concita de gregorio massimo fini fedez maurizio caverzan

PERCHÉ BISOGNA FARE LA MORALE A CHI VUOLE PARLARE DELLE PROPRIE MALATTIE? – MAURIZIO CAVERZAN SU “LA VERITÀ” REGISTRA LA MANCANZA DI PUDORE NELLO SCODELLARE IN PUBBLICO I PROBLEMI DI SALUTE DEI VIP (IL TUMORE DI CONCITA DE GREGORIO, IL GLAUCOMA DI MASSIMO FINI E IL CANCRO DI FEDEZ TRA GLI ALTRI): “NELLA SOCIETÀ DELLA COMUNICAZIONE DOVE, A DISPETTO DEL GRAN PARLARE DI PRIVACY, IL PRIVATO È SEMPRE PIÙ PUBBLICO, ANCHE LO STATO DI SALUTE È TEMA DELL’AGORÀ”. VERO, MA SE QUESTO AIUTA CHI DEVE COMBATTERE UNA MALATTIA (E MAGARI CHI NE SOFFRE IN SILENZIO) PERCHÈ NON PUÒ FARLO? 

Estratto dell’articolo di Maurizio Caverzan per “La Verità”

 

MASSIMO FINI

Una parola come un colpo di fucile. S’intitola Cieco l’ultimo libro di Massimo Fini, pubblicato da Marsilio. È una di quelle parole che si appiccicano addosso e t’inseguono anche dopo che hai divorato in un’ora le ottanta pagine della storia.

 

MASSIMO FINI

Perché continui a chiederti come avresti reagito se ti fosse capitato quello che è capitato all’autore. Fini è scrittore e giornalista prolifico, irregolare, anticonformista e anarcoide non per posa. Uno che ha accettato senza vittimismi le conseguenze del disallineamento rispetto al pensiero unico che pervade il sistema della comunicazione.

 

concita de gregorio a belve 1

La sua casa è stipata di libri, saggi soprattutto, discreti compagni. E viene da chiedersi come ora conviva con quei fantasmi e come possa essere la vita di un autore che deve documentarsi prima di scrivere e mandare un pezzo al giornale con cui collabora, Il Fatto quotidiano, l’unico rimasto, avendo smesso con Il Gazzettino perché in quella condizione due testate sono troppe.

 

concita de gregorio a belve 3

Avrebbe potuto anche intitolarsi Buio questo breve memoir, perché quella è la situazione che si prospetta con l’espandersi del glaucoma, la patologia dovuta all’aumento della pressione oculare che provoca, lenta ma inesorabile, la riduzione del campo visivo (ci sono terapie che, fino a qualche anno fa, riuscivano solo a rallentarne il processo). Ma un titolo così avrebbe avuto un carattere meno pragmatico, più esistenziale e cupo che Fini, indomito fin quasi allo stoicismo, non ha voluto dare al suo racconto.

 

fedez col nuovo look

Di fronte al male, alla malattia, all’insorgere di un limite, alla scoperta di non essere invulnerabili, ci riveliamo per quello che siamo. Di quale pasta siamo fatti. E condividere, to share, è il verbo di questi anni. Nella società della comunicazione dove, a dispetto del gran parlare di privacy, il privato è sempre più pubblico, anche lo stato di salute è tema dell’agorà. Un tempo attorno a questi argomenti c’erano più pudore e discrezione.

 

Oggi no. Ecco allora il libro snello e dissimulante di Fini, la rivelazione del tumore di Concita De Gregorio davanti alle telecamere di Belve su Rai 2, i post su Instagram con foto della cicatrice dopo l’intervento allo stomaco di Fedez. Tre modi diversi d’impattare il destino. La tempra con cui lo si accetta, ci si confronta, si ingaggia la lotta. E, in rapporto alle diverse generazioni, anche tre media diversi con cui svelarlo: la parola scritta, la televisione, i social.

fedez riappare su instagram e racconta i problemi di salute mentale 2

 

[…] E l’ironia con cui nuotare al largo dai vittimismi, sempre in agguato. In fondo, lo stesso rifiuto ha consigliato a De Gregorio di rivelare la sua patologia solo ora davanti alle domande di Francesca Fagnani che le chiedeva se avesse cambiato acconciatura per copiare il taglio di Giorgia Meloni, come aveva scritto un giornale.

 

«Porto una parrucca, dopo che mi sono operata per un cancro… Ne parlo al passato perché ho tolto tutto quello che dovevo togliere, ma non si può mai parlare al passato in questi casi, anche se siamo sulla buona strada... La ragione per cui ne parlo solo con poche persone amiche, e questa è la prima volta che lo facciamo, è che quando ne parli in pubblico poi tutti tornano da te con aria un po’ contrita e dolente chiedendoti come stai...

 

Ma quello è un pezzo della vita, non è tutta la vita». Il momento più difficile è stato dirlo al figlio più giovane che vive in Australia. «Volevo farlo di persona», ha continuato De Gregorio che è madre, giornalista e in tour a teatro. «Ma in quel tempo facevo una terapia molto fitta. Ho convinto i medici che mi avrebbe fatto meglio vedere mio figlio che fare la terapia senza vederlo». Un pizzico di stoicismo...

 

MAURIZIO CAVERZAN

Se invece si vive sui social, se la comunicazione è l’habitat totale e totalizzante, bisogna dire tutto in tempo reale. Fare i video post operazione, mostrare la cicatrice appena suturata, spiegare perché a un certo punto si è cominciato improvvisamente a balbettare. È quello che ha fatto, forse ha dovuto fare, Fedez per dissolvere preoccupazioni e placare i followers inquieti. Sono i social, bellezza, e tu non ci puoi fare niente. Tutto è sotto i riflettori. Tutto è mostrato ed esibito. […]

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