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PER COMPATTARE LA MAGGIORANZA, FRANTUMATA SULLA POLITICA INTERNAZIONALE E SULLE ARMI, GIORGIA MELONI TORNA A PRENDERSELA CON I MAGISTRATI DOPO IL RISARCIMENTO DISPOSTO PER I MIGRANTI DELLA DICIOTTI (LA NAVE DI UN CORPO MILITARE DELLO STATO CHE HA L'OBBLIGO DI SALVARE MIGRANTI, MICA UN VASCELLO GESTITO DA SCAFISTI) - DAI PORTI CHIUSI AL MODELLO ALBANIA, LA STRATEGIA “CATTIVISTA” DEL GOVERNO NON FUNZIONA PERCHÉ È SEGNATA DA UNA GESTIONE EMERGENZIALE DEL FENOMENO MIGRATORIO E DAL...

Alessandro De Angelis per la Stampa - Estratti

 

antonio tajani matteo salvini giorgia meloni

Vabbè, arriva sempre un momento della partita in cui qualcuno butta la palla in tribuna, soluzione facile che consente di riprendere fiato. Fuor di metafora calcistica: in una delle settimane più complicate di sempre per il governo, per la portata delle scelte da compiere su armi e sicurezza, ecco, puntuale, il calcione alle toghe sul risarcimento disposto per quei poveri Cristi praticamente sequestrati sulla Diciotti.

 

Calcione che significa tante cose: convinzione di un potere che si considera, in virtù della sua unzione popolare, libero da vincoli; diversivo rispetto all'agenda internazionale; terreno facile per un po' di propaganda su un bersaglio facile e non più popolare come una volta.

salvini diciotti 5

In fondo, è anche un modo per ritrovare gratis un po' di coesione nel governo su un tema che non comporta un prezzo da pagare: su Macron e sulle armi è una ridda di distinguo, sui giudici tutti d'accordo.

 

Fin qui c'è la scelta soggettiva del racconto anche un po' grossier sui magistrati che fanno sprecare soldi con le sentenze e i migranti che «entrano illegalmente».

 

Questa è proprio grossa, perché la Diciotti è la nave di un corpo militare dello Stato con l'obbligo di salvare migranti, mica un vascello gestito da scafisti. Ma, si sa, la propaganda è semplificazione non sempre veritiera.

 

Poi però c'è la questione oggettiva, che è il vero tema rimosso: la praticabilità delle politiche messe in campo.

Ed è sempre lo stesso film, dalla Diciotti all'Albania. E cioè: l'approccio non funziona, e alla fine si finisce col prendersela coi giudici.

matteo salvini giorgia meloni antonio tajani atreju 1

Con la Cassazione nel primo caso, con le corti d'Appello nel secondo. E non funziona perché è sempre segnato da una gestione emergenziale del fenomeno migratorio e dal tentativo di forzare le regole.

 

Quando Salvini arriva al Viminale, l'emergenza sbarchi non c'è. L'aveva risolta, quando c'era davvero, il governo di Paolo Gentiloni con Marco Minniti al Viminale, mettendo in campo un modello strutturale di governo del fenomeno: 120 mila arrivi in meno in un anno senza chiudere un solo porto; corridoi umanitari (anche in collaborazione con la Cei); 27 mila i rimpatri volontari assistiti; il ritorno dell'Onu in Libia; stipula della pace di Roma tra le tribù del deserto in lotta tra loro; l'accordo con i sindaci dei comuni più coinvolti nel traffico di esseri umani con l'idea: noi vi aiutiamo a costruire città migliori, voi rompete coi trafficanti.

MAGISTRATI

Il populismo però, per fatturare facili consensi ha bisogno di tener viva la paura, non di sconfiggerla. E di un racconto in cui conta la rappresentazione emotiva più che il merito: «l'invasione», il «fallimento di quelli di prima», il «facciamo la storia».

Per questo Salvini, approdato al Viminale, smantella quel modello coi decreti sicurezza, e si inventa l'emergenza, pur non essendo giustificata dai numeri: porti chiusi, battaglia navale, forzature ai limiti del diritto. Alla fine, i migranti sbarcavano comunque, diventando poi invisibili in giro per il Paese.

Ma vuoi mettere la grancassa della «pacchia finita».

matteo salvini giorgia meloni. antonio tajani 2

La Diciotti è un caso di scuola: una nave della Guardia Costiera utilizzata per una trattativa politica con l'Unione europea come se quei migranti fossero ostaggi. Si disse pure, nell'euforia propagandistica, che c'era anche il rischio di terroristi a bordo, in un cortocircuito logico, perché se erano tali bisognava identificarli subito mentre prima si volevano dare all'Europa e poi furono mandati a Rocca di Papa. E menomale che non erano terroristi perché lì si persero le tracce.

Stessa logica l'Albania.

L'emergenza non c'è, perché gli sbarchi sono diminuiti grazie anche al controverso accordo con la Tunisia. Invece di proseguire sulla via dell'Africa, riecco la logica emergenziale del Paese terzo e la medesima ossessione della ricerca di un modello originale. Obiettivo: preservare il racconto cattivista.

Anche se quel modello non funziona né in termini di deterrenza né, come prevedibile, in termini giuridici. E quindi: sempre e comunque colpa dei giudici.

 

matteo salvini giorgia meloni. antonio tajani SALVINI DICIOTTI (1)VIGNETTA DI ELLEKAPPA - GIORGIA MELONI E I MAGISTRATItoghesalvini

 

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