olio di palma

OLIO DI PALMA, OLIO DI SALMA? - LA DISFIDA SENZA FINE SULL'INGREDIENTE PIÙ DISCUSSO DELL’INDUSTRIA ALIMENTARE - C’È CHI LO ACCUSA DI ESSERE DANNOSO E CHI, COME LA FERRERO, SMENTISCE E CHIAMA IN CAUSA GLI SCIENZIATI PER "SPIEGARE CHE L'ALLARME È INFONDATO" - IL PEDIATRA: "L’ACIDO PALMITICO E’ NEL LATTE MATERNO"

Sara Ricotta Voza per la Stampa

 

OLIO DI PALMAOLIO DI PALMA

L' acido palmitico? Ne è pieno il latte materno. Gli addetti ai lavori lo sanno, la maggior parte delle mamme però forse no. Eppure basterebbe questo per tranquillizzarsi almeno un po' sull' olio di palma, ingrediente oggi al centro di una battaglia sì-no, pro-contro che sta assumendo toni da tifo calcistico o referendum politico.

 

Se ne è parlato ieri a Milano al convegno «Olio di Palma: una scelta responsabile, basata sulla scienza». Organizzato dalla Ferrero che lo utilizza convintamente nella sua Nutella, ha visto intervenire medici e ricercatori per fare un po' di chiarezza su un argomento che crea allarme sociale.

Un conflitto che oggi si combatte sugli scaffali dei supermercati, con prodotti che si offrono con la promessa di essere «senza olio di palma», demonizzando di fatto quelli che ancora ce l' hanno e non hanno intenzione di sostituirlo. Come la Ferrero, appunto, che ha deciso di spiegare perché ai suoi consumatori facendo parlare alcune voci di scienza.

 

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I grassi saturi

Ad aprire il convegno è il viceministro delle Politiche Agricole Andrea Olivero, che non ha esitato a chiamare la «damnatio» dell' olio di palma «il terrorismo della disinformazione alimentare», invitando a «evitare la logica della sostituzione dei prodotti ricchi a livello nutrizionale con altri scadenti nella falsa idea che siano più sani».

 

A stupire di più la platea - dove c' era anche Roberto La Pira, direttore del Fatto Alimentare.it e uno dei più accesi sostenitori della campagna contro «l' invasione dell' olio di palma» - è stato l' intervento sul latte materno di Carlo Agostoni, Direttore di Pediatria al Policlinico di Milano: «L' acido palmitico ha una centralità peculiare nella nutrizione infantile a partire dall' allattamento al seno - spiega -. I saturi, infatti, in primo luogo il palmitico, sopperiscono a una funzione proenergetica perché nelle prime fasi di vita una significativa quota di grassi è destinata ai depositi».

 

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La battaglia sull' olio di palma infatti viene da lontano, da quella contro i grassi saturi nata negli anni 70. «In nessuno degli studi recenti, però, è stata confermata relazione causale fra consumo di acidi grassi saturi e rischio di malattie cardiovascolari - spiega Elena Fattore, ricercatrice del Dipartimento Ambiente e Salute dell' Istituto Mario Negri -. La campagna denigratoria sull' olio di palma, basata sul fatto che questo olio contiene una percentuale maggiore di acidi grassi saturi rispetto ad altri oli vegetali non ha quindi alcun riscontro nell' evidenza scientifica».

 

I pareri ufficiali

E le autorità nazionali e internazionali che cosa dicono di fronte ai nuovi studi? Si attende il parere del ministero della Salute, per ora i più recenti sono quelli dell' Istituto Superiore di Sanità Italiano (febbraio 2016) e dell' Efsa, l' Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (maggio 2016). Quello dell' Iss è stato ricordato dal Direttore Alimentazione, Nutrizione e Salute dell' Istituto, Marco Silano: «La letteratura scientifica non riporta l' esistenza di componenti specifiche dell' olio di palma capaci di determinare effetti negativi sulla salute».

 

Più problematico quello dell' Efsa, per cui «i contaminanti da processo a base di glicerolo presenti nell' olio di palma, ma anche in altri oli vegetali, nelle margarine e in alcuni prodotti alimentari trasformati, suscitano potenziali problemi di salute per il consumatore medio di tali alimenti di tutte le fasce d' età giovane e per i forti consumatori di tutte le fasce d' età». Il fattore di rischio non è quindi legato all' alimento ma ai processi di trasformazione.

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Gli ambientalisti

L' attacco frontale all' olio di palma, però, viene motivato soprattutto sul piano ambientale. «Noi ci occupiamo di ambiente - si è presentata Chiara Campione di Greenpeace - e l' espansione industriale dell' olio di palma ha fatto sì che le foreste vengano convertite in piantagioni».

 

Una conversione che ha conseguenze pesanti per l' ambiente e la popolazione che ci vive. «Le foreste indonesiane sono generalmente torbiere ricoperte dall' acqua - dice la Campione - quando inizia la conversione vengono tagliate a raso e drenate attraverso canali per far asciugare la torba; quando questa è asciutta emette quantità enormi di CO 2». Le cose peggiorano quando la torba viene incendiata provocando colonne di fumo che raggiungono Singapore. «L' Indonesia è il terzo Paese emettitore di CO 2 e ha visto incrementare le malattie cardiache e respiratorie».

 

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Ma cosa possono fare le aziende per garantire di non essere (anche inconsapevolmente) responsabili di tutto questo? Esiste la certificazione Rspo (Roundtable on sustainable palm oil), ma per Greenpeace non basta. Ecco perché nel 2013 ha promosso il Palm Oil Innovations Group (Poig) che ha come obiettivo quello di «spezzare il legame tra produzione dell' olio di palma e deforestazione, accaparramento di terre e negazione dei diritti delle comunità locali».

 

A oggi il Poig ha 16 membri, fra cui il Wwf, Rainforest Action Ntwork e grandi aziende tra cui la stessa Ferrero. «Le principali Ong considerano Ferrero una best practice, ci approvvigioniamo esclusivamente di olio di palma 100% sostenibile e abbiamo pubblicato una Carta che impegna severamente i nostri fornitori - ci tiene a sottolineare Alessandro d' Este, presidente e ad di Ferrero Commerciale Italia -. Speriamo che il nostro approccio diventi uno standard mondiale».

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