicola per di più gravata da un significativo passivo?

 

Risposta: le strade degli affari sono infinite, magari i professionisti di Santa Sofia hanno intravisto opportunità sul medio termine che sfuggono agli occhi dei comuni mortali.

 

Victor Kharitonin e la tenuta in franciacorta

Secondo interrogativo: possibile che un uomo esperto quale Kharitonin, proprietario di una potente casa farmaceutica tedesca, già salvatore della società che controlla il circuito di Formula 1 del Nürburgring sempre in Germania (nazione dove l’oligarca gode di enormi crediti), abile a trasferire basi legali a Cipro (nello specifico, come emerge da un documento americano, la «Augment Investment» nella città di Limassol), non si sia voluto informare e, magari ottenute le notizie, non abbia posto dei veti?

 

A meno che, stante il pericolo delle sanzioni contro gli oligarchi, non gli interessasse andarsene e basta, pur ricordando che mantiene ancora quote nella «Monzio Compagnoni».

 

Insieme al sopra menzionato Toporov, il quale, in una comunicazione a tutti i soci prima dell’incontro dal notaio di Treviglio il 4 marzo, aveva scritto: «... proprio per proseguire nel percorso di riorganizzazione aziendale e raggiungere gli obiettivi di crescita... si rendono necessarie ulteriori risorse finanziarie fresche...».

 

roman abramovich e vladimir putin

A processo

Come ricostruito due mesi fa sul Corriere da Andrea Priante, Toporov è stato rinviato a giudizio con l’accusa di abusi edilizi relativi all’abbattimento dell’«Hotel Ampezzo», nel centro di Cortina, in quel territorio centrale per le Olimpiadi invernali del 2026 organizzate insieme a Milano. Secondo la tesi dei magistrati, i lavori (comunque autorizzati) avrebbero dovuto riguardare una ristrutturazione senza demolizione quando invece sarebbe accaduto l’esatto contrario.

 

Il 50enne Toporov, che si giura innocente, presiede la «Lajadira», società proprietaria dell’omonimo elitario albergo sempre a Cortina; nella sua carta d’identità, la «Lajadira» rimanda come controllata a un’azienda del Lussemburgo sulla quale, come da prassi, è missione ardua reperire perfino le minime informazioni. In aiuto di Toporov, cioè ai vertici della società, c’è la signora Irina, che ha residenza a Pordenone e risulta essere la 48enne moglie di Kharitonin. Tornando a Toporov, nel 2015 era andato in causa con la famiglia Benetton dopo aver voluto eliminare un filare di abeti intorno all’hotel «Lajadira». La mossa aveva innescato la furia civica di Gilberto Benetton.

Monzio Compagnoni

 

Business immobiliari

Se la geografia italiana di Viktor Kharitonin è (sarebbe) circoscritta in via esclusiva all’azienda vinicola della Franciacorta, Toporov ci porta, fra le tante, a una società vicino a piazza del Duomo e specializzata in attività immobiliari. Una società dalla scarsa fortuna: nell’ultimo bilancio depositato, c’è un buco prossimo al milione e mezzo di euro. Un periodo di passivi, per Toporov, il quale, nella lettera ai soci della «Monzio Compagnoni», aveva correlato le perdite alla scomparsa nel 2020 del 54enne Marcello Monzio Compagnoni, stimato fondatore dell’azienda.

 

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