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PENA AUTOGESTITA – VENERDÌ BERGOGLIO ENTRA NEL CARCERE BOLIVIANO DI PALMASOLA, DOVE I DETENUTI SI AUTOGOVERNANO TRA CLAN E VIOLENZE – I POLIZIOTTI STANNO ALL’INGRESSO E SI LIMITANO A CONTROLLARE CHE NESSUNO SCAPPI

1.NEL CARCERE BOLIVIANO CHE ASPETTA IL PAPA

Filippo Fiorini per “la Stampa

 

CARCERE PALMASOLA BOLIVIACARCERE PALMASOLA BOLIVIA

Quando uno dei detenuti di Palmasola ti descrive quello che vede attorno a sé, sembra che si trovi in una cittadina qualsiasi della Bolivia: una strada scassata, i vapori dei ristoranti, le donne che ritirano i vestiti in lavanderia e gli schiamazzi dei bambini sopra le liti delle sale biliardo. Poi, nessuna guardia in giro. La prigione però è grande, la più grande del Paese. 
 

Autogestione
Ci sono sezioni violente e sezioni dove si ammassano i malati gravi. Davanti all’abbandono delle autorità, i reclusi ne hanno preso il controllo nel 1989, hanno fatto cose buone e altre deprecabili, ma da allora tirano avanti così. Venerdì Papa Francesco andrà a visitare quella che probabilmente è una delle peggiori carceri dell’America Latina e che sicuramente è un caso unico al mondo, per questa specie di autogestione che i delinquenti hanno messo in piedi.

 

Libero Del Gesù è nella lista dei pochi che lo incontreranno, gli ha scritto una lettera che ha firmato col suo vero nome. È lo stesso che compare nella condanna a dieci anni per un sequestro di persona che ammette di aver commesso. Per parlare liberamente, però, si protegge con uno pseudonimo «Libero», e descrive il modo in cui è riuscito a sopravvivere finora: «Pregando».

CARCERE PALMASOLA BOLIVIACARCERE PALMASOLA BOLIVIA

 

Come in uno Stato a sé

I secondini di Palmasola stanno all’ingresso e su tutto il perimetro. Chiedono una tangente a chi porta dentro prodotti e materiali, alle famiglie e le prostitute in visita, ma non mettono mai piede oltre il portone. Al di là di questa soglia, comanda Leonidas. Trentenne dal tono affabile, Leonidas è stato eletto «reggente» dagli altri detenuti. Ha fatto una campagna elettorale e per due anni risponderà ai reclami dei residenti, incasserà le tasse, manderà i suoi uomini a sedare le risse e, alla presenza di una sorta di notaio, timbrerà i contratti d’affitto e compravendita.
 

Duecentocinquanta dollari per noleggiare una cella, tra i 3 e i 7 mila per comprarla. Un dollaro per passare da una sezione all’altra, 15 per un giretto nel settore femminile, 500 per evitare di essere assegnati alla sezione «Pc4», quella delle pugnalate in bagno e i grilletti facili. 

CARCERE PALMASOLA BOLIVIACARCERE PALMASOLA BOLIVIA


Libero è entrato nel 2006. Aveva 40 anni e ha passato i primi due in isolamento, senza chiedere un regime più blando. Da avvocato ed ex politico immischiatosi con la mala, è convinto che non ce l’avrebbe fatta se avesse esordito in mezzo alle gang.


«Ho imparato a cucinare e ho aperto un take-away con roba tipica boliviana. Il piatto forte è il pollo in umido, costa solo un euro». Il 23 agosto del 2013 ha sentito una serie di esplosioni e, per la prima volta da quando era dentro, ha visto la polizia nei vicoli di Palmasola. La banda del «Pc3-A» aveva sfondato la rete che la divide da quella del «Pc3-B», decisa a prendere il controllo del carcere attraverso certi lanciafiamme artigianali, fatti con le bombole di propano e gli accendini. «La cosa più dura è stata vedere i cadaveri», ricorda Libero. Sono morte 31 persone, la maggior parte carbonizzate. 

