
CHE FINE POTREBBE FARE "L’INESTIMABILE" REFURTIVA RUBATA AL LOUVRE? - SE NON VERRANNO TROVATI DALLA POLIZIA, È POSSIBILE CHE I DIAMANTI DI NAPOLEONE FINISCANO NEL SALOTTO DI QUALCHE MILIARDARIO IN CINA, RUSSIA O STATI UNITI - PRIMA DI VENDERE IL BOTTINO, LA BANDA ASPETTERA' QUALCHE SETTIMANA MA È POSSIBILE CHE RICEVERA' "SOLO" POCHE CENTINAIA DI MIGLIAIA DI EURO: NULLA IN CONFRONTO AL REALE VALORE DELLA MERCE, CHE SARA' VENDUTA DA INTERMEDIARI ESPERTI...
"LA REFURTIVA PUÒ INTERESSARE A CLIENTI DI USA, RUSSIA O CINA"
Estratto dell’articolo di Alessandra Ziniti per “la Repubblica”
Un basista, certamente. Un gruppo di criminali locali che hanno fiutato un'occasione ghiotta. Un primo rapido passaggio di mano per un valore enormemente più basso di quello reale degli oggetti sottratti e diverse altre cessioni per canali già rodati, che velocemente porteranno all'estero la preziosa refurtiva il cui valore sul mercato andrà via via crescendo in mano a mercanti d'arte in grado di piazzarla negli Stati Uniti, in Russia o in Cina dove di clienti disposti a pagare svariati milioni di euro per un singolo pezzo che nessun altro collezionista ha ce ne sono e parecchi.
Sicuramente il colpo al Louvre non è su commissione, ragiona con Repubblica un investigatore specializzato nella caccia ai tesori dell'arte rubata. «I furti su commissione — spiega — tutt'al più avvengono da collezionista a collezionista, assai improbabile che qualcuno chieda di rubare delle opere che stanno in un museo come il Louvre».
Ma che tipo di mercato possono avere i gioielli di Napoleone? Quanto può essere fattibile piazzare oggetti così a cui gli investigatori di mezzo mondo daranno la caccia? «Per quanto strano possa sembrare — ci dice l'investigatore — il furto potrebbe essere opera di una banda che conosce bene i luoghi, che ha potuto contare su una talpa interna e che quasi certamente non sarà la stessa che proverà a piazzare i gioielli sul mercato.
Di più: l'esperienza in questo campo ci dice che è probabile che per un paio di giorni staranno fermi, ma poi — per non correre troppi rischi — avranno fretta di disfarsi della refurtiva. E non deve stupire che questa avvenga per un compenso di qualche centinaia di migliaia di euro, irrisorio rispetto al valore reale. Ma alla fine fare un furto in un museo, anche se è il Louvre, è assai meno rischioso che rapinare una banca o assaltare un portavalori». […]
PER I CARABINIERI TRA IL FURTO E LO SMERCIO DEVONO PASSARE SETTIMANE, IL “PERIODO DI IMMERSIONE”
Estratto dell’articolo di Irene Famà per "la Stampa"
[…] Parte complessa di un colpo di questo tipo, racconta chi cerca di acciuffare i ladri di quadri e gioielli rinomati, è smaltire la merce. Alcuni furti, pianificati nei minimi dettagli, dallo studio delle piantine dello stabile che si vuole assaltare e dei sistemi d'allarme e delle vie di fuga, sono su commissione. E generalmente, così raccontano le inchieste, hanno un complice all'interno.
Un alleato che al momento giusto disattiva gli impianti di sicurezza o si dimentica di chiudere un ingresso o fornisce quel codice della cassaforte considerata inespugnabile. Ci sono poi le bande di ladri specializzati. «Colpi del genere non si improvvisano», spiegano gli investigatori. Le bande rubano e poi vendono.
Il tempo è un fattore importante. Tra il furto e lo smercio devono passare alcune settimane, il cosiddetto "periodo di immersione". Nei giorni successivi al colpo, infatti, l'attenzione delle forze dell'ordine è massima. Poi si pensa a vendere.
Piazza tradizionale è quella del mercato nero, dove si incrociano gli interessi di criminali e di collezionisti internazionali senza scrupoli. La parola d'ordine è l'anonimato. Per chi vende, ça va sans dire, e per chi acquista. Nessuno chiede l'origine delle opere d'arte o dei gioielli o delle statue o dei monili. I certificati di autenticità? Si può soprassedere. C'è poi il deep web, diventato una sorta di isola di Tortuga per le attività criminali. [...]
E se la merce rubata non viene venduta nei primi mesi? Magari è qualcosa che «scotta troppo», per dirla in gergo criminale, o è qualcosa che ha poca domanda. In questi casi si può aspettare anche dieci o quindici anni per poi provare a smerciare i quadri, i gioielli, gli arazzi sui siti online e le case d'asta, presentandole come copie d'autore. E c'è chi porta qualcosa anche ai mercatini.
Gli investigatori del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nato il 3 maggio 1969, un anno prima della convenzione Unesco di Parigi, monitorano il web 24 ore su 24, in continuo contatto con la banca dati Leonardo che ha in elenco oltre un milione trecentomila reperti in fase di ricerca. E gli scambi di informazioni sono sempre attivi anche con la banca dati Interpol.
La criminalità organizzata va controcorrente e all'arte preferisce stupefacenti e appalti. Quando i quadri diventano interessanti per i clan? C'è un episodio significativo più di altri. Un'opera di Banksy, artista britannico tra i maggiori esponenti della street art, venduta nel nord Italia per pagare un debito di droga. Insomma: l'arte, per le cosche, è strumento di riciclaggio. […]
la rapina al louvre 2
furto al louvre 3
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