la rivoluzione notturna del foro romano

PERDERSI A ROMA - SCARAFFIA: ''DISTRICANDOMI DAGLI ESOTICI VENDITORI AMBULANTI DI INESPLICABILI OGGETTI VOLANTI, AMMIRO NEI NEGOZI PER ECCLESIASTICI MAGNIFICHE CALZE DA UOMO IN TUTTE LE SFUMATURE DEL VERMIGLIO, DELL’AMARANTO, DEL PORPORA, DEL VIOLA; QUINDI LANCIO UNO SGUARDO ALLA CASA DELLA MIA EX MOGLIE, CHE TALVOLTA INCROCIO IN BICI DA QUELLE PARTI, E LA CUI VISTA MI RAMMENTA CIÒ CHE SONO STATO...”

giuseppe scaraffiagiuseppe scaraffia

Giuseppe Scaraffia per Il Messaggero

 

Quando sono approdato da Milano in via della Vite, il piccolo, ascetico appartamento in cui abitavo, e che tuttora è il mio studio, conservava una memoria letteraria. Era stato la “casa corridoio” di Antonio Delfini, scrittore a lungo misconosciuto.

 

I pochi rinnovamenti che avevo fatto, ridipingendola di un semplice bianco e inserendo pochi mobili, semplici citazioni, non hanno mai eliminato la traccia di quella vita di intellettuale cui si accedeva da scale anguste dagli antichi, scomodi gradini. In quella sonnolenta via pur così vicina a piazza di Spagna ho fatto in tempo a vedere, prima che scomparisse, una bottega non ricordo bene se di carbone o di legna da ardere. E a frequentare la mitica libreria Sforzini, non ancora spodestata dagli effimeri consumi dei turisti.

 

TRIDENTE DI ROMA CENTRO STORICOTRIDENTE DI ROMA CENTRO STORICO

Una volta era entrato un personaggio dall’aria furtiva, il berretto calato, per non farsi riconoscere, sugli occhi azzurri. Aveva chiesto come andava il nuovo romanzo dell’autore tal dei tali. Si trattava ovviamente di lui, all’epoca giovane ma già abbastanza noto. «Va via come il pane», aveva risposto prontamente il libraio con uno smagliante sorriso. Per poi sussurrarmi, non appena era scivolato via senza degnare di uno sguardo gli altri libri: «Non se ne vende una copia».

 

Panni stesi sulle ringhiere dell area archeologica di Largo Argentina  Panni stesi sulle ringhiere dell area archeologica di Largo Argentina

Come via della Vite, nonostante la sua strategica collocazione, non si mai riuscita a diventare una strada elegante, è un vero mistero. La curiosa rapidità del ricambio dei negozi fa evocare ai dietrologi il fantasma del riciclaggio. Io preferisco pensare che le vie, come le persone, abbiano un loro carattere. Via della Vite è sempre stata una strada timida, complessata dalle compagne più ricche, segnata dalla prosaica vicinanza all’Ufficio Postale Centrale di piazza San Silvestro che dava un che di utilitario alla sua esistenza, in contrasto con la sgargiante gratuità delle strade attigue. Forse anche per questo ho scelto di abitarvi, in definitiva mi somiglia.

 

In quegli anni, appena arrivato dall’ordinata Milano, i vicoli del centro mi procuravano uno smarrimento continuo. Non riuscivo a orientarmi. Forse proprio la loro bellezza produceva il mio stato confusionale. Ma la macchina umana si adatta a tutto. Adesso il dedalo del centro storico è l’unica parte di Roma che possa dire di conoscere davvero bene, mentre mi perdo regolarmente negli altri quartieri.

GATTI DI LARGO ARGENTINAGATTI DI LARGO ARGENTINA

 

Ogni giorno percorro la distanza che separa via della Vite, dove si trova parte della mia biblioteca, dal Ghetto, dov’è la casa in cui vivo con la mia compagna. Un altro universo, ancora più tradizionale, ora purtroppo messo alla prova alla brutale, antiestetica Ragion Turistica. Superata la Posta, entrato nella Galleria Alberto Sordi, mi imbatto spesso, in piazza del Parlamento, in gruppi di manifestanti che protestano sotto il sempre più distratto sguardo dei passanti e della polizia.

degrado romadegrado roma

 

Proseguendo verso il miraggio della cupola del Pantheon, dopo avere vissuto brevi ma intense passioni per qualche attraente sconosciuta che per un istante mi è parsa incarnare ogni bellezza, resisto alla tentazione di un gelato meringato o più saggiamente sorseggio un profumato caffè, contemplando il meraviglioso campanile romanico dell’antichissima basilica minore di Sant’Eustachio.

 

roma oggiroma oggi

Costeggiato l’elefantino di Piazza della Minerva, ripenso al soggiorno romano di Stendhal in uno degli alberghi lì accanto, e a quando scrisse che è pur vero che «ci si annoia talvolta a Roma il secondo mese di soggiorno, ma giammai il sesto, e, se si resta sino al dodicesimo, si è afferrati dall’idea di stabilirvisi». Districandomi dagli esotici venditori ambulanti di inesplicabili oggetti volanti, ammiro nei negozi per ecclesiastici magnifiche calze da uomo in tutte le sfumature del vermiglio, dell’amaranto, del porpora, del viola; quindi lancio uno sguardo alla casa della mia ex moglie, che talvolta incrocio in bici da quelle parti, e la cui vista mi rammenta ciò che sono stato.

 

 roma a fine 800 roma a fine 800

Attraverso Largo Argentina, dove fu accoltellato Cesare; un luogo dove ancora oggi si può anche rischiare la vita. Quanto alla celebre colonia felina, si può dire sia ormai quasi sparita, dopo che una vecchia americana ha lasciato ai gatti una grossa eredità. Che siano migrati ai Caraibi? Proseguo in direzione di piazza Mattei, dove contemplo diligentemente le tartarughe dell’ormai arcinota fontana: si dice sia stata costruita dal duca omonimo, che voleva impressionare il futuro suocero.

 

Le ammiro, ma sono impaziente di frugare nel bancone di libri e vecchie riviste fuori dal negozio di via della Reginella, dove si trova la migliore libreria antiquaria d’Italia che, oltre a libri e riviste, vende disegni d’artista e foto da collezione. Lì ho comprato una grande foto dell’ultimo Ezra Pound, bianco e barbuto, ormai ostaggio del silenzio in cui si era rifugiato.

 

 foro romano di  fine 800 foro romano di fine 800

Vorrei potermi rifugiare anch’io nel silenzio della casa umbertina di fronte alla Sinagoga, nello stesso edificio in cui visse Elio Toaff, vanificato da lavori di rifacimento faraonici, che né l’egizio Mosè né il casto Giuseppe mai approverebbero. E sogno, ovviamente ad occhi aperti, o invero sbarrati, la Roma immota dei tempi di Stendhal.

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