 

Gli unici ammessi

CARCERE PALMASOLA BOLIVIACARCERE PALMASOLA BOLIVIA

Dire che i detenuti di Palmasola stanno per conto loro, però, non è del tutto esatto. La Pastorale Penitenziaria e i missionari spagnoli di «Hombres Nuevos» hanno creato dei corsi di artigianato e curano i malati dell’infermeria, dove finiscono quelli con le patologie gravi. Richard Calvo, 74 anni spesi in giro per il mondo, spiega che i carcerati lo chiamano «Sezione Broncopolmonare, con la stessa ironia con cui all’entrata del penitenziario c’è scritto Centro di Riabilitazione».
 

Tra le 3200 persone che vivono a Palmasola, mille e quattrocento sono state ufficialmente private della libertà, gli altri sono parenti incensurati. 


Nel gruppo dei primi, ci sono anche due italiani. Alessandro Cenise è entrato a fine maggio con l’accusa di aver chiuso un pranzo domenicale prendendo a colpi di machete i cognati boliviani.

sean penn fra le macerie di haitisean penn fra le macerie di haiti

 

Enea Cardini, invece, è messo peggio. Dopo un primo periodo di reclusione, è uscito con l’indulto che il presidente Evo Morales ha firmato nel 2012. Nell’interrogatorio del 21 aprile, Cardini ha detto che quattro giorni prima aveva partecipato all’omicidio di un cinese in cambio di 10 mila dollari inviatigli da Palmasola. Adesso che ci è tornato, ha ritrattato, accusando la polizia di averlo obbligato a incolparsi.


«Il Papa dovrebbe venire ogni anno perché cambi davvero qualcosa», ragiona Libero, «senza politiche di reinserimento, si moltiplicano i recidivi come Enea». Se tutto va bene, però, lui sarà fuori l’anno prossimo. Costi quel che costi, giura che non tradirà mai più il suo pseudonimo.

 

 

2. QUANDO SEAN PENN AIUTÒ L’AMERICANO OSTREICHER A FUGGIRE

Da “la Stampa

 

Sebbene Papa Francesco diventerà presto la personalità più illustre ad aver mai messo piede nel carcere boliviano di Palmasola, questa prigione controllata dai suoi detenuti può già vantare la visita di un’altra celebrità. Nel 2012 l’attore americano Sean Penn arrivò nel Paese in veste di attivista dei diritti umani, per sincerarsi delle condizioni di un connazionale finito dentro con deboli accuse di riciclaggio e che di lì a poco sarebbe misteriosamente evaso.

sean pennsean penn


Jacob Ostreicher è un imprenditore ebreo nato a Brooklyn, il cui peggior affare è stato quello di investire in una piantagione di riso boliviana. Poco dopo l’inizio dell’attività, Ostreicher cominciò a sospettare che la sua socia in loco lo stesse derubando e, quando andò a controllare di persona, fu imputato di riciclaggio e mandato a Palmasola senza processo.


Dopo 18 mesi di carcere, l’incontro con Sean Penn segnò una svolta. L’attore fece leva sull’amico e presidente Evo Morales, ottenendo gli arresti domiciliari per Jacob. Poche settimane dopo, però, questi eluse la custodia e tornò in America. All’aeroporto, trovò Penn ad aspettarlo, che lo accolse anche nella sua villa, perché potesse elaborare un trauma che non ha ancora del tutto superato.

sean pennsean penn

 

In un episodio poco chiaro, i boliviani sostengono che Ostreicher sia scappato in Perù attraverso il lago Titikaka e di qui sia tornato a casa. Tra le ipotesi in gioco, ce n’è una che nessuna delle parti può accettare senza ammettere anche di aver infranto la legge, e cioè che qualcuno abbia pagato la polizia per chiudere un occhio. In quanto a Sean Penn, quando gli chiesero perché avesse preso a cuore la vicenda di Ostreicher, rispose: «Che dire, mi è simpatico». [f. fio.]

 

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